Immagine di Disciples Liberation | Recensione - Ritorno dal passato remoto
Recensione

Disciples Liberation | Recensione - Ritorno dal passato remoto

C'è un regno da liberare e io non ho impegni per la settimana

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Informazioni sul prodotto

Immagine di Disciples: Liberation
Disciples: Liberation
  • Sviluppatore: Firma Studio
  • Produttore: Kalypso Media
  • Distributore: Koch Media
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE , XSX , PS5
  • Generi: Gioco di Ruolo , Strategico
  • Data di uscita: 22 ottobre 2022

Ne è passato di tempo dall'ultimo episodio della saga di Disciples: eppure parliamo di un franchise dominante a cavallo tra lo scorso millennio e i primi anni di quello in corso, quando aveva saputo guadagnarsi un seguito notevole tra gli appassionati di strategia e giochi di ruolo di matrice occidentale.

Adesso l'accoppiata Frima – Kalypso, l'uno nei panni di sviluppatore e l'altro in quelli di editore, propongono al pubblico odierno Disciples Liberation, episodio in continuità con le radici della serie ma assolutamente godibile anche se giocato da chi è a digiuno del franchise.

E non solo su PC: stavolta la pubblicazione è multipiattaforma, e, incuriositi dalle versioni console, abbiamo testato a fondo per voi quella PS5.

Un regno da liberare

Avyanna e Ari sono cresciuti insieme, legati da anni di amicizia e dalla scelta comune di un destino da rinnegati, reietti ai margini della società di Nevendaar, dominata da un impero che comanda con pugno di ferro e pochissima tolleranza nei confronti delle voci discordanti.

Spade in vendita, al soldo di signori locali, armate improvvisate o anche solo contadini disperati: guadagnarsi da vivere limitando al massimo le domande e mettendo a tacere gli scrupoli è diventata la normalità per loro, almeno fin quando, durante un incarico apparentemente banale, qualcosa non va terribilmente storto.

Accerchiati dall'esercito personale di un prete che avrebbe dovuto rivelarsi un bersaglio facile, i nostri sembrano arrivati alla fine del loro percorso, salvo rifugiarsi in un portale scaturito, all'improvviso, dalle mani di Avyanna, incredula e ignara dei suoi poteri.

Da queste premesse, non esattamente originali, partirà un lunghissimo viaggio per liberare le vaste terre di Nevendaar da una morsa sempre più stringente, e al giocatore sarà lasciata grande libertà su come farlo ed in compagnia di quali alleati.

La narrativa soffre, inevitabilmente, di queste libertà lasciate al giocatore, che può decidere in quale ordine affrontare i quattro capitoli principali, che prevedono tutti l'alleanza, o in alternativa la lotta indiscriminata, con altrettante differenti fazioni, che spaziano da quella umana a quella elfica, passando per i non morti.

Se, da un lato, la consequenzialità degli eventi e la coerenza interna del racconto vacillano proprio per questo motivo, dall'altro la grande quantità di dialoghi favorisce l'immersione in un mondo ben realizzato e credibile, per non parlare del continuo punzecchiarsi a vicenda di cui si rendono protagonisti i due eroi del gioco, inseparabili eppure molto diversi.

L'altalena continua tra cose che funzionano ed altre che lo fanno meno continua anche con la copertura solo parziale del doppiaggio: se la gran parte dei dialoghi inerenti alle missioni principali risulta doppiata in un buon inglese, con prove recitative soddisfacenti, la stragrande maggioranza di quelli che caratterizzano le missioni secondarie (che sono in rapporto di sette o otto a uno rispetto a quelle principali) è invece silente, e rimanda alla lettura di testi in inglese, smorzando l'entusiasmo ed estraendo un po' il giocatore dai panni di Avyanna.

Inoltre, sebbene su queste pagine non ci siamo mai scagliati contro i giochi non tradotti, perché il budget per la localizzazione non è necessariamente qualcosa che tutti i team di sviluppo possano permettersi, segnaliamo come, in un apparentemente immotivato moto anti-italiano, la sola lingua europea assente tra le fatidiche cinque più parlate d'Europa sia la nostra.

Inglese, tedesco, francese e spagnolo sono tutte rappresentate, alcune anche con la doppia opzione audio/sottotitoli, mentre della bistrattata lingua di Dante non v'è traccia: una ragione ci sarà, ma quale che sia il motivo lo status quo non può non lasciare l'amaro in bocca ai meno esterofili tra i nostri lettori.

Esplorare invece di sopravvivere

Non c'è nulla che non si sia già visto tra le meccaniche di gioco che sorreggono l'impalcatura ludica di Disciples Liberation, eppure non c'è nemmeno molto che non funzioni: il mix tra esplorazione libera, combattimenti a turni su una griglia 7x11 e gestione delle risorse è non solo molto simile a quello visto nei capitoli precedenti della serie, ma anche a tanti congeneri usciti, soprattutto sul mercato PC, nell'ultimo decennio.

I ragazzi di Frima hanno quindi giocato sul sicuro, puntando sulla solidità e sulla certezza di meccaniche rodate piuttosto che sul fattore novità, contando anche sulla relativa mancanza di concorrenza all'interno del genere di riferimento per quanto concerne il mercato console.

A ben guardare, infatti, a dodici mesi dal lancio delle nuove piattaforme Microsoft e Sony, non c'è niente di direttamente equiparabile a Disciples Liberation, con la parziale eccezione di Wasteland 3, comunque molto diverso per ambientazione e tematiche trattate.

Quando non è impegnato a creare truppe o gestire le risorse accumulate assoggettando edifici preposti alla loro produzione, il giocatore è generalmente impegnato in battaglie dalla buona profondità tattica, nelle quali possono essere schierati in tutto dieci elementi, compresa la nostra eroina.

Due dei rimanenti nove slot sono impegnati da altrettanti companion, personaggi di capitale importanza all'interno della storia e dotati di attacchi ed abilità uniche, mentre gli altri sette possono essere composti a piacimento, selezionando una unità tra le oltre cinquanta disponibili, sommando quelle di tutte e quattro le fazioni.

Tra arcieri, soldati corazzati, non morti che vomitano bile infetta sui nemici e sacerdotesse guerriere, giusto per citarne alcuni, ce n'è davvero per tutti i gusti, con un bilanciamento tutto sommato buono delle forze in campo.

Il sistema di combattimento, sulle prime abbastanza basico, si apre gradualmente sino a mettere in campo interessanti concetti come l'accerchiamento delle truppe nemiche, la possibilità di schierare tre ulteriori soldati nella retroguardia per donare bonus passivi al nostro esercito e così via.

Non mancano nemmeno, pur in assenza di venditori e simili, un sistema di loot, rinvenuto come ricompensa alla fine delle battaglie più sanguinose o delle numerose quest secondarie, uno magico, in modo da plasmare la propria eroina come una maga e non solo come una guerriera pura e semplice, e tre alberi in cui spendere gli skill points guadagnati ad ogni passaggio di livello, con il risultato che il grado di personalizzazione complessivo dell'esperienza si mantenga sempre su buoni livelli.

Peccato, allora, e questo è probabilmente uno dei motivi per cui il voto in calce a questa recensione è buono ma non eccezionale, che la quantità di buone idee venga vanificata da un notevole livellamento verso il basso del livello di difficoltà.

A meno di non affrontare battaglie evidentemente impari (come un gruppo di banditi di livello nove con un party di livello due, ad esempio), la clamorosa abbondanza di risorse che caratterizza il gioco sin dalle prime ore consente di avere un atteggiamento decisamente spregiudicato in battaglia, spingendo senza troppe remore alla morte le proprie unità semplici (facilmente rimpiazzabili) pur di raggiungere gli obiettivi di volta in volta necessari per la vittoria.

Se, da un lato, l'abbassamento del livello di sfida in un genere da sempre visto come molto hardcore può avere senso nell'ottica di allargare la base di utenza del franchise, la misura appare troppo drastica e finisce con lo svilire non solo il livello di coinvolgimento del giocatore ma anche l'esperienza ruolistica in sé: che senso ha lavorare di diplomazia o cercare di farsi amici dei potenziali avversari quando ricorrendo alla violenza si vince sempre a mani basse?

Visto il buon lavoro svolto, come detto, su altri aspetti della produzione, la speranza è che il team di sviluppo introduca quantomeno un selettore della difficoltà, così da consentire anche ai giocatori più navigati di godersi il prodotto senza scadere nella routine già all'alba della prima decina di ore di gioco.

Sull'ottovolante

La versione PS5 da noi recensita presta il fianco ad una serie di critiche, ma mostra anche alcuni aspetti soddisfacenti, finendo con il confermare la commistione di alti e bassi che caratterizza un po' tutti gli aspetti del prodotto.

Partiamo da cosa funziona: la presentazione generale è gradevole, con modelli poligonali di buona fattura, tempi di caricamento piuttosto rapidi ed effetti grafici degni di questo nome durante i combattimenti, quando fiamme, lampi ed esplosioni mistiche abbondano sul campo di battaglia.

Anche la rappresentazione degli scenari si dimostra di buona fattura: le texture che compongono gli scenari sono quasi tutte in alta definizione, e questo ha effetti positivi mentre si vaga per gli scenari, con scorci (soprattutto negli interni) che ci hanno ricordato il recente Diablo II per qualità complessiva, a testimonianza della bontà del lavoro svolto.

Con l'eccezione di singhiozzi inspiegabili, perlopiù in prossimità dei salvataggi automatici o della schermata di vittoria a fine battaglia, anche il frame rate si è dimostrato solido, sebbene la natura a turni del prodotto non richiedesse particolari evoluzioni in questo senso.

D'altro canto, e qui giungiamo alle note meno liete, dobbiamo segnalare un'eccessiva "plasticosità" degli ambienti, con i quali l'interazione è assolutamente nulla: a differenza del succitato best seller di Activision Blizzard, Disciples Liberation non concede al giocatore nemmeno di rompere un barile, azzerando qualsiasi tipo di interazione al di fuori dei dialoghi con i personaggi non giocanti.

Anche a livello di pulizia del codice siamo abbastanza indietro: pur non avendo sperimentato bug gravi, tali da rimandarci alla dashboard o corrompere i nostri salvataggi, ci siamo imbattuti in una vasta serie di problematiche minori, che speriamo vengano risolte dall'immancabile patch del day one.

Si va dalla completa ed improvvisa sparizione delle descrizioni in-game, che non consente di equiparare gli equipaggiamenti indossati con quelli appena rinvenuti, all'improvvisa ammutolirsi di dialoghi con gli NPC, passando per nemici che scompaiono mentre ci stanno caricando, proprio un attimo prima che parta la schermata introduttiva al combattimento.

A questi si aggiungono scontri che si avviano da soli senza che, apparentemente, vi siano avversari nelle vicinanze, una discreta dose di pop-in durante le fasi esplorative ed animazioni piuttosto limitate tanto durante le battaglie quanto nelle cutscene.

Nel complesso, in ogni caso, siamo lontani dal meglio che la nuova ammiraglia Sony ci ha fatto vedere in questo suo primo anno di vita sul mercato, ma, considerato il budget a disposizione e la lunga assenza del franchise dagli schermi di qualsivoglia piattaforma, il risultato non è affatto malvagio, e potrebbe migliorare qualora il team di sviluppo ponga rimedio ad alcune delle problematiche summenzionate.

Detto della scarsa densità del doppiaggio rispetto alla marea di linee di dialogo contenute nel prodotto, una scelta infelice probabilmente figlia di limitazioni del budget, non possiamo che spendere, invece, parole positive per la longevità complessiva, in linea con quella dei migliori episodi del franchise: per vedere due dei cinque finali disponibili abbiamo impiegato poco meno di quaranta ore, limitandoci a svolgere solo una parte delle missioni secondarie disponibili per esigenze di tempo.

Questo già rispettabile valore potrebbe quindi aumentare anche di molto per i giocatori più completisti, che magari volessero rallentare il ritmo della missione principale e godersi anche l'esplorazione libera e le numerose quest opzionali disponibili per ognuna delle fazioni.

Versione recensita: PS5

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Voto Recensione di Disciples: Liberation - Recensione


7.2

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Notevole quantità di contenuti

  • Battaglie dalla buona profondità tattica

  • Finali multipli e grande libertà di scelta

  • Buon doppiaggio inglese...

Contro

  • Molto più facile dei suoi predecessori

  • Inglese, francese, tedesco, spagnolo...manca solo l'italiano

  • ... ma limitatamente alle missioni principali

Commento

Disciples Liberation è un ritorno atteso e tutto sommato ben riuscito, che restituisce agli appassionati del genere un franchise storico, capace negli anni di conquistare il suo pubblico grazie a punti di forza quali la quantità di contenuti, la libertà di approccio a missioni e fazioni e la buona profondità tattica delle battaglie. Il team di sviluppo ha puntato su queste stesse prerogative per questo ritorno, e i risultati, per quanto ci riguarda, danno loro ragione. Eppure, gli aspetti migliorabili non mancano, a partire dal bilanciamento della difficoltà, al momento decisamente troppo permissivo, per passare all'assenza di doppiaggio per più della metà delle migliaia di linee di dialogo contenute o alla scelta di tagliare fuori la sola localizzazione italiana nella rosa delle cinque lingue più parlate in Europa. I pochi che ricorderanno ancora la serie dopo tanti anni di assenza troveranno qui pane per i loro denti, così come quelli alla ricerca di uno strategico a turni solido e longevo. Tutti gli altri, a patto di non aspettarsi un capolavoro e un'invidiabile pulizia del codice, potrebbero comunque voler dare una possibilità al prodotto Kalypso, anche tra qualche tempo.