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Pro
- ogni volume è autonomo...
- ...ma l’idea di raccontare un’unica storia da due prospettive parallele è ambiziosa e riuscita tra noir, cyberpunk e introspezione esistenziale.
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Contro
- il racconto richiede attenzione: non è una lettura da approccio casuale
- il finale "aperto" offre una chiusura concettuale affascinante ma alcuni lettori potrebbero trovarla poco appagante
Il Verdetto di Cultura POP
saldaPress presenta in un elegante cofanetto The One Hand e The Six Fingers. Si tratta di due graphic novel ambientati in un universo narrativo condiviso e realizzati da due team creativi d’eccezione: Ram V e Laurence Campbell il primo, Dan Watters e Sumit Kumar il secondo. La particolarità dei due racconti non è solo quella di essere ambientati nella stessa città ma anche perché la narrazione si intreccia in maniera speculare richiamando le atsmofere di Blade Runner, Westworld e Sev7n. Protagonisti sono un killer e il detective che gli dà la caccia.
Di cosa parlano The One Hand & The Six Fingers
The One Hand e The Six Fingers raccontano un’unica, inquietante indagine nella città immaginaria di Neo Novena, metropoli piovosa e decadente sospesa tra il noir della Los Angeles di Sev7n e il cyberpunk di quella di Blade Runner
In The One Hand, seguiamo Ari Nasser, detective veterano ma ormai stanco, in procinto di andare in pensione, che decide comunque di indagare su un nuovo omicidio che porta la firma di un famigerato serial killer che lui stesso aveva arrestato molti anni prima. Il suo modus operandi è inconfondibile: uccide, sembra il corpo creando una sorta di scultura di carne e poi imbratta un muro della stanza con quelli che sembrano simboli senza senso e l'impronta di una mano. Ma come può un assassino già catturato aver ricominciato a uccidere?
Questa volta però, Nasser ha colto un particolare che prima non aveva mai notato: la mano sembra avere sei dita. Chi è il misterioso copycat e perché le vittime dei delitti sembrano formare un cerchio sempre più stretto attorno al passato del detective?
Chi è il Killer delle Sei Dita? Johannes Vale, giovane ricercatore universitario che si risveglia dopo un blackout e scopre di aver ucciso qualcuno. Il crimine è identico a quelli del killer arrestato dal Detective Nasser, ma lui non ne ha memoria. Mentre cerca di ricostruire ciò che è accaduto, viene risucchiato in una spirale di paranoia, allucinazioni e segreti.
Ari Nasser e Johannes Vale hanno scoperto un segreto sulla città che non può essere svelato e che ha cambiato per sempre le loro vite.
The One Hand & The Six Fingers: un esperimento narrativo interessante ma non solo...
Due volumi completamente autonomi nella lettura, si possono godere senza un ordine di lettura, ma che risultano essere un ambizioso esperimento narrativo se si leggono alternando i capitoli partendo dal primo di The One Hand con indizi che si completano solo leggendo entrambi i filoni narrativi. Solo il fumetto è un medium che può osare tanto e contemporanemente performare offrendo una lettura avvincente e coinvolgente.
L’intreccio di The One Hand e The Six Fingers infatti è molto più di un semplice thriller fantascientifico: è una riflessione sul concetto di identità, sulla memoria come costruzione manipolabile e sulla sovrapposizione tra realtà oggettiva e percezione soggettiva. In entrambe le storie, i protagonisti - il detective Ari Nasser e il giovane Johannes Vale - affrontano un percorso diverso ma speculare che li porta a dubitare prima di sé stessi e poi della realtà.
Ram V e Dan Watters esplorano temi classici della letteratura sci-fi e cyberpunk mettendo al centro due diverse tipologie di esseri umani che vengono decostruiti rafforzando l’idea che non esista un’unica verità: ogni evento può essere interpretato da più prospettive, e la somma delle parti è necessaria per comprendere davvero la realtà.
Il detective Nasser è l’archetipo del poliziotto disilluso, ma dal codice morale incorruttibile e pieno di conflitti interiori. Il suo viaggio nella memoria - tra sogni, sensi di colpa e fallimenti passati - si intreccia alla perfezione con quello di Johannes Vale, il cui smarrimento giovanile diventa parabola dell’alienazione in una società ipercontrollata. Entrambi sono vittime e carnefici, strumenti e oppositori del sistema.
Da Blade Runner a Westworld il passo è breve, tuttavia le suggestioni introspettive e maliconiche e la critica sociale contribuiscono a creare un'opera he gioca con i codici del noir e della fantascienza, ma parla il linguaggio dell’inquietudine contemporanea: se la realtà è manipolabile come un algoritmo, l’indagine si trasforma in un atto quasi filosofico.
Chi siamo davvero, cosa ci rende umani, come costruiamo il nostro “io”, se tutto ciò che ricordiamo può essere stato costruito a tavolino?
Una città, due disegnatori - il colore fa la differenza
La potenza visiva di The One Hand e The Six Fingers è assolutamente centrale per l’esperienza di lettura. I due volumi sono illustrati da Laurence Campbell e Sumit Kumar, con Lee Loughridge al colore per entrambi, il che garantisce una coerenza tra stili molto diversi nella palette cromatica.
The One Hand, con i disegni di Campbell, adotta un tratto sporco, nervoso, cupo. Le ombre dominano la scena, e il chiaroscuro si fa linguaggio visivo di una storia dove la verità si nasconde dietro ogni cosa. Le figure sono quasi scolpite nella pioggia, e la città di Neo Novena è resa con una densità visiva che ricorda le tavole più claustrofobiche di Sin City o Gotham Central. L’inchiostro è materia viva, e contribuisce a rendere la lettura quasi fisica, opprimente, notturna.
In The Six Fingers, invece, Sumit Kumar opta per un tratto più dettagliato e moderno, che unisce realismo e surrealismo. Le allucinazioni di Johannes vengono rese attraverso sequenze deformate, giochi di simmetrie e di sovrapposizioni che rendono l’idea del delirio mentale. Le linee sono più nette, i volti più definiti, e le ambientazioni – a metà tra università, laboratori, case futuristiche – conservano un equilibrio tra precisione architettonica e perturbazione emotiva.
Il colore di Loughridge è il ponte tra i due mondi: in entrambi i volumi adotta una palette livida, con accenti di rosso e blu elettrico, che crea un’atmosfera inquieta e straniante. Le luci artificiali, i riflessi al neon e i filtri digitali sembrano voler replicare l’effetto di una videocamera o di un visore aumentato, facendo immergere il lettore in una realtà falsata, ambigua, cangiante.
Non si può parlare di questi fumetti senza citare il layout: spesso destrutturato con dettagli che diventano indizi narrativi. Le splash page sono rare ma sempre significative, mentre i dialoghi sono distribuiti con attenzione al ritmo e al peso visivo.