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Immagine di Rhapsody: Marl Kingdom Chronicles | Recensione - Tuffo nel passato
Recensione

Rhapsody: Marl Kingdom Chronicles | Recensione - Tuffo nel passato

NIS America porta per la prima volta in Occidente il secondo ed il terzo capitolo della trilogia Rhapsody: scopriamoli nella recensione.

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Avatar di Nicolò Bicego

a cura di Nicolò Bicego

Redattore

Pubblicato il 09/09/2023 alle 13:05
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In sintesi

  • Arrivano finalmente in Occidente anche gli altri due capitoli di Rhapsody
  • Non sono titoli indimenticabili, ma il lavoro di conservazione svolto è positivo
  • Pro
    • Due JRPG di stampo classico mai giunti in Occidente prima
    • Una personalità unica che permette ai giochi di dire ancora la loro
    • Stile in pixel art delizioso, soprattutto in Rhapsody II
  • Contro
    • Il colpo d'occhio di Rhapsody III non è invecchiato benissimo
    • Molto derivativi sia a livello di storia che di gameplay

Il Verdetto di SpazioGames

7
Rhapsody: Marl Kingdom Chronicles presenta due JRPG di stampo classico per la prima volta in Occidente, portando così alla conclusione la trilogia Rhapsody, di cui finora era disponibile soltanto il primo capitolo. Non si tratta di JRPG imperdibili, ma siamo comunque di fronte a delle esperienze solide e godibili, che possono contare su una personalità unica a più di vent'anni di distanza dalla loro uscita originale. Non ci saremmo aspettati di vedere due titoli così oscuri riemergere dopo tanto tempo, soprattutto visto che non erano mai stati tradotti, ma quanto fatto da NIS America può essere un buon esempio per il tema della conservazione dei videogiochi, ormai più attuale che mai.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Rhapsody: Marl Kingdom Chronicles
Rhapsody: Marl Kingdom Chronicles
  • Sviluppatore: NIS America
  • Produttore: NIS America
  • Testato su: SWITCH
  • Piattaforme: PC , SWITCH , PS5
  • Generi: Gioco di Ruolo
  • Data di uscita: 1 settembre 2023

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Il tema della preservazione dei videogiochi è estremamente attuale. Sapere che, al momento, l’87% dei vecchi videogiochi è inaccessibile per vie legali e senza ricorrere al mercato dell’usato, getta un’ombra piuttosto preoccupante sul futuro di questo medium.

E si tratta di una preoccupazione che non riguarda soltanto i “classici” – tutti quei videogiochi che hanno fatto la storia e che andrebbero giocati, come si suol dire, almeno una volta nella vita. Dopotutto, solitamente questi giochi sono anche quelli che hanno le maggiori possibilità di fare la loro ricomparsa sul mercato, perché l’interesse nei loro confronti non è mai completamente sopito.

Il destino peggiore riguarda tutti gli altri giochi, tutti quei titoli discreti che la storia non l’hanno fatta, magari, ma che comunque meriterebbero di essere quantomeno disponibili per chi li volesse recuperare, anche solo per memoria storica, appunto. Essendoci una domanda molto più bassa per questi titoli, difficilmente capita di rivederli sul mercato.

Fortunatamente, ci sono publisher come NIS America, che sembrano aver preso davvero sul serio la questione della preservazione delle loro proprietà intellettuali, proponendo anche titoli che sembravano ormai dimenticati dal tempo.

La collection di cui vi parliamo oggi, poi, è davvero particolare: stiamo parlando di Rhapsody: Marl Kingdom Chronicles, dal 1 settembre anche in Europa su Nintendo Switch, PlayStation 5 e PC.

Diciamo che si tratta di un’operazione particolare non solo perché ripesca due JRPG piuttosto sconosciuti, ma anche perché si tratta di due titoli che finora non erano mai arrivati in Occidente per vie ufficiali. Stiamo parlando di Rhapsody II: Ballad of the Little Princess e Rhapsody III: Memories of Marl Kingdom.

Scopriamo insieme cos’hanno ancora da raccontare queste due atipiche avventure.

Cronache dal regno di Marl

Cominciamo la nostra analisi da una considerazione piuttosto ovvia: all’interno della collection manca il primo episodio della serie, Rhapsody: A Musical Adventure. Si tratta dell’unico capitolo arrivato in Occidente (in USA arrivò l’originale su PlayStation, mentre in Europa arrivò solo il remake su Nintendo DS), che di recente è stato riproposto all’interno di Prinny Presents NIS Classics Volume 3 (lo potete recuperare su Amazon).

Questo cofanetto porta per la prima volta sul mercato occidentale i due capitoli mancanti di Rhapsody.
L’assenza da questa collection è probabilmente spiegababile proprio con la recente riedizione del primo capitolo, unitamente al fatto che i tre titoli, sebbene siano effettivamente legati a livello di trama, sono effettivamente giocabili come opere a sé stanti, perché ogni viaggio è autoconclusivo.

Ciò nonostante, dobbiamo ammettere che questa scelta ci ha un po’ straniti. Avere tutti e tre i giochi della serie in unico pacchetto sarebbe stato ideale per chiunque avesse l’intenzione di recuperarla; inoltre il terzo capitolo perde un po’ di mordente se non si è giocato al primo episodio.

Il nostro consiglio, quindi, è quello di recuperare entrambe le collection, in modo da potersi godere tutti i riferimenti presenti nel secondo e terzo capitolo della serie.

Rhapsody II, infatti, rappresenta un sequel diretto del primo episodio; qui controlleremo Kururu, la figlia di Cornet (diventata regina del regno di Marl dopo il primo episodio). La principessa vive una vita da aristocratica al castello, ma decide di fuggire per darsi all’avventura e, soprattutto, trovare il vero amore.

Le parti musicali sono una caratteristica distintiva di questa serie.

Rhapsody III, invece, adotta un approccio differente alla trama, in quanto sono presenti diversi scenari con protagonisti che variano. È un po’ come se il gioco servisse a concludere tutte le trame e sotto-trame introdotte nei capitoli precedenti, facendoci vedere la vita quotidiana dei personaggi che siamo ormai abituati a conoscere (per questo dicevamo che l’episodio funziona meno se non si è giocato ad entrambi i capitoli precedenti). 

In entrambi i casi, siamo di fronte a trame leggere e scanzonate; la serie Rhapsody, in effetti, è famosa proprio suo non prendersi troppo sul serio, raccontando delle storie dove, sebbene ci siano degli antagonisti, non ci sono mondi in pericolo o vite da salvare.

La peculiarità di questi JRPG a turni è la presenza di siparietti musicali, che richiamano un po' gli stacchi dei musical cinematografici.
Una parte importante è giocata ai siparietti musicali che danno il nome alla serie: fin dalle prime battute vi abituerete al fatto che il cast, di tanto in tanto, comincerà improvvisamente a cantare e ballare, proprio come succede in alcuni musical cinematografici.

Può sembrare strano di primo acchito, ma si tratta di una di quelle cose che danno alla serie Rhapsody una personalità unica; e sebbene non possa vantare una trama in grado di rivaleggiare con quello che all’epoca proponeva un Final Fanasy qualunque in termini di profondità dei personaggi e scrittura, le sue stranezze sono proprio ciò che rendono la serie ancora in grado di dire la sua a più di vent’anni di distanza dalla sua uscita originale.

A chiosa del nostro commento sul comparto narrativo, vogliamo sottolineare la bontà dell’adattamento in inglese, che si avvale anche di un doppiaggio di altà qualità. Potrete comunque scegliere quale audio mantenere, tra doppiaggio originale ed inglese, ma il lavoro svolto è davvero valido.

A livello tecnico non è stato fatto un lavoro che vada al di là del semplice miglioramento della risoluzione e poco altro. Fortunatamente, i giochi non sono invecchiati affatto male, soprattutto Rhapsody II, che è un esempio concreto di come la pixel art sia in grado di regalare scorci meravigliosi anche a distanza di vent’anni.

Immagine id 4031
La mancanza del primo episodio si sente: recuperatelo prima, se potete.

Il discorso cambia un po’ per Rhapsody III: il passaggio a delle ambientazioni tridimensionali fa perdere un po’ di magia al comparto estetico, perché qui il tempo passato si nota eccome – e ciò che vent’anni fa poteva sembrare pionieristico, oggi sa soltanto di vecchio, con una perdita di personalità non indifferente rispetto al predecessore. A livello di conversione è stato fatto un ottimo lavoro, e non abbiamo avuto problemi sulla nostra Nintendo Switch (di cui trovate la splendida versione Oled su Amazon).

Molto buona, invece, la colonna sonora di entrambi i capitoli. Non siamo di fronte alle migliori OST di sempre, sia chiaro, ma ci sono molti brani piacevoli, a partire da quelli dei siparietti da musical che accompagnano entrambe le avventure.

Più classico di così, si muore

Passiamo quindi al gameplay di Rhapsody: Marl Kingdom Chronicles. I due titoli contenuti nella collection presentano delle differenze notevoli, pur rimanendo comunque incastonati nell’esperienza di “classico JRPG” degli anni ’90.

Abbiamo quindi dei giochi in 2D con visuale dall’alto, delle quest da seguire, un party da allenare, mondi da esplorare, un combat system a turni e tutto quello che vi potreste aspettare da un gioco figlio di questa epoca.

Non c’è quindi molto da dire sul gameplay di base; piuttosto è interessante soffermarsi su altri aspetti, vale a dire sul battle system e sulla complessità e durata dell’avventura.

Il battle system, infatti, muta notevolmente tra un capitolo e l’altro. Rhapsody II propone un classicissimo combattimento a turni: potrete utilizzare attacchi e attacchi speciali del vostro personaggio, sfruttare oggetti, magie e tutto quello che vi potreste aspettare in un JRPG.

In battaglia potrete anche utilizzare i Puppet, delle creature che accompagnano Kururu nel suo viaggio e che funzionano, sostanzialmente, un po’ come le summon di Final Fatasy, per intenderci.

Immagine id 4039
Il terzo episodio adotta un battle system differente.

Un battle system veramente familiare, dunque, che saprà sicuramente divertire chi è affezionato a questa particolare formula di gioco, visto anche che oggi è sempre meno diffusa.

I due giochi inclusi propongono un combat system differente l'uno dall'altro.
In Rhapsody III la struttura viene leggermente rivista. Adesso in battaglia vengono schierati molti più personaggi, suddivisi in delle griglie da quattro. La griglia principale è l’unica di cui abbiamo un controllo diretto, mentre alle retrovie è assegnato un compito di supporto, ma sono pronte a subentrare nell’azione in caso un personaggio venga sconfitto.

Si tratta di una variazione che rende il sistema più complesso – ma non di troppo visto, che comunque il comando diretto è limitato solo ad alcuni personaggi. Noi abbiamo preferito la variante più classica proposta da Rhapsody II, ma davvero si tratta di due combat system validi e la preferenza per uno dei due è solo una questione di gusto personale.

Insomma, siamo di fronte a due esperienze JRPG che non si distaccano dalla massa proponendo qualcosa di radicalmente differente; piuttosto, la proposta di Rhapsody: Marl Kingdom Chronicles si concentra sul consegnare al giocatore una solida esperienza JRPG, senza guizzi ma anche senza fastidiose problematiche.

A distinguere la serie dalla concorrenza ci pensano due fattori: complessità e durata. Rhapsody è infatti una serie famosa per la sua accessibilità, venendo da un periodo in cui molti JRPG erano una garanzia, quando si trattava di sudare le proverbiali sette camicie. I due titoli sono forse leggermente più difficili del primo episodio ed offrono un livello di difficoltà selezionabile, ma diciamo che, in linea generale, rimangono comunque dei adatti anche a dei novizi, complice una durata sensibilmente inferiore rispetto agli standard del genere.

+1

La collection non ha apportato notevoli migliorie a livello di gameplay, ma possiamo comunque contare sulla possibilità di salvare ovunque e sull’opzione di velocizzare i dialoghi, elementi solo apparentemente di poco conto.

Insomma, Rhapsody: Marl Kingdom Chronicles propone due giochi che non hanno fatto la storia del genere, ed è evidente il perché; da una parte abbiamo una trama leggera e scanzonata, riuscita certamente, ma anche poco memorabile, e dall’altra troviamo un gameplay che non vuole andare oltre la classica formula JRPG.

Nonostante questo, però, torniamo al discorso iniziale: si tratta comunque di due giochi dotati di una personalità unica, che pur non pretendendo di raggiungere lo status di capolavoro o di titolo imperdibile riescono comunque a fornire un’esperienza solida nel loro genere, proprio grazie alla loro unicità, alle loro stranezze e, sì, anche ai loro difetti. E alla fine è proprio questo che conta.

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