Assassin’s Creed Odyssey: L’amore ai tempi di Eros

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a cura di Hara_G

Nonostante la poca distanza dall’uscita di Origins, l’annuncio di Assassin’s Creed Odyssey a E3 2018 ha catturato su di sé l’attenzione in maniera massiccia. Ciò in parte deriva dalla nuova ambientazione di gioco, l’antica Grecia del V secolo a.C, periodo in cui si svolse la guerra del Peloponneso tra Sparta e Atene, con i loro rispettivi alleati. L’altro motivo risiede nei nuovi elementi di gameplay, che avvicinano il titolo più a un GdR che a un action adventure. Assassin’s Creed Odyssey riprende infatti le meccaniche ben apprezzate del suo predecessore (ad esempio i punti esperienza o il sistema di crescita del personaggio) e le estende, portando a dei profondi mutamenti anche sul piano narrativo. Per la prima volta nella serie potremo decidere se avere un protagonista maschile o una protagonista femminile. Una scelta che verterà tra Alexios e Kassandra, discendenti del prode Leonida. A questo si aggiungono altre corpose novità, come un sistema di scelte nei dialoghi che andrà a influire sulla trama, e la possibilità di intrecciare delle relazioni amorose, anche omosessuali, con i personaggi secondari.

Si potrebbe pensare che quest’ultima aggiunta sia strettamente legata al contesto, la Grecia del V secolo a.C., di cui noi contemporanei abbiamo l’idea di un luogo in cui ognuno poteva esprimere la propria sessualità nel modo più puro e libero. 
Le immagini di satiri selvaggi, di sensuali ninfe, di trasformazioni corporee per soddisfare i più reconditi desideri (si parla di te, Zeus), ci riporta a un mondo lontano, fondato sul concetto di bello, di pathos, di passione. Tali immagini, tramandate nei secoli grazie alla letteratura e alla mitologia, hanno portato alla formazione di una visione romantica dell’amore ai tempi di Eros che si discosta dalla realtà. In verità, nella Grecia delle poleis, l’amore, soprattutto se omosessuale, era ingabbiato in regole ben precise.

L’amore come lezione di vita: la pederastia
Svuotiamo per un attimo la mente dai nostri preconcetti attuali, e arriviamo subito al dunque: l’amore omosessuale maschile era socialmente accettato nell’antica Grecia, purché fosse vissuto da un uomo adulto e un adolescente. Il loro rapporto era inteso come uno scambio di virtù, in cui il giovane offriva la sua bellezza e la sua armonia per ricevere in cambio educazione ed esperienza dal suo mentore.
Questo processo ben specifico prese il nome di pederastia, e nacque ancor prima della formazione delle poleis, quando la società greca era divisa in tribù. I giovani difficilmente abbandonavano i confini della loro comunità, per cui si rimettevano agli insegnamenti degli adulti, anche in ambito sessuale, per apprendere diverse virtù. La relazione non si consumava in maniera meccanica e apatica, ma implicava tutta una fase di corteggiamento, spesso manifestata in pubblico, in quanto occasione per mostrare all’agognato amante e al resto della società le proprie doti.
Quando il giovane abbandonava la pubertà ed entrava nella fase adulta, la relazione era destinata a concludersi, almeno pubblicamente, in quanto in seguito all’educazione l’uomo aveva il diritto civico di prendere moglie
L’amore per i greci era un modo per raggiungere la perfezione e, se ridotto a mero rapporto fisico, appariva volgare e privo di ogni scopo. Di conseguenza, anche se è probabile che venissero consumati rapporti tra uomini adulti, l’omosessualità era accettata solo se rinchiusa nei dogmi della pederastia, non perché visto contro natura, ma semplicemente perché allontanava l’uomo da un suo dovere, ovvero il matrimonio con una donna. 
Essa divenne un’istituzione sociale con la formazione delle città-stato, e assunse connotazioni diverse. Ad Atene era strettamente regolarizzata, poiché vista come un processo basilare per la formazione dell’individuo all’interno della polis, e riguardava esclusivamente l’aristocrazia.
Al contrario a Sparta, terra natia di Alexios/Kassandra, la pederestia era più un’esaltazione del bello, il quale era comunque legato al concetto di virtù. Gli spartani furono i primi infatti a praticare il nudo ginnico, poiché permetteva di ammirare la tensione dei muscoli e lo sforzo fisico degli atleti.
Ciò provocò la derisione degli ateniesi, che nelle loro commedie non si limitarono certo nel sbeffeggiare l’amore omosessuale tra gli spartani.

Per quanto riguarda l’amore lesbico, il discorso da fare diventa leggermente più complesso. Nell’antica Grecia la donna non godeva di alcuna autonomia, pertanto era esclusa dalla vita politica, culturale ed economica della città, di competenza dell’uomo. Per tale ragione i rapporti omosessuali tra donne non erano ben visti pubblicamente. 
Tuttavia la pederastia maschile aveva la sua controparte femminile, ovvero il tiaso. Si trattava di un gineceo delle donne, guidato da un’adulta, al cui interno le adolescenti venivano preparate al matrimonio, attraverso l’arte del portamento, della cura del corpo, della conoscenza delle arti e dello spettacolo. Era probabile, inoltre, che le fanciulle venissero iniziate all’amore dalle loro maestre. Il tiaso più famoso fu quello della poetessa Saffo nell’isola di Lesbo nel VII secolo a.C. Da qui l’origine del termine “saffico” e “lesbico” per intendere l’omosessualità femminile.
Non esistono prove concrete, ma i frammenti scritti dalla poetessa di Lesbo giunti fino a noi, oltre a rappresentare una delle forme più belle di poesia, lasciano intendere, in maniera sensuale e raffinata, il desiderio che la legava alle sue allieve.  Di seguito riportiamo un frammento dedicato a Gongilla, una delle fanciulle più amate da Saffo.
“… Ti prego
Gongila, mostrati nella tua tunica
lattea: a te il Desiderio
vola intorno
a te così bella: questa veste 
mi smarrisce a vederla: e io ne godo.”
Chiaramente in Assassin’s Creed Odyssey non troveremo nulla di tutto ciò. Non serve una prova del gioco per immaginare la mancanza della pederastia, un concetto troppo lontano dal nostro attuale modo di pensare. 
È più probabile che Ubisoft abbia preso spunto dai vizi degli dei o dalle passioni degli eroi per inserire nel gioco l’amore libero. Ciononosante, un po’ come era accaduto con la presenza dei gatti nell’Antico Egitto di Origins, Ubisoft utilizza elementi apparentemente secondari, per immergerci nell’atmosfera di gioco. 
“Cantami, O Diva, del pelide Achille”

Queste parole danno origine all’Iliade, grande opera di Omero. Al suo interno vi è uno dei personaggi più complessi e malinconici della storia della letteratura, il guerriero Achille

La storia narra che Ettore, figlio di Priamo re Troia, uccide Patroclo, compagno d’infanzia dell’acheo, ma anche grande amore. Omero non fa mai un riferimento esplicito al rapporto tra i due, ma è chiaro che esso sia fondato sull’amore. 
Solo un innamorato pazzo può covare una rabbia tale da impedire a Ettore, ormai ferito mortalmente, di riportare il corpo integro in famiglia per un ultimo saluto, poiché colpevole di aver ucciso Patroclo. 
Solo un innamorato furioso può uccidere dodici prigionieri di guerra troiani al solo pensiero della perdita dell’amante. 
Solo un innamorato disperato richiede l’intervento della madre Teti, che lo redarguisce ricordandogli che è giunta l’ora di prendere moglie, poiché la vita è fatta da un codice prestabilito, che nemmeno un grande amore può alterare.

Quella di Achille e Patroclo è la prima coppia di uomini amanti della letteratura greca. Ma anche la mitologia è intrisa di divinità succubi del potere inarrestabile di Eros. 
Apollo, dio del Sole e della poesia, è stato amante del bel Giacinto, di Ciparisso e di Imeneo. 
Anche Artemide, dea della caccia e della castità, nota come Diana in latino, vide finire il suo amore con la ninfa Callisto, tramutata in una grande orsa (da cui probabilmente trae il nome la costellazione dell’Orsa Maggiore) dopo aver giaciuto con Zeus, il quale a sua volta aveva preso le sembianze di Artemide per dare sfogo alla sua passione con la ninfa.
Tutti questi citati furono amori infelici, strettamente intrecciati con il dramma. La mitologia rende evidente l’importanza che aveva il bello, l’armonia, il coinvolgimento fisico e spirituale tipico dell’amore nella cultura greca, e Assassin’s Creed Odyssey la sfrutta per il bene nell’atmosfera di gioco.

Per quanto riguarda l’immersione nel contesto di gioco, la serie di Assassin’s Creed ci ha abituato bene. E non tanto perché con i suoi capitoli punta a una rappresentazione fedele della passato, quanto perché si rifà più ad immaginari collettivi, fondati sulla cultura popolare e folkloristica di una civiltà, per rendere verosimile il mondo in cui andiamo ad operare con i nostri assassini.

Nel caso di Assassin’s Creed Odyssey, l’inserimento delle relazioni amorose, anche omosessuali, ha senso perché lo fa in un capitolo in cui avevano un certo valore. Ovviamente lo fa distaccandosi dalla realtà dei fatti, e mai come in questo caso lo deve fare, perché l’omosessualità nell’antica Grecia era accettata attraverso un modo che, moralmente, è troppo lontano dal nostro attuale punto di vista. Tuttavia Assassin’s Creed Odyssey non rinuncia a rendere più realistica la sua atmosfera, e per questo prende spunto dalla mitologia e dalla letteratura greca per parlare di un tema quotidiano, in grado di rispecchiare le diverse declinazioni dell’amore, da sempre esistite.