Vite in Gioco

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a cura di Phoenix

La vendetta ha sempre un prezzo; e la sete di vendetta è il leitmotiv dell’intera saga di Legacy of Kain, una serie che nasce nel 1999 su PC e PlayStation con il titolo Blood Omen: Legacy of Kain. La storia dei protagonisti, Kain e Raziel, si intreccia, e si fonde, a partire dallo stesso sentimento, da quella stessa sete di vendetta che lascia dietro di sè un vuoto assoluto, una disarmante amarezza che nasce dalla consapevolezza di essere stati, irrimediabilmente, delle semplici pedine nelle mani destino. La sete di vendetta alimenta la battaglia di Kain tanto quella di Raziel, fino a condurli uno dinanzi all’altro, in uno scontro interminabile, dal sapore antico di un contrappasso dantesco. Uno scontro che apre, dinanzi ai videogiocatori, una trama per nulla banale, ricca di colpi di scena, e con qualche spunto di riflessione sull’impossibilità di fuggire dal proprio destino. I nostri protagonisti non sono altro che armi nelle mani del fato, minacciato da coloro che, nell’ombra, tessono trame subdole, di conquista e di potere. La storia di vendetta si trasforma, così, in una graduale consapevolezza di ciò che deve essere fatto, e di come deve essere fatto; con Raziel che, comprendendo il suo destino e compiendo il sommo sacrificio, arriva ad osservare il vero volto del suo nemico, abbandonando la sua vendetta, ma definitivamente pronto a combattere la sua vera battaglia.
Nosgoth è il teatro narrativo di una storia complessa, trasfigurata più volte dal desiderio di vendetta inappagato, incompreso, irrealizzato; una vendetta che tiene celato il vero Male che si annida, calcolatore, nelle fitte ombre del destino. Una trama che solo Kain è destinato a portare a compimento, ma che solo Raziel, pagando in anticipo il prezzo della sua vendetta, è destinato, irrimediabilmente, a realizzare. Così, le vicende di Raziel si tingono di toni maturi, quasi introspettivi, poichè nella sua lotta, assetato di anime e di vendetta, egli non trova altro che se stesso, il suo destino e, a conti fatti, la sua stessa fine.
Fame di Anime
La sete di vendetta non poteva trovare una metafora migliore di quella rappresentata dallo stesso Raziel. Dopo essere rimasto confinato nell’Abisso, la sua natura, la sua essenza è profondamente cambiata, trasformando la sua sete di sangue, in fame di anime. Così, la sua vendetta sembra dover compiersi nel modo più cruento possibile, con il nostro protagonista che “divora” l’anima di colui che l’ha gettato nelle profondità della dimenticanza. Quel vampiro, confinato nel Regno Spettrale, è ora deciso a condurre una guerra personale contro i suoi simili, divorando le anime di tutti coloro che, per dovere o per scelta, si opporranno al suo cammino. Eppure, la personalità e le emozioni di Raziel in alcuni momenti sembrano vacillare, come se le sue certezze, in un istante, crollassero tutte dinanzi ai suoi occhi, e rievocando, in lui, sentimenti eminentemente umani come dovere, giustizia e sacrificio. In questi momenti, il nostro personaggio sembra veramente combattuto tra il suo desiderio di vendetta e i suoi obblighi verso la terra di Nosgoth, una terra che deve essere protetta da un nemico incombente, preservata nel suo equilibrio, purificata dal caos.
A partire da questi momenti il suo viaggio diventa essenzialmente introspettivo, ed egli arriva pian piano, con l’evolversi della fitta trama, a compre se stesso, il suo ruolo nelle terre di Nosgoth e, soprattutto, la sua stessa “fame di anime”. Il videogiocatore assiste a queste “rivelazioni” assieme allo stesso Raziel, e assieme a lui, come un oscuro scrutare all’interno della sua coscienza, arriva a comprendere che questo personaggio non è più un vampiro, nè un uomo, nè Raziel stesso, egli altro non è che il “Mietitore di Anime“, lo spirito vivente, nonchè vera essenza, della Soul Reaver.  In questo modo, l’agonia, il dolore e il tormento del nostro protagonista assumono un significato più generale e profondo; come se fossero proprio i tormenti provati nell’abisso il vero prezzo da pagare per ottemperare al suo scopo ultimo.
Un destino sconfitto
In Soul Reaver, e nell’intera saga, il destino ha due forme ben distinte. Una materiale, malvagia e maligna, nemica della libertà di scelta; ed un’altra spirituale, quasi letteraria, che spinge le coscienze ad agire, a compiere, in autonomia le proprie scelte assumendosi le proprie responsabilità. All’interno dell’avventura di Raziel, lo scontro tra queste due facce della stessa moneta si fa sempre più vivido, palpabile, “reale”. Il Dio Anziano, custode della Ruota del Destino, non riesce a mettere ordine nel caos creato da Kain, e tenta, così, di sfruttare la rabbia del nostro personaggio, e il suo desiderio di vendetta, per mettere in atto i suoi piani e la sua personale vendetta. Eppure, a conti fatti, Raziel è ormai libero da questo subdolo ciclo di rinascite e di morti dettato dal Dio e dal destino; così, sia Raziel che Kain, divengono strumenti essenziali di quel fato benevolo che sorride all’uomo, artefice del suo destino, ma relegato, necessariamente, all’interno di alcune leggi imprescindibili, che non possono essere negate, nè sospese per semplice capriccio. Ed è così che la figura di Raziel si evolve, e si fa più forte, per scoprire che le nostre scelte influenzano il nostro mondo anche se, alla fine, ognuno di noi dovrà fare i conti con con le proprie decisioni, e i propri atti; alla fine di tutto, Raziel si erge e si trasfigura, pronto a cambiare la realtà poichè ha finalmente scoperto che, anche all’interno di un circolo, anche all’interno delle trame prescritte del fato, è sempre possibile fare cosa giusta.
Un male antico…e necessario
Forse, la vera sconfitta di Raziel arriva quando Janos Audron gli confessa l’importanza dell’esistenza dei vampiri. I Pilastri di Nosgoth si sgretolano, come le menzogne dinanzi alla verità, e in quell’istante lo scontro interiore del nostro protagonista è essenzialmente manifesto, con la necessità di rinunciare alla distruzione dei vampiri per poter salvare Nosgoth dalla distruzione che causerebbero gli Hylden. Così, l’epilogo della storia del nostro protagonista, già scritto tra le trame del fato, si realizza ponendo fine alla sua battaglia, e al suo desiderio assoluto di vendetta. Raziel diviene lo spirito che dimora all’interno della Mietitrice di Anime, uno spirito puro grazie al quale Kain riesce a mettere in fuga l’Anziano Dio.
Nosgoth, probabilmente, non è ancora salva, eppure Raziel, in assoluta libertà, ha scelto di compiere il suo destino di Divoratore di Anime, facendo ritorno, esattamente, nel punto da cui la sua avventura era paradossalmente cominciata. Un’avventura che, forse, non poteva concludersi in modo diverso, a tratti fin troppo prosaico, ma assolutamente perfetto e, soprattutto, credibile. Come ho detto, la vendetta ha sempre un prezzo.

Quello di Soul Reaver è un universo immaginario, profondo, che riesce a riproporre una storia che, pur rimanendo all’interno di alcuni topoi classici, è in grado di rivoluzionare spesso gli schieramenti di forze in atto. Il videogiocatore, in più di un’occasione, avverte chiaramente che la storia di Raziel non è nient’altro che un piccolo tassello di un enorme mosaico fatto di mille colori e mille forme differenti; e nel maturare questa consapevolezza, non si può non rimanere ammirati da questo personaggio, il quale, nell’accettare il proprio fato, ha dimostrato, a conti fatti, di avere ancora la sua anima.

“La discesa mi aveva distrutto, eppure vivevo ancora.” (Raziel – Legacy of Kain: Soul Reaver)