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Batman Arkham | Parte 2: la fine e l’inizio

Continua il nostro percorso nella storia di Batman Arkham – dalle Origini, all'Arkham Knight

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a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Informazioni sul prodotto

Immagine di Batman Arkham Collection
Batman Arkham Collection
  • Sviluppatore: Rocksteady
  • Produttore: Warner Bros.
  • Distributore: Warner Bros.
  • Piattaforme: PS4 , XONE
  • Generi: Azione , Avventura
  • Data di uscita: 27 novembre 2018 (digitale) - 6 settembre 2019 (retail)

Bentornati alla retrospettiva su Batman Arkham, per ripercorrere la saga che ha fissato nuovi standard in fatto di tie-in videoludici. Dove nella puntata precedente abbiamo ripercorso le origini (Asylum) e il perfezionamento (City) della crociata videoludica dell’Uomo Pipistrello, oggi parleremo della seconda e ultima parte della sua storia.

Ezio Wayne o Bruce Auditore?

Batman: Arkham City si concludeva in maniera traumatica, con il Joker che si arrendeva alla morte per l’infezione da Titan. Un finale terribile, in quanto la presenza del clown come nemesi del Pipistrello era stato motore narrativo portante di tutta la serie, dentro e fuori dallo schermo. A questo si aggiunsero ulteriori notizie non proprio confortanti: appena finito Arkham City lo sceneggiatore di punta del brand Paul Dini dichiarò che non avrebbe preso parte a eventuali sequel. Questo, abbinato all’insistito silenzio dei Rocksteady Studios, non poté che lasciare i fan interdetti.

Tuttavia Warner Bros Games non aveva alcuna intenzione di lasciar perdere il suo “Pipistrello dalle uova d’oro” e già a fine 2011 aprì in Canada uno studio apposito, WB Montreal, che dopo aver lavorato sulla conversione WiiU di Arkham City mise immediatamente a lavoro sulla serie “principale”. Ne venne fuori Batman: Arkham Origins, annunciato a aprile 2013 e pubblicato a ottobre dello stesso anno su settima generazione. Un capitolo di raccordo, pensato per mantenere il ritmo biennale che aveva caratterizzato la serie fin dalle origini. Nei risultò un prequel, ispirato nella trama tra le altre alla graphic novel Batman: Anno Uno (1987, da noi arrivato tre anni dopo). Oltre all’ovvio cambio di studio di sviluppo, da parte di Warner Bros non vengono richiamate neanche altre persone fino a quel momento chiave per il brand. A mancare non fu solo Paul Dini, ma anche gli ormai iconici Kevin Conroy e Mark Hamill.

Da questo però emerge un fatto un po’ curioso: molte delle personalità che lavorarono ad Arkham Origins erano state tutte più o meno coinvolte nello sviluppo degli Assassin’s Creed, specialmente nella “trilogia di Ezio”. Roger Craig Smith, chiamato a sostituire Conroy, aveva prestato la voce a Ezio Auditore in tutte le sue apparizioni, mentre alla sceneggiatura c’era anche Corey May, già autore di Assassin’s Creed II. Infine per Joker viene chiamato Troy Baker, ai tempi in piena ascesa come attore protagonista di molti videogiochi di successo (e che aveva interpretato Robin in Arkham City). Buona parte di queste modifiche nella versione italiana non sono così palesi, in quanto per la localizzazione venne seguita la “tradizione” di Asylum di chiamare al microfono i doppiatori storici della serie animata degli anni Novanta.

Batman: Arkham Origins, un Natale da cani

La storia di Origins si svolge nella notte di Natale del secondo anno di attività dell’Uomo Pipistrello. Da un contesto “sconvolgente” si passa a uno ancora “in divenire”, dove Batman non è ancora né un vigilante conosciuto né tantomeno temprato dall’esperienza, odiato dai criminali e braccato dalle forze dell’ordine. In quella notte il criminale Maschera Nera mette sul Pipistrello una taglia di 50 milioni di dollari: a competere per il premio sono otto supercriminali (Killer Croc, Deathstroke, Bane, Deadshot, Copperhead, Electrocutioner, Firefly e Shiva) con il Joker che riveste un ruolo per somma parte misterioso. Arkham Origins si presentò quindi come una versione ampliata di Arkham City, con lo sblocco progressivo dei gadget, molte missioni secondarie e una mappa grande praticamente il doppio.

Nonostante fosse stato ammesso che lo sviluppo di Batman: Arkham Origins doveva far “guadagnare tempo” a Rocksteady, abbiamo anche visto che Warner Bros si affidò in ogni caso a lavoratori capaci. Il tutto però non riuscì più di tanto a scostarsi dalla sua natura di prequel, e anche qualche aggiunta inedita come il multigiocatore venne alla fine considerata come velleitaria. Lo stesso Arkham Origins finì col meritarsi la nomea di capitolo “apocrifo”, un prodotto “dovuto” facente parte del grande ritorno di popolarità che gli eroi DC Comics hanno avuto proprio a inizio anni Duemiladieci. Warner Bros infatti colse ancora una volta la palla al balzo partendo proprio da Arkham City, affidando a Ed Boon e ai suoi NetherRealm Studios (che nel 2011 avevano raggiunto le 3 milioni di copie col reboot di Mortal Kombat) la produzione di un videogioco di combattimento con i personaggi DC. Il risultato era stato Injustice: Gods Among Us, sancendo un’alternanza Mortal Kombat/Injustice andata avanti fino a oggi.

Per spingere ulteriormente Arkham Origins venne inoltre realizzato su Batman: Arkham Origins Blackgate. Uscito su Nintendo 3DS e PlayStation Vita, con una trama complementare a quella del gioco su console casalinghe. L’azione però si sviluppava sul 2,5D, con Batman che si sarebbe trovato ad affrontare tre suoi nemici classici nel penitenziario appunto di Blackgate. I giudizi di critica e pubblico non furono però particolarmente entusiastici.

Batman: Arkham Knight, io sono la Notte

Passato il prequel, ormai i tempi erano maturi: Rocksteady stava lavorando al suo “terzo Batman” dalla fine di Arkham City. Come predetto Paul Dini non volle tornare come sceneggiatore, quindi la storia fu scritta internamente dai Rocksteady con Ian Ball, Martin Lancaster e lo stesso Sefton Hill, che si incaricò nuovamente del ruolo di regista. Parimenti vennero richiamati anche Kevin Conroy e Mark Hamill per riprendere i loro ruoli storici. Rivelato nel 2014 e uscito l’anno successivo, la saga dell’Uomo Pipistrello si concluse con Batman: Arkham Knight.

Nove mesi dopo la morte del Joker la città di Gotham è piombata in una pesante tranquillità, che ha rassicurato i cittadini ma inquietato gli uomini di legge. Il tutto è solo la calma prima della tempesta: molti criminali della città si sono coalizzati per supportare il piano più perverso e terribile dello Spaventapasseri. L’uomo decide di attuarlo nella notte di Halloween, rilasciando una versione potenziata della sua tossina che risveglia i peggiori ricordi e incubi di chi la inala. Nel panico e nella follia imperanti la città si svuota, richiamando il Cavaliere Oscuro al sacrificio finale.

C’è uno strano bipolarismo che domina Batman: Arkham Knight. Allo sforzo di recuperare la componente introspettiva dell’esordio si abbina la necessità di dover fare i conti con un congenito ipertrofismo (anche e soprattutto narrativo) maturato nei sette anni di vita della saga. Un contrasto che si materializza simbolicamente nell’introduzione della Batmobile, veicolo tattico e sogno proibito sin dai tempi di Arkham Asylum. La novità (pompata anche a livello di marketing) è la possibilità di guidarla liberamente per le strade di Gotham, trasformandola all’occorrenza in un ragno d’acciaio che combatte scivolando sull’asfalto. Una novità accolta tanto con entusiasmo quanto con scetticismo, in quanto evidenziava tutta l’inesperienza di Rocksteady nel costruire un sistema di guida decente e pareva oscurare insistentemente una trama con l’ingrato compito di tirare le fila di tutto.

La natura ciclica del Pipistrello

E fortunatamente, nonostante i difetti e qualche forzatura temporale (si svolge in una sola notte ma di tempo reale dura più di un’intera giornata) Batman: Arkham Knight riesce a chiudere tutto con sorprendente coerenza ma anche fedeltà allo spirito tanto della saga quanto dei fumetti originali. A fare da “grande nemico” è il Cavaliere di Arkham, figura indecifrabile ma che non fa mistero di conoscere a menadito il modus operandi dell’Uomo Pipistrello. A interpretare l’antagonista viene richiamato ancora una volta Troy Baker, mentre il Joker di Mark Hamill ricompare come “doppio mentale” di Batman, proiezione della parte folle della sua mente rilasciata dall’inalazione della tossina dello Spaventapasseri. Il pagliaccio sarà un compare costante lungo tutta la storia, un diavolo tentatore travestito da giullare perverso, oltre che ennesima dimostrazione dell’esagerata varietà e quantità di contenuti infilati in Batman: Arkham Knight. Una varietà che nei fatti assume i tratti della scorpacciata, fino a risultare quasi vittima di sé stessa e delle cose da fare. Tutte con riferimenti sia interni che esterni al mondo di Batman: lo stesso regista Sefton Hill compare come semplice avventore del locale dove si ambienta il prologo dalle tinte horror.

Un simbolo di quanto Rocksteady avesse messo passione sul brand si trova in Arkham City, che aprivano linee narrative (come un possibile figlio di Joker, a giudicare da certi oggettini sparpagliati sulla scrivania di Harley Quinn) poi senza sviluppo e le missioni secondarie e le storie bonus con protagonisti Batgirl, Robin e altri. Pur concludendo la saga Batman: Arkham Knight ha finito comunque per lasciare degli interrogativi che non riceveranno mai risposta.

Il che è un peccato, perché il gioco è uno sforzo creativo e tecnologico ancora adesso sorprendente, controbilanciato però dagli enormi problemi che il gioco ebbe su PC. Dopo aver fatto i conti con una Batmobile Edition del gioco prima promessa e poi non commercializzata, su Windows Batman: Arkham Knight si dimostrò fin troppo esoso in termini di potenza di calcolo anche su sistemi avanzati, tanto da obbligare la Warner a sospenderne la distribuzione per alcuni mesi. Anche dopo lo sviluppo di una patch e una ripubblicazione le cose non andarono perfettamente, tanto che molti chiesero il rimborso. Una macchia un po’ triste su quello che è stato un percorso altrimenti più che buono, che ha ridato linfa al genere tie-ine portato un supereroe come Batman a contatto delle nuove generazioni videoludiche.

Per rispetto nei confronti del gran lavoro di Sefton Hill e soci non riveleremo qui il finale di Arkham Knight. Quel che possiamo dire è che il ciclo si chiude di nuovo e tutto potrà ricominciare. Ci è stato dimostrato ancora una volta che i supereroi DC, a differenza di altri, hanno una natura ciclica: ogni volta devono nascere, crescere e poi finire; e ogni volta è in grado di reinventarsi. Nel cinema ce l’ha detto Nolan, sui videogiochi Rocksteady Studios. Una conclusione coerente e non troppo artificiosa, ipertrofica ma che forse non dovrebbe dimenticarsi così facilmente dei prequel, che pure se sviluppati da persone diverse avevano quantomeno il loro perché.

Certo è che dopo Arkham Knight il buon Bats andrà a dormire per un po’, avendo i Rocksteady stessi ammesso che adesso i tempi sono maturi per dedicarsi ad altro. Ma l’Uomo Pipistrello tornerà di nuovo, quando ce ne sarà bisogno. Del resto, “i criminali sono una razza vigliacca e superstiziosa, e l’unico modo per batterli è dar loro qualcosa di cui aver paura”.

Voto Recensione di Batman Arkham Collection - Recensione


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Commento

Per rispetto nei confronti del gran lavoro di Sefton Hill e soci non riveleremo qui il finale di Arkham Knight. Quel che possiamo dire è che il ciclo si chiude di nuovo e tutto potrà ricominciare. Ci è stato dimostrato ancora una volta che i supereroi DC, a differenza di altri, hanno una natura ciclica: ogni volta devono nascere, crescere e poi finire; e ogni volta è in grado di reinventarsi. Nel cinema ce l’ha detto Nolan, sui videogiochi Rocksteady Studios. Una conclusione coerente e non troppo artificiosa, ipertrofica ma che forse non dovrebbe dimenticarsi così facilmente dei prequel, che pure se sviluppati da persone diverse avevano quantomeno il loro perché. Certo è che dopo Arkham Knight il buon Bats andrà a dormire per un po’, avendo i Rocksteady stessi ammesso che adesso i tempi sono maturi per dedicarsi ad altro. Ma l’Uomo Pipistrello tornerà di nuovo, quando ce ne sarà bisogno. Del resto, “i criminali sono una razza vigliacca e superstiziosa, e l’unico modo per batterli è dar loro qualcosa di cui aver paura”.