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Vite in Gioco

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Avatar di Phoenix

a cura di Phoenix

Pubblicato il 14/05/2013 alle 00:00

Il personaggio preso in oggetto dalla rubrica Vite in Gioco è, questa volta, un personaggio femminile. Si tratta di Trip, protagonista di uno splendido viaggio all’interno del videogioco, sviluppato da Ninja Theory e prodotto da Namco Bandai, Enslaved: Odyssey to the West. Il titolo è uscito in Europa il giorno 8 ottobre 2010 per PlayStation 3 e Xbox 360. Dal punto di vista ludico, Trip non è la vera protagonista del titolo, poiché il videogiocatore per l’intero arco di gioco controlla in realtà il suo accompagnatore, Monkey. Tuttavia, chi scrive, ha scelto lei come protagonista di questo articolo e, come sempre, le scelte sono dettate da una ragione, da una motivazione che per la verità è inizialmente abbastanza semplice: è la nostra giovane protagonista, Trip, che permette l’inizio del lungo cammino che il videogiocatore è chiamato a percorrere assieme ai due protagonisti.

Un viaggio emozionante
Enslaved è, come prevedibile, un viaggio. Un viaggio che, non a torto, potremmo definire assolutamente emozionante; perché effettivamente le emozioni prendono vita e animano il viaggio in modo palese, esplicito, reale. Il viaggio di Trip comincia con due emozioni, la paura della realtà e l’amarezza della solitudine; il suo viaggio, allo stesso modo, si conclude con due emozioni: la tristezza della consapevolezza e la gioia della compagnia. Questi sono gli estremi del viaggio; un viaggio ricco di peripezie e di situazioni difficili, quel genere di situazioni che mettono alla prova le emozioni e che, in alcuni casi, sono addirittura in grado di plasmare, dal nulla, le emozioni. Il viaggio di Trip e Monkey è un viaggio verso la salvezza. Una salvezza che nasconde, al di là di ogni banalità iniziale, un valore metaforico, profondo, filosofico; inizialmente il videogiocatore è persuaso che chi si debba salvare siano i protagonisti del titolo, che essi debbano fuggire verso ovest in cerca della salvezza, ma in realtà non è affatto così. La vera salvezza è quella dell’uomo dalla macchina, è quella della realtà dall’illusione, perché quando i nostri protagonisti, e con essi il videogiocatore, raggiungeranno l’anelata meta non troveranno la salvezza, bensì la verità. Essi si renderanno conto che la fine del loro viaggio è, in realtà, semplicemente l’inizio di un nuovo cammino di emozioni.Qui è dove si realizza la vera salvezza, poiché il luogo in cui si consuma il divario tra uomo e macchina tra realtà e finzione è quello della profondità della coscienza, è il luogo in cui albergano le emozioni, quelle emozioni che una macchina non sarà mai in grado né di provare né di comprendere. La liberazione, di cui parla il titolo, non è quella di Monkey o di Trip, ma è, a conti fatti, la liberazione degli uomini dalla finzione, una liberazione che è, al contempo, un’affermazione sicura della singolarità propria di ogni essere umano.Giunti al confronto finale con Pyramid, i nostri protagonisti, sono posti dinanzi ad una scelta: vivere di impulsi e di finzione, come delle macchine, o vivere, in sostanza, da esseri umani, provando delle emozioni reali, consapevoli, vere. Ancora una volta si rivela fondamentale la figura della nostra protagonista, Trip, che sceglie la realtà, distruggendo l’illusione, Pyramid. Poiché, come si dice dalle mie parti, l’uccello in gabbia non canta per amore, ma per rabbia.
L’intera odissea dei protagonisti di Enslaved si carica, così, di un nuovo e più profondo significato, il quale fonde, in un Tutto, liberazione e felicità: la felicità non vale la finzione di essere felici, la felicità non vale un mondo creato ad hoc per essere felici, la felicità non vale il sacrificio della realtà delle proprie emozioni. Come scrive J. W. Goethe: “Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo”.
Al di là di questo profondo significato, Enslaved evidenzia e sottolinea anche un’altra questione, di natura più pratica, ma non meno importante; il nostro mondo è solo uno dei mondi possibili, sta a noi la scelta se renderlo migliore o peggiore, e nel fare la nostra scelta dobbiamo sempre pensare a coloro che verranno dopo noi. Pertanto, Enslaved: Odyssey to the West, con grande delicatezza e sentimento,invita, il videogiocatore attento e profondo, ad un breve, ma nello stesso tempo assoluto, esame di coscienza, con la stessa grazia che Bertolt Brecht infonde alla sua celebre poesia “A coloro che verranno”, scritta nel 1938 e di cui, con grande gioia, cito un breve estratto:
“Eppure lo sappiamo:
anche l’odio contro la bassezza 
stravolge il viso.
Anche l’ira per l’ingiustizia 
fa roca la voce. Oh, noi 
che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza, 
noi non si poté essere gentili. 
Ma voi, quando sarà venuta l’ora 
che all’uomo un aiuto sia l’uomo, 
pensate a noi 
con indulgenza.”
Viaggio in Occidente
Mio parere personale è quello che Enslaved: Odyssey to the West sia ispirato al classico della letteratura cinese “Il viaggio in Occidente”, pubblicato nel 1590 circa da un anonimo scrittore. Il testo, un’opera colossale, profonda ma nello stesso tempo semplice e fruibile, è una metafora racchiusa all’interno di un viaggio: il racconto di un viaggio, compiuto da un monaco buddhista, verso l’illuminazione. Anche da questa breve descrizione del testo si possono cogliere le simmetrie con il videogioco di Ninja Theory; il viaggio di Monkey e Trip è un viaggio che li conduce, inevitabilmente, alla comprensione della vera natura dell’uomo e della realtà, inoltre esso risulta un viaggio non meramente fisico, bensì soprattuttointeriore e spirituale. La conoscenza e il sapere raggiunti alla fine della loro avventura non sono semplicemente esteriori, non riguardano l’essere delle cose, bensì la loro essenza, la loro natura, il loro spirito; questo tipo di conoscenza è ciò che il buddhismo definisce “Illuminazione”.
Il viaggio compiuto dal videogiocatore si rivela, pertanto, decisamente profondo. Il finale inizialmentelascia quasi basiti, incerti, a tratti amareggiati, e si ha la vaga sensazione di essere stati letteralmente ingannati; eppure sono proprio queste sensazioni che aprono le porte della riflessione, che concedono, al videogiocatore, una possibilità di accrescere la propria consapevolezza e il proprio spirito grazie ad un qualcosa che è definito con la parola “videogioco”, ma che, a conti fatti, si rivela essere un qualcosa di più, o, se volete, un qualcosa di meno di un mero e semplice gioco.

Dal punto di vista dei contenuti, Enslaved si rivela davvero un gioco come pochi. Fornisce, probabilmente, pochi importanti spunti di riflessione, ma lo fa con una poesia e un potere metaforico davvero degno di nota. I protagonisti, va detto, non sono altamente carismatici, ma il loro cammino si rivela oltremodo profondo, toccando temi degni di essere discussi e commentati.

“Chi è nell’errore compensa con la violenza ciò che gli manca in verità e forza” (J. W. von Goethe)

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