Ghostwire Tokyo, il turismo paranormale e il prossimo gioco di Shinji Mikami: il racconto di Tango Gameworks

Le suggestioni videoludiche giapponesi, il turismo soprannaturale di Ghostwire Tokyo, il futuro di Shinji Mikami e... i gatti! Una lunga chiacchierata in compagnia dei creativi di Tango Gameworks dopo il lancio del gioco, con lo sguardo rivolto verso il futuro

Immagine di Ghostwire Tokyo, il turismo paranormale e il prossimo gioco di Shinji Mikami: il racconto di Tango Gameworks
Avatar

a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Abbiamo uno straordinario bisogno di videogiochi unici. Sono quelle opere che scelgono di non inseguire, ma di provare a tracciare nuovi sentieri, offrendo ai videogiocatori modi di interagire, di raccontare storie, di coinvolgere che siano riconoscibili.

Unici, appunto. È sicuramente anche il caso di Ghostwire Tokyo.

Arrivato lo scorso mese di marzo su PC e PS5, il titolo firmato da Tango Gameworks ha messo insieme le bizzarrie del soprannaturale e il fascino del folklore giapponese, ponendo tra le mani dei giocatori un'esperienza inaspettatamente ricercata nello stile e nelle tematiche. Il critico Domenico Musicò, nella nostra video recensione, ha sottolineato soprattutto il modo in cui il gioco firmato dalla software house guidata da Shinji Mikami sia capace di parlare del fine-vita, regalando un'esperienza sui generis con aspetti di certo perfezionabili, ma che abbiamo premiato proprio in virtù del suo coraggio e del suo essere così convintamente singolare.

Alla luce di tutto questo, è stato particolarmente intrigante potersi sedere a un tavolo (per ora ancora virtuale) per intervistare in esclusiva italiana, in questo post-lancio del gioco, il director Kenji Kimura e il producer Masato Kimura, con i quali abbiamo approfondito diversi aspetti dell'esperienza di Ghostwire Tokyo e di come sia andato il suo debutto.

Abbiamo così parlato dell'importanza data dal creare un'opera che sia riconoscibile fin dal primo impatto, ma anche del futuro di Tango Gameworks e di cosa bolle nella pentola di Shinji Mikami. E i due sviluppatori, particolarmente felici per la risposta della community all'uscita del gioco, ci hanno anche parlato di quanto un plus come la modalità foto possa aggiungere all'esperienza di esplorazione di un videogioco, sfociando nel «turismo paranormale» – e, perché no, anche di tutti i segreti dei cani e dei gatti (chi mi conosce sa che dovevo chiederlo, ndr) della bizzarra Tokyo che è protagonista del gioco.

Videogiochi e unicità: la filosofia di Tango Gameworks

Sono tanti i videogiochi che tentano di assomigliare ad altri, emulando modelli di successo già raggiunti e spesso già consumati in tutte le loro sfaccettature, anziché prendersi il rischio di inventare qualcosa di nuovo. Secondo il director Kenji Kimura, si tratta di qualcosa che Tango Gameworks non vuole fare, proprio perché eredita la mentalità da Shinji Mikami.

«Fin da quando mi sono unito a questa industria, ho sempre voluto creare qualcosa di unico, di nuovo, con cui molte persone potessero divertirsi. Dal momento che si trattava di una nuova IP, per me era molto importante che fosse qualcosa di nuovo, di riconoscibile» mi racconta, quando gli domando dell'essere orgogliosamente sopra le righe del suo Ghostwire Tokyo (potete comprare il gioco su Amazon a prezzo ridotto).

La sua ambizione, però, è anche quella del team:

«Tango Gameworks, come gruppo, ha una filosofia che viene proprio da Mikami-san: vogliamo realizzare sempre qualcosa che sia nuovo, qualcosa di creativo. Come saprai, Mikami-san è l’autore di Resident Evil: lui non c’era più ma arrivati al quarto, anche in quel caso si è cercato di reinventarlo e di farlo diventare qualcosa di nuovo.

Ha creato anche tante nuove IP, prima di creare Tango, con sempre quella mentalità di volere qualcosa di nuovo e coinvolgente. Noi la pensiamo allo stesso modo, perché è il leader del nostro studio».

Mentre parliamo dell'importanza dell'unicità, anche il producer Masato Kimura concorda sull'importanza di avere una visione condivisa, in Tango Gameworks, che miri prima di tutto a questo. La software house giapponese, per lavorare secondo la sua filosofia, vuole che un'idea sia prima di tutto originale.

«Per noi è davvero molto importante avere come minimo un gioco ogni decade che sia uno di quelli che continuano a vivere a lungo nei ricordi delle persone. Abbiamo dato il via a Tango circa dodici anni fa e Ghostwire Tokyo è quel gioco, quello che deve vivere a lungo nei ricordi delle persone e dentro i loro cuori» mi rivela.

Fine vita, affetti, connessioni: il messaggio di Ghostwire Tokyo, per l'autore

Come vi avevamo anticipato nella nostra recensioneGhostwire Tokyo è intriso di tematiche che ispirano più di una riflessione. Il viaggio di Akito nella spettrale Tokyo, affondando le sue radici in un contesto che non può essere reale, vuole in realtà parlare della nostra quotidianità e di alcuni temi (e paure) che spesso ci troviamo a rifuggire.

Il fine vita, l'essere intrappolati in una routine di sopravvivenza in cui ci si accontenta del non-vivere nonostante la non-vita sia altro, il dover ammettere di avere bisogno delle altre persone: sono tutti spunti affrontati dal gioco.

Con davanti il director Kimura, che è anche scrittore del gioco, ho voluto approfondire la sua idea dietro le tematiche dell'opera, scoprendo che gli spunti per le storie più strampalate nascono sempre dai piccoli dettagli della realtà. L'autore ha spiegato:

«Dal momento che abbiamo creato un mondo dove le persone sono scomparse, volevamo rappresentare le cose che normalmente non vedremmo o non riusciremmo a vedere, ma che in realtà sono molto importanti per noi. Volevamo che il giocatore potesse concentrarsi su di esse, che potesse vederle in modo diretto, faccia a faccia».

Una narrativa che va per sottrazione, quindi: prendo Tokyo e la svuoto per farti vedere cosa rimane, una volta che tutti gli altri esseri umani, a parte te, non ci sono più.

«Questo permette alle persone di rendersi conto di quanto quelle cose siano davvero importanti – quelle che ci sono più care, a volte sono persone amate, a volte sono i membri della nostra famiglia, e sono cose che anche solo con la loro esistenza ci stanno già aiutando. Volevamo che le persone mettessero insieme questo pensiero, che si sentissero grate della loro esistenza» aggiunge Kenji Kimura.

E, ancora di più in un periodo storico come questo, dove abbiamo dovuto scoprire che le persone care (e la possibilità di abbracciarle) erano meno scontate che mai, per Tango Gameworks era importante parlare di legami e del bisogno degli altri. Anche lo stesso gioco non sarebbe mai stato possibile, senza un lavoro coeso di tanti esseri umani diversi che univano le loro forze.

«Quando stavo realizzando il gioco mi sono reso conto che ‘non c’è modo che io riesca a fare tutto questo gioco da solo’, perché avevo bisogno delle altre persone» mi confida Kimura. «Questo mi ha permesso, col senno di poi, di capire che le connessioni che abbiamo con le persone significano tanto per noi, anche se delle volte le diamo per scontate. Questo gioco voleva porre tutti questi temi sotto una luce diversa».

I migliori amici dell'uomo, in una Tokyo spettrale

Considerando che tutti gli umani sono spariti, nella Tokyo protagonista di Ghostwire Tokyo, ho trovato sempre curioso e a suo modo adorabile che rimanessero invece gli animali come i cani e i gatti. Mi sono domandata quale precisa motivazione narrativa o di design abbia spinto Tango Gameworks a operare questa scelta, anche in virtù del fatto che gli animali domestici hanno un posto speciale nel cuore della cultura giapponese.

La domanda, nata in modo innocente e quasi come una battuta, ha in realtà permesso al director e al producer di svelarmi ulteriori retroscena dietro la nascita di Ghostwire Tokyo.

«Durante i lavori sul gioco, ho passeggiato molto nella città, mentre riflettevo su delle cose e volevo mettere insieme i miei pensieri. E così, mentre camminavo, incontravo molti cani e gatti» ha ricordato il director Kimura.

Proprio questi incontri sono stati l'innesco di quello che abbiamo visto nel gioco:

«Effettivamente, ci sono molti cani e molti gatti a Tokyo nella realtà, quindi mi sono detto: se le persone sparissero da qui, tutti quei cani e quei gatti comunque rimarrebbero. Ho lasciato andare il flusso di coscienza e ho continuato a pensarci.

Ci sono anche molte persone nel team che hanno cani e gatti, quindi anche molti di loro hanno valutato l’idea e hanno trovato che fosse grandiosa da inserire nel gioco».

E, a quel punto, gli animali del team di Tango Gameworks sono diventati i protagonisti, considerando che sono stati usati per i materiali di riferimento del gioco – ad esempio, per il design di cani e gatti, o per animarli. Avere tanti sviluppatori amanti degli animali, con animali propri, «ci ha aiutato molto», mi assicura il director, «e dentro il gioco ci sono anche dei cartelloni pubblicitari dove potresti vedere dei cani e dei gatti: devi sapere che quelli sono soprattutto i cani e i gatti del team!».

Anche il producer Kimura sottolinea come la scelta di lasciare gli animali, ma non le persone, nella città all'interno del gioco sia precisa e legata agli intenti di atmosfera e narrativa dell'opera.

«C’è un contrasto nella città: abbiamo cercato di realizzarla in modo molto realistico, ma l’abbiamo popolata di cose molto soprannaturali, succedono cose davvero soprannaturali. Parlo ad esempio degli Yokai, degli spiriti che vagano per la città e così via. Ci siamo chiesti cosa sarebbe successo se tutte le persone, se tutti gli umani, fossero scomparsi – realisticamente. A quel punto, i cani, i gatti e probabilmente gli uccellini da qualche parte rimarrebbero comunque» ragiona con me il producer.

Così, considerando che si parte da un Tokyo realistica, la si rende soprannaturale ma ci si ricorda che ci vivono anche molti cani e molti gatti, questi animali hanno fatto da collante tra la realtà e il soprannaturale, secondo Masato Kimura.

Come mi ha raccontato:

«Quegli animali sono in qualche modo un ponte di collegamento tra la fantasia e la realtà, all’interno del gioco, sono a metà strada come un qualcosa che collega i diversi elementi, che fa avvertire tutto come più fondato e aiuta anche a fare in modo che l’esperienza che si vive in Ghostwire Tokyo sia davvero unica».

La virtual photography come valorizzazione del dettaglio

Spero capiti anche a voi. Ogni tanto, mentre gioco mi rendo conto di un piccolo dettaglio, attivo la modalità foto e lo guardo da vicino. Lo studio, mi chiedo perché sia lì. Altre volte mi capita il contrario: attivo la modalità foto perché mi piace un paesaggio, uno scorcio, e mentre cerco di capire dove sistemare l'inquadratura mi accorgo di dettagli che altrimenti non avrei mai visto.

Si potrebbe dire, allora, che la modalità foto sia anche un modo di dare più visibilità alla cura maniacale per i dettagli che spesso gli sviluppatori ripongono, ma che passa inosservata se si va "di corsa" all'interno di un gioco, concentrandosi solo sul prossimo obiettivo da raggiungere?

Secondo il director Kimura, decisamente sì:

«Sì, è lì proprio per questo motivo. Ho visto su Twitter qualche giocatore che ha catturato un’immagine all’interno di uno degli edifici, dove c’è quel posto dove di solito sistemi le chiavi. Li è presente anche quella fessura dove, se abitassi lì, sistemeresti le buste della tua posta.

Qualcuno ha notato questa cosa e l’ha twittata, non ricordo di preciso scrivendo cosa, ma questo è uno di quegli elementi che avresti davvero, dentro una casa.

Quando hanno visto quel tweet, quelli del team artistico che realizza gli scenari di sfondo ne sono stati davvero entusiasti e felici, perché hanno visto che le persone si stavano accorgendo della quantità di dettagli che loro stavano mettendo dentro il gioco».

Il producer Kimura evidenzia anche un altro aspetto molto interessante, ossia che quando hai l'input ad attivare la modalità foto spesso ti guardi anche alle spalle, notando anche così delle cose che altrimenti ti sarebbero passate inosservate.

«Una cosa che amo della photo mode, e che succede anche nella vita reale, è che quando ti fermi per scattare una foto, magari finisci con il voltarti e con il renderti conto anche di quello che avevi alle spalle. È un’altra di quelle cose che ti aiutano a renderti conto dei dettagli che ti circondano» ragiona con me.

Non c'è, ovviamente, solo questo: uno dei motivi per cui sono sempre di più i videogiochi che contano su una Photo Mode, è che la community può creare contenuti spontaneamente, allungando di fatto il ciclo vitale di un prodotto e favorendo il passaparola. È anche il caso di Ghostwire Tokyo, considerando che sono numerosi gli artisti della virtual photography che stanno scandagliando la città per scoprirne gli scorci più belli da immortalare.

Secondo Tango Gameworks, parliamo di un vero e proprio turismo paranormale, reso possibile da questa modalità. Nelle parole del director Kimura:

«La nostra idea era quella di dare la possibilità ai giocatori di godersi il 'turismo paranormale' a Tokyo. Andando in giro per Tokyo ha senso che tu voglia scattare delle foto alla città se ci sono delle cose interessanti da immortalare, soprattutto se sei un turista.

Tenendo a mente questa cosa, per noi era una cosa molto rilevante da rendere disponibile nel gioco, per me era un must. Era davvero importante offrire questa possibilità».

Mi sono chiesta, allora – anche considerando che ci sono molti virtual photographer che conosco che ci leggono – se Tango Gameworks e Bethesda non abbiano in piano delle iniziative legate proprio alla fotografia virtuale, per il futuro. Potrebbero essere dei contest tematici, o delle gallerie espositive virtuali per gli scatti più imperdibili.

Sia il director che il producer hanno apprezzato molto la cosa e hanno tenuto la porta aperta all'eventualità, pur non potendosi al momento sbottonare.

«È assolutamente una buona idea! Abbiamo avuto un po’ di conversazioni su questo con il nostro team di marketing ed è una cosa su cui vogliamo insistere di più, vediamo un po’ che cosa possiamo fare per il futuro. Dobbiamo sicuramente fare qualcosa da questo punto di vista» mi ha rivelato il director Kimura.

E il producer, che ha ammesso di rimanere spesso molto colpito dalle foto scattate dai giocatori, ha immaginato un futuro in cui sarà di nuovo possibile visitare Tokyo senza gli intoppi burocratici odierni – e in cui i videogiocatori riconosceranno gli scorci che hanno visto all'interno del gioco.

«Pensando al lungo termine, con i giocatori che sono là fuori a scattare foto nella nostra Tokyo... magari un giorno, quando i nostri confini saranno aperti in modo un po’ più semplice, quelle stesse persone potrebbero ritrovare quelle stesse location nella vera Tokyo. E penso che quella sarebbe un’esperienza davvero divertente da condividere!».

Il futuro di Ghostwire Tokyo...

In un'industria videoludica come quella odierna, far arrivare un gioco sul mercato è solo il primo passo da compiere. Ghostwire Tokyo potrebbe essere solo una tappa: siamo davanti all'inizio di una nuova proprietà intellettuale che avrà sequel e approfondimenti? Possiamo aspettarci qualcosa di simile da Tango Gameworks, considerando che ritiene il gioco uno dei punti saldi del suo portfolio?

Quando gliel'ho chiesto, il director Kimura si è sbottonato un po', dopo aver ringraziato i giocatori per i loro feedback:

«Come sviluppatori, quando hai una IP su cui puoi lavorare con novità, DLC o sequel... beh, direi che questa è una di quelle IP dove sentiamo che si potrebbe fare altro. Questo ovviamente richiede più conversazioni con il publisher, ci sono un sacco di cose che vanno discusse su queste possibilità per decidere quale sia il modo migliore di agire per il futuro, da questo punto di vista».

Niente di scolpito nella pietra, insomma, ma l'intenzione di approfondire ulteriormente l'universo creato da Ghostwire Tokyo, da parte di Tango Gameworks, c'è tutta. Per il momento sono in piano ulteriori patch correttive e contenuti aggiuntivi più piccoli, come le emote appena introdotte che vanno ad arricchire proprio la Photo Mode, ma il futuro è da scrivere con Bethesda – e di conseguenza con Microsoft.

Anche il producer Kimura sottolinea «è davvero grandioso vedere il feedback dei giocatori, siamo molto felici dei loro commenti e ci piacerebbe poter rispondere alle loro aspettative per il futuro del franchise. A me piacerebbe espanderlo, ma non posso promettere nulla ora come ora».

... e cosa bolle nella pentola di Mikami

Il futuro di Tango Gameworks, scopro con visibile interesse, non è però solo in Ghostwire Tokyo. Mentre i lavori su questo titolo venivano portati avanti, c'erano altri videogiochi che bollivano nella pentola della software house guidata da Shinji Mikami. A partire proprio da un titolo a cui sta lavorando in prima persona.

In merito, il producer Masato Kimura mi permette di scoprire qualcosa:

«Mikami-san… lui è una delle persone più creative che abbiamo mai conosciuto e per me è una di quelle persone che non potrebbero vivere se smettessero di essere creative! Noi non vogliamo certo che succeda e sta decisamente lavorando su qualcosa, c’è qualcosa in lavorazione di cui non possiamo ancora parlare molto nel dettaglio, ma è meglio tenere gli occhi aperti per le novità in futuro…».

Messa nell'orecchio dei nostri lettori la pulce, Kimura rilancia facendomi sapere che anche John Johanas, director di The Evil Within 2, sta lavorando a un progetto che promette di essere molto sorprendente.

Nelle sue parole:

«Un altro nostro team con John Johanas, il director di The Evil Within 2, sta lavorando a una nuova opera per Tango, speriamo che possa davvero sorprendere i giocatori e che possano dire 'wow, non avrei mai potuto credere che Tango facesse questo tipo di gioco!', è una cosa che potrebbe essere sorprendente. Al momento non lo abbiamo ancora annunciato e non possiamo dire molto, ma state certi che ci sono altre novità in arrivo dal nostro studio».

Studio che ha le idee chiare su quello che deve fare per il suo futuro, insomma: la parola d'ordine rimane unicità, e Ghostwire Tokyo è un importante tassello nella realizzazione di questa visione.

«Per Tango come studio, come abbiamo detto noi siamo concentrati sul realizzare delle opere davvero uniche» sottolinea Masato Kimura. «E Ghostwire Tokyo è stata una delle prime».

Ghostwire Tokyo è disponibile su PC e PlayStation 5. Il gioco è anche parte dell'iniziativa Days of Play, per cui è possibile trovarlo nei negozi e su PlayStation Store a prezzo ridotto.