God of War, il fantasma della Grecia – Parte Extra

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a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Lo scorso 20 aprile usciva su PlayStation 4 God of War, quinto capitolo ufficiale delle avventure del Fantasma di Sparta. Un’opera di eccellenza assoluta (recensita qui), sul sottile filo che separa il seguito diretto dal riavvio del marchio, tanto che i suoi stessi creatori l’hanno definito un soft reboot. Un’avventura padre-figlio immersa in un contesto completamente nuovo, la mitologia norrena. Prima di lui c’era stato il pantheon degli dèi greci, destinato a una rovinosa caduta dagli esordi su PS2 fino al crepuscolo sulla PlayStation 3, passando per gli spin-off su portatili e cellulari.
In questa puntata speciale del Fantasma della Grecia vogliamo ripercorrere il nuovo viaggio di Kratos e Atreus, riflettendo sui cambiamenti della trama e sul messaggio che i Santa Monica hanno voluto veicolare, oltre che ovviamente provare a immaginare le prospettive narrative future per il Dio della Guerra. Vi avvisiamo fin da ora che questo articolo conterrà spoiler pesantissimi sulla trama del gioco. Pertanto, se non avete ancora completato la trama principale non leggete oltre: la vicenda va vissuta con l’intensità che merita.
I fantasmi non trovano mai pace
Non ci è dato sapere quanto tempo è passato da quando Kratos ha distrutto l’Olimpo. Dopo aver dato speranza all’Umanità, si è ritirato a Midgard scegliendo la via dell’umano, cacciatore e boscaiolo. In questa terra si è letteralmente rifatto una vita: ha conosciuto una donna di nome Faye e da questa ha avuto il suo secondo figlio, il maschio Atreus. La storia di God of War comincia con la morte di Faye per un motivo sconosciuto. I due dopo averla cremata devono elaborare il lutto compiendo la sua ultima volontà: spargerne le ceneri sulla cima più alta dei Nove Regni. Atreus è ignaro dei trascorsi dell’unico genitore rimastogli, e di contro Kratos fino a quel momento non è stato un padre modello: il figlio si lascerà sfuggire che “non c’era mai”.
I loro animi già sconvolti dal lutto vengono disturbati da uno sconosciuto presentatosi subito dopo le esequie di Faye. L’uomo, a torso nudo nonostante la neve, rinfaccia a Kratos di “conoscere la sua natura”, e che gli dèi nordici non vedono di buon occhio la sua presenza a Midgard. Kratos lo invita seccamente ad andarsene ma lo sconosciuto cerca la colluttazione, al termine della quale sembra morire. Per quanto la minaccia immediata sia passata, Kratos capisce che la sua casa non è più sicura e deve quindi anticipare la partenza con Atreus. Il padre e il figlio dovranno quindi cercare di recuperare un rapporto ormai spezzato, scontrandosi con i rispettivi limiti. Kratos è un padre chiuso e severo (tanto da chiamarlo sempre “ragazzo”), Atreus un preadolescente che deve fare i conti con il lutto e le durezze della vita. Entrambi finiranno col cambiare radicalmente: se per Atreus lo spargere le ceneri della madre è un viaggio di iniziazione alla vita, per Kratos è un nuovo cammino di redenzione. Dovrà fare i conti con un passato che non vuole saperne di lasciarlo in pace, e con il difficile compito di non far ricadere le sue colpe su suo figlio.
Fino a che punto si è prigionieri della propria natura?
Nel loro viaggio Kratos e Atreus incontrano altri viandanti, che saranno i loro comprimari: i fratelli Brok e Sindri, due nani esperti fabbri, Mimir il sapiente (che li accompagnerà) e una misteriosa strega, che si rivelerà essere la dea Freya. È proprio attraverso di lei che Kratos e Atreus riescono a dare un nome allo sconosciuto: egli è Baldur, il figlio che Freya ha avuto da Odino. La madre, avendone sognato la morte, aveva utilizzato le proprie conoscenze arcane per fare in modo che niente e nessuno avrebbe mai potuto arrecargli danno. Effetto collaterale dell’incanto era stato di privare Baldur di qualunque sensazione. A fronte del rifiuto di Freya di liberarlo dall’incantesimo Baldur era presto impazzito, finendo col darle la caccia. Aveva finito col coinvolgere come complici Magni e Modi, i due figli di Thor. Essendo poi venuto al corrente del passato di Kratos come distruttore dell’Olimpo, era andato a cercarlo per farsi liberare dal tormento.
Se la vicenda di Baldur verrà pienamente esplicitata solo nel finale, la trama di God of War ha come cardine un altro elemento: il pesantissimo “non detto” tra Kratos e Atreus. Il Fantasma di Sparta è infatti un dio che ha scelto di vivere come un essere umano. Ormai è lontano dal dolore e dall’egoismo che l’avevano portato alla mattanza olimpica, ma continua a convivere con la rabbia. Questa non è che la sua maledizione, un’emozione subdola e spietata che l’ha già portato a follia ed efferatezze. Il più grande terrore (inconfessato) di Kratos è proprio l’aver trasmesso questa “ira” anche al figlio. Un timore dolorosamente fondato: durante lo scontro tra Magni e Modi Atreus perde il controllo finendo preda di una forte febbre. Kratos è costretto a tornare a casa per riesumare il proprio passato. Simbolo di questo sono le sue Lame del Caos, simbolo del suo patto di sangue con Ares. Metaforicamente, con quelle spade Kratos ridiventa un “mostro”, ma il farlo per il bene della prole dimostra quanto sia cambiato. Parimenti sarà obbligato a rispondere almeno in parte ai dubbi del figlio, raccontandogli della sua natura divina. Una rivelazione che porterà Atreus alla strafottenza, che Kratos fermerà recuperando in parte la sua severità. Il Fantasma di Sparta continuerà però a glissare sul suo passato, imponendo il silenzio anche al saggio Mimir.
Oltre la vendetta
Nell’ultima parte del loro viaggio verso la vetta più alta dei Nove Regni (che si scoprirà essere a Jotunheim, il regno dei Giganti) Kratos e Atreus vengono a conoscenza di un altro dio norreno, ormai quasi dimenticato: Týr, depositario di grandi conoscenze e patrono di guerra e giustizia. Non un dio della guerra sanguinario e capriccioso, ma un essere lungimirante e fondamentalmente benevolo, capace di viaggiare tra i Regni e che aveva nascosto Jotunheim agli occhi di Odino perché sapeva che il re di Asgard lo voleva invadere. È nello scoprire i segreti di Týr che avviene il definitivo riavvicinamento tra Kratos e Atreus. Per la prima volta il Fantasma di Sparta tratta il figlio come un suo pari, condividendo con lui del vino proveniente dall’isola greca di Lemno. Un gesto che è simbolicamente passaggio di consegne: il ragazzo ormai è pronto.
Ma come molte altre volte, è nel finale che i nodi vengono al pettine: quando Jotunheim è a portata di mano arriva Baldur. Kratos cerca di distoglierlo dalla vendetta contro la madre Freya, dicendogli che quello è un percorso che lo porterà solo all’autodistruzione, ma Baldur rifiuta di ascoltarlo e parte all’attacco. Nella colluttazione che segue il dio pare ancora inferibile. A risolvere la situazione, in una maniera incredibilmente mitologica, è Atreus: frappostosi tra il padre e Baldur, viene colpito da quest’ultimo, che nell’azione però tocca il vischio che sorreggeva la faretra del ragazzo. Tale pianta è l’unica cosa che avrebbe potuto ferire Baldur, che ora vulnerabile ingaggia una lotta feroce contro Kratos che lo sconfigge. Quando Baldur è a terra Kratos di nuovo sceglie di non uccidere, imponendogli piuttosto di non dare più la caccia a loro due e lasciare in pace Freya. Quest’ultima però, pur di far sopravvivere suo figlio, è pronta a offrire la propria vita. Quando Baldur sta per prendersela e vendicarsi, Kratos è di nuovo costretto a intervenire uccidendolo, scatenando l’ira di Freya. Lo spartano si fa scivolare addosso le maledizioni di lei: ha una cosa più importante da fare. Confessa il suo passato ad Atreus, impartendogli l’ultimo insegnamento del viaggio. Appena il figlio si chiede se “essere déi” conduca sempre alla tragedia e alla vendetta verso i familiari, egli gli dice “Tu non diventerai come me. Dobbiamo essere migliori”, sintetizzando quello che, di fondo, è uno degli obiettivi dell’essere genitore: fare in modo che i figli siano migliori di te.
Infine l’epilogo: Kratos e suo figlio raggiungono Jotunheim e spargono le ceneri di Faye. Nel luogo ormai desolato scoprono però una verità. Faye, oltre a essere una gigantessa, aveva già previsto tutto il loro viaggio e anche parte del futuro. Atreus quindi è in parte dio e in parte gigante, e la madre aveva per lui un altro nome: Loki.
Oltre il Nord e lo stesso finale
La natura di Atreus e il suo secondo nome sono le ultime grandi rivelazioni dell’avventura. La sua trama tuttavia lascia presagire che un sequel ci sarà, a partire dal finale (semi-segreto) in cui lo stesso Thor viene a cercare rivalsa contro il Fantasma di Sparta. Le notizie sono come sempre scarse e frammentate, ma le radici per una speculazione credibile vanno cercate ancora una volta nella mitologia d’origine.
Partiamo dalla rivelazione di Atreus come Loki: l’attribuzione di tale nome ha senso anche filologico, dato che anche la mitologia accredita Loki come lo scopritore del punto debole di Baldur e suo uccisore indiretto. Ma nonostante questo, Atreus manca ancora della componente subdola e ingannatrice con cui Loki è noto al grande pubblico. A riguardo il gioco presenta solo un rimando, nei bassorilievi di Jotunheim: l’ultimo di questi, parzialmente coperto, mostra Atreus (o meglio, Loki) che sorregge un Kratos riverso a terra. L’illustrazione è ambigua, in quanto i due sono circondati da uno strano disegno serpentino. È un accenno piuttosto inquietante, in quanto lascerebbe intendere che Kratos alla fine dovrà sacrificarsi in qualche modo. Anche tornare alla mitologia non aiuta a fugare i sospetti: il folklore ci dice che Loki ha accettato un patto di fratellanza di sangue con Odino, cosa che considerando le sue origini sarebbe praticamente un tradimento. Ma quello stesso folklore popolare dipinge spesso Loki come un dio benevolo, che aiuta l’Umanità a sfuggire ai tranelli degli dèi. Ora come ora, è impossibile sapere come andrà. Quel che è certo è che arriverà un momento in cui Atreus dovrà fare una scelta.
La seconda è che la questione con Baldur potrebbe non essere affatto chiusa. Tornati a Midgard dopo aver sparso le ceneri, Kratos e suo figlio vedono che ha improvvisamente iniziato a nevicare. Recuperato Mimir, il saggio sospetta subito che sia arrivato il Fimbulvintr, l’inverno anomalo (della durata di tre anni) che precederà il Ragnarok, la fine del mondo in cui gli dèi si scontreranno con i giganti e gli abomini dei Nove Regni. Ciò che Mimir non dice è che in tale occasione Baldur tornerà da Hel, ed è probabile che sarà di nuovo in cerca di vendetta. Questa volta il suo bersaglio sarà Kratos stesso, che per la prima volta nella sua vita si potrebbe ritrovare a subire una vendetta piuttosto che intraprenderla.
Il mito del Ragnarok prosegue poi dicendo che la missione di Baldur dopo il Ragnarok sarà collaborare con i due figli di Thor per far nascere una seconda generazione di dèi, essendo la precedente perita combattendo le rispettive nemesi. Anche qui, la mitologia ci fornisce un particolare inquietante: a guidare il popolo dei dannati di Hel sarebbe stato proprio Loki, destinato alla morte nello scontro con Heimdallr, guardiano del Bifrost.

Il Kratos norreno è simbolo di cambiamento. Lontano dagli eccessi e dall’epica a tutti i costi, costruisce il suo impatto emotivo nel suo cercare una vita normale, vivendo da persona comune ed educando un figlio e cercando di non fargli ripetere i suoi errori. Alla fine, il messaggio di God of War potrebbe essere proprio questo: la rabbia è una malattia, che non va curata ma incanalata attraverso esperienza e conoscenza. In questa prospettiva, nel finale Kratos non ha lottato con Baldur, ma contro il sé stesso del passato. Il dio norreno è accecato dalla vendetta esattamente come Kratos lo era nei confronti di Zeus. Lo scontro vuole essere anche metafora dei Santa Monica stessi, che dopo gli anni della “giovinezza” adesso vogliono andare oltre e raccontare una nuova storia. Fatto sta che il futuro narrativo di Kratos rimane incerto, aperto a più possibilità. Solo il tempo potrà dire che direzione i Santa Monica decideranno di intraprendere. La cosa più sensata da fare, per ora, è godersi il ritorno dello spartano più famoso della storia dei videogiochi.