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Vite in Gioco

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a cura di Phoenix

Pubblicato il 20/06/2013 alle 00:00

Questa settimana, a grande richiesta, la rubrica Vite in Gioco si propone una riflessione sul protagonista delle avventure della serie di videogiochi targati Bioware, Mass Effect. Il primo Mass Effect uscì in temporanea esclusiva su Xbox 360 il giorno 26 novembre 2007, configurandosi sin da subito come un acquisto obbligatorio per tutti gli amanti dei giochi di ruolo occidentali e del genere sci-fi. Il comandante, attraverso i suoi viaggi, e le sue avventure, offre al videogiocatore numerosi spunti di riflessione. Lo sviluppo interstellare, la convivenza tra le razze e il progresso tecnologico sono tutti temi che si trovano già magistralmente narrati in film come Star Wars di George Lucas e Star Trek, tanto per citarne alcuni, ma anche in libri e racconti di grandi scrittori come George H. Wells e Isaac Asimov. Tuttavia, la figura di Shepard, e l’universo di Mass Effect, offrono degli spunti di riflessioni davvero profondi ed originali, portando all’attenzione del videogiocatore temi che non solo coinvolgono problematiche assolute della filosofia moderna, ma anche, e soprattutto problematiche strutturali della contemporanea indagine politica, pragmatica e positivista.

All’umanità.
Attraverso la figura del comandante Shepard, il videogiocatore profondo e maturo è spinto verso una riflessione decisamente importante; egli è spinto a riflettere sul ruolo e sull’importanza dell’autocoscienza. In un mondo come il nostro, ciò che accomuna tutte le razze è il “semplice” concetto di umanità. Ma all’interno di un universo così poli-etnico ed eterogeneo come quello di Mass Effect, il fattore discriminante non può essere l’umanità; questo concetto perde completamente il suo apparente carattere di universalità. Qual è, allora, il fattore discriminante?
La risposta a questa disarmante domanda risiede proprio nel concetto di autocoscienza. I dialoghi del nostro personaggio pongono spesso dinanzi al problema di cosa sia un essere senziente. Un essere senziente non è altro che un essere che ha sviluppato l’autocoscienza, ovvero la coscienza di sé come essere pensante, un essere in cui l’intelletto è in grado di pensare se stesso. Questo è ciò che divide e differenzia a livello strutturale e universale gli organici dai sintetici. Il titolo Bioware riesce a non cadere in contraddizione con se stesso quando spiega e mostra lo sviluppo dei Geth. Essi, una razza di sintetici, hanno sviluppato una sorta di autocoscienza di massa; e ciò non basta a renderli del tutto simili agli organici, poiché la vera autocoscienza è quella del singolo, è la “coscienza di sé” che si riflette e assume, eventualmente solo in un secondo momento, la forma di una “coscienza del noi”. Eppure, va detto, il titolo Bioware in alcuni casi sembra confondere il videogiocatore, costringendolo a districarsi in problematiche di non facile lettura. In alcuni casi, infatti, Mass Effect sembra dimenticare ciò che Shepard stesso rappresenta: la dicotomia tra essere senziente e essere intelligente. Gli sviluppatori, in alcune circostanza, forse volutamente, creano confusione tra questi due concetti e riducono l’autocoscienza alla mera e semplice “coscienza”. Il videogiocatore attento, tuttavia, non si lascia ingannare, portando sempre salda, dentro di sé, la differenza reale tra l’essere intelligente e l’essere senziente; il primo, come il secondo, è un essere cosciente, ma solo il secondo ha sviluppato la piena coscienza di sé come essere pensante, ovvero l’autocoscienza. Il comandante Shepard è l’incarnazione di questa dicotomia, è il sommo rappresentante, all’interno dell’universo di Mass Effect, dello sviluppo dell’autocoscienza. Egli è la dimostrazione che per creare un essere senziente non basta un altro essere senziente, egli è la dimostrazione del fatto che per creare un’autocoscienza non basta la tecnologia, egli è la dimostrazione del fatto che l’autocoscienza, per nascere, non può fare a meno della natura, del caso, del destino o, se volete, dell’intervento divino.L’intero universo di Mass Effect, attraverso la figura del nostro personaggio, racchiude il problema dell’autocoscienza; il finale delle vicende di Shepard nasconde, in senso eminentemente metaforico, la sconfitta della semplice coscienza che si crede autocoscienza e, nello stesso tempo, la vittoria dell’autocoscienza che, tramite la scelta del proprio destino, diviene, in modo assoluto, Ragione.
La Guida della Ragione.
E dopo questo splendido esempio di come la dialettica hegeliana possa entrare, a tutti gli effetti, in un videogioco, la nostra riflessione si sposta sugli evidenti temi politici. La controparte “degenerata” del nostro comandante, il sommo nemico di ciò che Shepard rappresenta, è la tecnocrazia che si esprime attraverso il governo mondiale intergalattico. Sembra, infatti, che ogni razza dell’universo abbia consciamente accettato il principio secondo cui una buona dittatura sia meglio di una cattiva democrazia. Le vicende del comandante si agitano su questo sfondo politico e pragmatico, tipico della moderna concezione positivista della giustizia come controllo delle masse. Shepard è diverso; sullo sfondo della cattiva politica, egli è un anarchico che lavora al servizio della buona politica. Gli stessi Razziatori sono una conseguenza necessaria, ed una firma indelebile, dello sfondo culturale e politico tecnocratico. La tecnocrazia di Mass Effect si basa, a tutti gli effetti, sul principio della psicostoria; ovvero sul principio che assume come prevedibili, mediante formule matematiche, i comportamenti delle masse. I Razziatori sono, e restano, la somma espressione di questa psicostoria, la delirante convinzione che una coscienza non possa mai vincere il confronto con se stessa e divenire, a tutti gli effetti, una piena Ragione. La figura, e le vicende di Shepard non sono altro che una critica ed una lotta a questo tipo di cultura positivista e tecnocratica, così la figura del comandante Shepard, alla fine del suo cammino, impone una riflessione importante e profonda: la qualità di una macchina dipende sempre dalla ragione e dall’intelletto che la utilizza. Questo mi ha riportato alla mente una frase di Umberto Eco, il quale, interrogato sull’era delle macchine e del computer, risponde con queste parole:
“Il computer non è una macchina intelligente che serve ad aiutare le persone stupide; è una macchina stupida che funziona bene solo nelle mani di una persona intelligente.”
Il comandante Shepard rappresenta la sconfitta della psicostoria. Egli è l’esempio che i comportamenti, che definiamo umani, non sono prevedibili né da formule matematiche né da scienziati dotati di intelletto superiore. Lo sviluppo tecnologico deve sempre essere regolato dalle leggi etiche e morali, e non viceversa. Se lasciassimo che la tecnologia guidasse le nostre coscienze, finiremmo per credere che le macchine, e i computer, siano nati per sopperire alla nostra “umanità”, finendo, in altre parole, in un universo tecnocratico in cui le macchine guidano la ragione, dimenticando che una macchina è, per essenza, una buona macchina solo se a guidarla c’è una buona ragione. Gli ideali della psicostoria sono sconfitti da colui il quale, nel finale della sua battaglia, è costretto ad una scelta, una scelta che non è prevedibile da nessuna formula, una scelta che non si fonda sulle regole della politica, una scelta che non può essere compresa da una macchina, proprio perché essa risulta, a conti fatti, una scelta. Le macchine non scelgono. Per l’uomo, invece, esiste sempre una scelta.

La trilogia di Mass Effect è un salto nel futuro. Uno sguardo generale, quasi ossessivo, su uno degli infiniti possibili futuri. La figura di Shepard ci insegna che esistono infinite cose che possiamo perdere, eppure dobbiamo imparare a custodire gelosamente almeno una di queste cose: la nostra umanità. Come consuetudine chiudo l’articolo con una frase che rappresenta al meglio le riflessioni sin qui condotte.

“Niente come tornare in un luogo rimasto immutato ci fa scoprire quanto siamo cambiati.” (Nelson Mandela)

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