Occhio Critico - Switch e le critiche sbagliate

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

In seguito all’imponente coverage che vi abbiamo offerto negli ultimi giorni, avrete sicuramente già avuto modo di farvi una vostra idea su Nintendo Switch, la prossima console di mamma Nintendo, pronta a sbarcare nel belpaese (e in tutto il resto del mondo) alle idi di marzo.
Anche Occhio Critico si è fatto la sua, ma, soprattutto, nell’era dei miracolosi social network, ha potuto tastare con mano la reazione degli utenti italiani agli annunci della conferenza notturna della casa di Kyoto, constatando, tristemente, come moltissime persone abbiano sommerso Switch di critiche immotivate ed eccessive, tralasciando, invece, alcune delle reali criticità della macchina che, pur estremamente affascinante, non è assolutamente esente da difetti.
Pronti ad una robusta dose di polemiche ed osservazioni fuori dal coro?
Benvenuti nella nuova puntata di Occhio Critico.
Ipocrisia imperante
La madre di tutte le critiche, che poi è anche quella che maggiormente mi ha divertito, risiede nel prezzo di lancio: poco meno di 330 euro, peraltro senza che nelle confezione vi sia un gioco incluso.
Detto che mi sarei aspettato anche io qualcosa di meno, vanno fatte due considerazioni, una attinente al prezzo percepito dal pubblico e l’altra all’ipocrisia imperante, nell’epoca degli smartphone.
Partiamo dalla prima: la maggioranza dell’utenza italiana si aspettava di spendere 250 euro o giù di lì, e grida quindi allo scandalo per l’ottantina di euro di differenza rispetto alle aspettative, peraltro mai suffragate da null’altro se non le fosche previsioni di sedicenti analisti.
Perché, dinanzi ad un’azienda che ha dimostrato di dare valore, negli anni, ai soldi del suo pubblico ma anche ai suoi prodotti, si storce il naso per ottanta euro e in altri casi, dinanzi a loghi assai più “di moda”, si sborsano centinaia di euro senza colpo ferire?
Probabilmente, in un’epoca di influencer e brillanti campagne di marketing, la scarsa propensione di Nintendo a veicolare di sé un’immagine giovane, trendy, elegante (uno degli aspetti in cui, innegabilmente, il colosso nipponico potrebbe e dovrebbe migliorare) si riflette sulla percezione del pubblico e, conseguentemente, sulla volontà di quest’ultimo di mettere mano al portafogli.
Ma ciò che maggiormente mi ha divertito, e su cui mi piacerebbe che tanti riflettessero, è leggere i commenti di centinaia di persone inorridite dal prezzo di lancio di Switch quando, di media, cambiano smartphone una volta ogni anno, spendendo cifre ben più consistenti per una fotocamera con due megapixel e un processore con mezzo giga di ram in più.
Quando si tratta di Nintendo, insomma (ma è un discorso applicabile al mondo delle console in generale), diventano tutti improvvisamente attenti al soldo, al bilancio familiare, all’università dei figli (che magari ancora non hanno).
E che non mi si venga a dire che lo smartphone lo si usa per mille cose e non solo per giocare, visto che la stragrande maggioranza dell’utenza non utilizza che social network, messaggistica istantanea e Youtube.
Rimanendo sempre sul versante economico, un altro punto caldo è rappresentato dalle torve previsioni di quelli che “se Nintendo sbaglia anche con Switch, rischia la fine di Sega”.
Se non ve ne foste accorti, Nintendo, anche solo limitando l’analisi all’ultimo lustro, ha sempre trovato modi alternativi per fare soldi. Tanti soldi.
Lo straripante successo del Nintendo Classic Mini vi dice qualcosa? Ci serviva davvero, con tre quarti del parco titoli già presenti su Virtual Console? Probabilmente no. Lo abbiamo comprato tutti (o almeno tutti quelli che sono riusciti a trovarlo)? Certo che sì. Io anche un secondo pad.
Basta questo esempio o devo citare il fenomeno amiibo o le royalties provenienti da Pokemon Go?
Il succo è che Nintendo, se vuole, fa soldi a palate anche senza il suo core business, che è, e sempre sarà, quello dei videogiochi: la grande N si è rialzata dopo la batosta Virtual Boy, è ancora in pista dopo le vendite deludenti di Wii U, e potete scommettere che non abbandonerà la scena anche qualora Switch non dovesse rivelarsi un successo.
Semplicemente, se e quando ai piani alti di Kyoto dovessero avere bisogno di mettere nuovamente le mani nelle tasche di milioni di videogiocatori appassionati, sfornerebbero il Super Nes Mini, o chiuderebbero un accordo per far uscire smartphone brandizzati Nintendo, che gli stessi che si lamentano degli ottanta euro in più di Switch correrebbero a comprare a circa dieci volte questo prezzo.
Così è, se vi pare.
Per tutti i gusti
Messe da parte le critiche più assurde, ce n’è comunque ancora per tutti i gusti, da quelle improbabili a quelle parzialmente condivisibili: alla prima categoria appartiene quella che concerne la scarsa potenza del processore e della console in generale, come se la cosa non fosse non solo preventivabile ma anche sensata, visto il prezzo di lancio.
Se, a monte, si può discutere o meno dell’opportunità di non dotare la propria macchina di una potenza grafica paragonabile a quella di PS4 o Xbox One (e comunque i dati specifici sono ancora tutti da verificare), Nintendo ha intrapreso questa strada da un decennio abbondante, quando sul mercato debuttarono DS e Wii, due delle console più vendute di tutti i tempi.
Che gli oltranzisti del framerate e della risoluzione full HD ci credano o meno, ci si può divertire anche con un comparto tecnico non esattamente all’avanguardia: certo, dotarsi di tecnologia avanzata aiuterebbe le terze parti a portare su Switch i propri titoli con meno sforzi, ma la strada che Nintendo sta battendo è diversa, e non lo è da ieri.
Non necessariamente migliore o peggiore, badate bene, semplicemente diversa: in un mercato omologato, dove le due principali contendenti sono dotate di architetture simili, il coraggio della casa di Kyoto andrebbe premiato a prescindere, a mio avviso.
Il che non significa comprare una console che non interessa solo per premiare il coraggio di chi l’ha progettata, ovviamente, ma, quantomeno, provare a dare un po’ più di credito all’attore più longevo tra quelli presenti attualmente sul mercato, o almeno a sospendere il giudizio ancora per qualche mese.
Arriviamo così all’unica preoccupazione parzialmente condivisibile tra quelle evidenziate, ovvero il reale supporto delle terze parti di cui questa macchina potrà godere in futuro: a mio avviso la questione è molto complessa, e sarebbe opportuna una divisione geografica.
Se, infatti, non nutro alcun dubbio sul supporto continuato e prolifico di tutti gli sviluppatori giapponesi, dai maggiori agli insospettabili (Konami che riesuma Bomberman proprio non me l’aspettavo), non ho le stesse sensazioni positive per quelli occidentali, che pure, al momento, assicurano una loro partecipazione assidua e continuativa.
Le tipologie di gioco che sembrano andare per la maggiore al di qua del Caucaso non sembrano, storicamente, i punti forti della line up delle macchine Nintendo: sparatutto in prima e terza persona, sportivi e racing game potrebbero interessare meno all’utenza Nintendo rispetto ai giochi di ruolo, ai platform (in due e tre dimensioni), ai puzzle game, agli strategici a turni.
Nintendo dovrà imparare dagli errori commessi nei quasi cinque anni di vita di Wii U, e le terze parti, dal canto loro, impegnarsi nella realizzazione di porting di qualità: sperare che l’utenza della grande N premi versioni fortemente downgradate dei maggiori franchise o, addirittura, porting delle versioni old gen, sarebbe un esercizio inutile.
Le criticità reali
Occhio Critico ha individuato, piuttosto, tre criticità affatto secondarie, che, accoppiate al discorso appena affrontato sulle terze parti, rappresentano, al momento, i maggiori punti interrogativi legati a Switch: durata della batteria integrata, limitatissime capacità di storage e online molto nebuloso, oltre che a pagamento.
Nintendo ha dichiarato che la batteria di Switch può garantire da due e mezza ad un massimo di circa sei ore di gioco, a seconda del gioco e delle impostazioni di luminosità, non fornendo i dati precisi sull’amperaggio della stessa: verosimilmente, ci si assesterà su valori intermedi, quindi attorno alle quattro ore, valori sensibilmente inferiori rispetto anche agli ultimi modelli di Nintendo 3DS.
Questo, per un amante del gioco in mobilità come il sottoscritto, rappresenta un passo indietro, che limita la fruizione in movimento della console, rendendo più probabile un utilizzo domestico in stanze altre rispetto a quella dove risiede la televisione principale.
Da questo punto di vista, temo, l’appeal di Switch come successore di 3DS scemerebbe, mettendo a rischio il dominio incontrastato di Nintendo nel campo delle console portatili.
In second’ordine, appare incomprensibile la scelta di dotare la macchina di soli trentadue giga di memoria integrata, peraltro nemmeno effettivi, visto che una parte sarà dedicata al sistema operativo, altro elemento ancora tutto da scoprire: nonostante il supporto su cartuccia, pensare di affrontare un ciclo vitale di almeno quattro o cinque anni con una capienza tanto misera è un’utopia.
Si potrebbe obiettare che Switch supporta le schede SDHC e SDXC, pare con una capienza fino a 2 TB, ma questa soluzione comporterebbe comunque una spesa ulteriore, necessaria per determinate categorie di videogiocatori.
Al momento di redigere questo articolo una scheda da 128 giga costa poco più di quaranta euro, quindi non esattamente un costo proibitivo, ma d’altro canto, implementare un hard disk anche da solo centocinquanta o duecento giga sarebbe bastato per evitare ai giocatori un ulteriore esborso, e di certo non avrebbe mandato in bancarotta la società di Mario.
Last but not least, le nebulose dichiarazioni riguardanti i servizi online e il multigiocatore: se, da un lato, era lecito aspettarsi che anche Nintendo, sulla falsariga di Microsoft e Sony, esigesse un obolo per il multiplayer in rete, a differenza degli altri due colossi sul mercato, la casa di Kyoto non ha esperienza nel campo e ha spesso denunciato errori di gioventù quando si è trattato di infrastrutture online.
L’unica speranza è che la partnership con DeNa sia di aiuto in questo senso e che Nintendo partorisca un modello di sottoscrizione snello ed intelligente, lontano dalle prime voci circolate, secondo cui sarebbe garantito un gioco Virtual Console al mese agli abbonati, ma usufruibile solamente per trenta giorni.
In ogni caso, a fronte di un corrispettivo da parte dell’utenza, Nintendo dovrà impegnarsi a garantire un servizio stabile, veloce, in linea con la concorrenza e questa, da sola, rappresenta una sfida impegnativa e dall’esito affatto scontato, a mio parere.

L’ingiustificata tempesta di negatività che si è scatenata come reazione alla presentazione di Switch non trova Occhio Critico affatto d’accordo: i punti oscuri non mancano, e molte informazioni affatto secondarie della console ancora latitano (dalle specifiche tecniche all’amperaggio della batteria, passando per il sistema operativo e la UI), ma quanto mostrato da Nintendo è anche foriero di novità, di possibilità intriganti, della costante ricerca di nuovi modi di intrattenere il pubblico.

A Nintendo, dopo quasi quarant’anni nel business, si deve quantomeno il beneficio del dubbio, e l’attestazione di un atteggiamento testardamente coraggioso, così raro in un mercato che tende invece ad uniformarsi.

Se poi questa volontà di distinguersi porterà anche risultati concreti in termini di vendite ce lo dirà soltanto il tempo, ma ogni videogiocatore dovrebbe assistere alla performance di Switch (come di qualsiasi altra nuova console) in qualità di spettatore interessato, perché un mercato plurale e con diversi attori sulla scena porta vantaggi soprattutto al pubblico.