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Avatar di Phoenix

a cura di Phoenix

Pubblicato il 02/10/2013 alle 00:00

È difficile capire chi siamo; e ancor più difficile è comprendere cosa dobbiamo fare, cosa siamo destinati a fare, le imprese che siamo destinati a compiere, le persone che dobbiamo incontrare. Scoprire il nostro ruolo nel mondo è un’impressa ardua, complessa, stancante. Fire Emblem: Path of Radiance, sviluppato da Intelligent System e prodotto da Nintendo, conduce, il videogiocatore attento, a riflettere su questi temi importanti e sempre attuali. Il titolo procede attraverso lo sviluppo delle vicende di Ike, protagonista della storia e personaggio davvero ben raccontato, nonché singolarmente ben caratterizzato. La sua personalità, e la sua evoluzione, dona spessore al titolo, arricchendo, inevitabilmente, la sua trama e l’impatto che essa riesce ad avere sul videogiocatore.
All’interno del mondo di Fire Emblem: PoR, Ike riesce, senza sforzo, a discostarsi dalla classica e fin troppo comune figura dell’eroe destinato a salvare il mondo, a sconfiggere il male e portare la tanto agognata felicità; e quindi, a suo modo, questa figura ormai dimenticata, ci porta a riflettere sul ruolo del destino, sul significato delle nostre azioni e, soprattutto, sul rispetto di ciò che siamo.
L’eredità di un padre
Ike non ha scelta. Deve assumere il comando delle forze mercenarie guidate dal padre, Greil. Ed è a questo compito che, fin da bambino, è stato destinato ed istruito. La prematura scomparsa del padre costringe Ike ad assumersi quel ruolo; il destino gli si presenta davanti e, senza indugiare, gli ricorda che, per lui, non c’è nessuna scelta, nessuna possibilità di fuggire, né di percorrere un binario che sia diverso da quello già percorso dal padre. La vera storia di Ike comincia qui, con l’accettazione dell’inevitabile. La sua evoluzione come personaggio prende avvio da questa sua condizione di schiavitù, una schiavitù più dura di quella eminentemente fisica, una schiavitù in grado di piegare la coscienza su stessa, nel diniego e nell’abnegazione di se stessi. Eppure, è proprio in questo momento che la figura di Ike inizia a divenire interessante e, soprattutto, inizia a concedere, al videogiocatore profondo, delle riflessioni mature; poiché egli raccoglie quell’eredità, e fronteggia il suo destino, in modo del tutto naturale, con fermezza e, inevitabilmente, con un atto di libertà. Dal banale ragazzo sempliciotto e anche un po’ naive, come ci viene presentato all’inizio, Ike comincia, in questo modo, il suo percorso verso la maturazione interiore, una maturazione che lo porterà a diventare non solo un guerriero coraggioso, ma anche un uomo pienamente consapevole di sé stesso e dell’ipocrisia che, a volte, lo circonda e lo avvolge, come un serpente che tenta, avidamente, di soffocare la sua inerme preda tra le sue terribili spire.
L’evoluzione di questa figura prende avvio, pertanto, con la stoica consapevolezza che, per l’uomo, la libertà più sublime, e più grande, sia quella di poter conformare il proprio volere alla decisione che il Fato ha, con saggezza, compiuto per noi.
In principio la Vendetta
Per la maggior parte della sua avventura, Ike è mosso dal desiderio di vendicare suo padre. Nessuno spirito eroico, o desiderio di libertà. Per lui non c’è vittoria, non c’è trionfo, né serenità, non finché la sua vendetta non sarà compiuta. Eppure, Ike è un personaggio che riesce a trovare da solo, senza l’ausilio di inutili forzature, un motore diverso da questo desiderio. La sua vendetta riesce a passare in secondo piano, pur restando sempre viva all’interno della sua coscienza che lotta per non dimenticare e, nello stesso tempo, per non farsi schiacciare da quell’enorme peso di un desiderio inappagato. Il desiderio di vendetta si acquieta, trovando un momentaneo sollievo, quando le battaglie che egli deve compiere sono mosse da altri sentimenti, da altri obiettivi, da diverse emozioni. Così, l’evoluzione di questo personaggio si compie anche, e soprattutto, nel suo modo di concepire la vendetta, una vendetta destinata inevitabilmente a realizzarsi solo in Fire Emblem: Radiant Dawn, quando il processo di maturazione del nostro protagonista è ormai compiuto; quando il suo spirito è ormai temprato e realizzato attraverso le battaglie vissute, ed egli può così dirigersi, con serenità, verso una terra diversa, lasciandosi Tellius definitivamente alle spalle.
La vendetta si compie, per Ike, in maniera diametralmente opposta da come era sorta. Nasce dalla rabbia di un legame spezzato e si compie, invece, con la consapevolezza della sua necessità, e con la paradossale importanza degli avvenimenti che quel sentimento ha contribuito a creare. Ed è proprio in questa necessità che si consuma, inevitabilmente, la frattura con il suo destino, quel destino che, improvvisamente, consapevole di essere stato definitivamente accettato, allenta inesorabilmente la sua atroce presa, lasciando, con un sorriso amichevole, che il nostro protagonista si allontani, e si faccia, finalmente, artefice indiscusso del proprio cammino.
Conoscenza di sé
Esiste un altro punto interessante che Ike riesce, attraverso le sue vicende, a palesare dinanzi al videogiocatore. Egli è un personaggio che non rinnega mai se stesso; il suo essere non è mai in forse. Le sue origini non sono nobili, egli non fa parte di nessuna famiglia importante, eppure, questo, non è un motivo sufficiente per desiderare qualcosa di più. In questa figura non c’è alcun desiderio di essere qualcosa di diverso da se stesso; in lui non c’è alcuna intenzione di diventare un nobile, né di essere chiamato con il tanto osannato titolo di Lord.
La storia di Ike è una storia di maturazione, sia esteriore che interiore; una storia che, abbattendo uno dei topoi più classici di questo tipo di narrazione, è dominata da un protagonista che non viaggia per diventare qualcuno, o per compiere un’eroica avventura, bensì per trovare se stesso, per completare la sua ricerca del sé, per ottemperare ad uno scopo che, apparentemente, risulta palese sin dall’inizio, ma che, a conti fatti, si rivela ben più profondo, e più nascosto, di quanto il videogiocatore potesse, inizialmente, immaginare. Così, la figura di Ike riesce a catturare, a farsi amare e ricordare dal videogiocatore, che chiude la sua avventura con la consapevolezza di aver conosciuto un personaggio particolare, a tratti singolare e, per certi versi, unico; le vicende di questo personaggio, con la grazia propria unicamente della semplicità e della passione, riescono a far riflettere su alcuni temi importanti e difficili, ma, soprattutto, riescono a riportare alla mente un personaggio che, in un modo tutto suo, ha fatto i conti con il Fato, divenendo, a conti fatti, il suo amico più stretto.

Scrivere un articolo su Ike, devo ammetterlo, non è stato facile. Ike è un personaggio che si tira fuori, con grande grazia, dal pericolo e dallo scempio della banalità. E ogni videogiocatore se ne accorge sin da subito; lo si avverte, lo si percepisce, come un marinaio che sente, senza una spiegazione razionale, l’arrivo imminente di una tempesta. Il procedere della sua avventura non fa che confermare, con profonda sincerità, quella che, all’inizio, era una semplice intuizione. Eppure, spiegare in qualche modo tutto questo non è stato semplice, poiché, a volte, le parole non sono sufficienti per spiegare i concetti, né per esaurirli o per definirli. Ancora una volta lascio una frase, poche parole che sembrano descrivere, perfettamente, il cammino del nostro personaggio:

“La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli.” (Aristotele)

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