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Occhio Critico - Ridateci i manuali

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Editor

Pubblicato il 25/10/2017 alle 00:00

Da quando l’umanità esiste, ci sono leggende e miti che si sono tramandati nei secoli, dal Sacro Graal allo Yeti, dall’esistenza degli alieni (Fox Mulder giurerebbe che non si tratta di un mito) alla presenza di manuali fisici nelle confezioni dei videogiochi.
Sì, avete letto bene: chi si è appassionato al medium videoludico da un po’ di anni potrà testimoniare, anche davanti ad un tribunale, che i videogiochi, in un tempo nemmeno tanto remoto (fino all’inizio della scorsa generazione videoludica, grossomodo) erano tutti dotati di un manuale fisico, talvolta in bianco e nero, talvolta a colori.
Ma alle orecchie di coloro che si sono appassionati a quest’arte solo nell’ultimo lustro, questa potrebbe suonare come una leggenda metropolitana alla stregua di quelle citate in apertura di questa puntata di Occhio Critico.

Da tutto a nulla

Il processo di impoverimento del manuale di gioco è stato invero progressivo, a partire dal nuovo millennio: ai tempi della generazione a 16 bit i manuali di gioco erano veri e propri pezzi d’arte, contenenti spesso informazioni vitali per i giocatori tanto riguardo al gameplay quanto riguardo alla lore di gioco e all’intreccio, che spesso erano appena abbozzati all’interno dei giochi.
C’era spazio per annotazioni di vari tipo, spesso necessarie in giochi con mappe criptiche o contenenti enigmi dannatamente complicati, e per le fantomatiche password, utili a salvare la posizione nei giochi sprovvisti di batteria interna.
A cavallo tra la fine dello scorso millennio e l’inizio di quello attuale, complici i grossi passi avanti fatti dal medium in termini di spazio a disposizione e impianto narrativo dei prodotti, il ruolo del manuale è cambiato: non più imprescindibile ai fini della piena comprensione delle meccaniche di gioco o della storia sottesa agli eventi a schermo, quanto piuttosto come una ciliegina sulla torta, con l’approfondimento di alcuni aspetti secondari della trama, artwork inediti di rara bellezza (soprattutto per i titoli provenienti dal Giappone) e, in certi casi, dritte sul gioco, quasi fossero delle mini-guide.
La scorsa generazione di console, quella della definitiva affermazione del medium videoludico come fenomeno di massa, capace di muovere molti più soldi dell’industria cinematografica, ha segnato un deciso passo indietro per quanto concerne l’importanza dei manuali: con giochi dal livello di difficoltà medio sempre più accondiscendente, dotati di corposi tutorial in-game, il manuale diveniva secondario, tanto che, soprattutto i giocatori più giovani finivano con non aprirlo nemmeno una volta.
Cionondimeno, la sua presenza aveva un che di rassicurante, aumentava il valore percepito al momento dell’acquisto e manteneva un valore artistico notevole quando gli sviluppatori fornivano schizzi, immagini e disegni non inclusi nel prodotto finale.
Non a caso abbiamo usato l’imperfetto: oggi, con la generazione corrente e con quelle future (Switch traghetterà Nintendo anche nella prossima, verosimilmente), i manuali sono assai meno numerosi dei panda.

A denti stretti

Come sempre faccio durante Occhio Critico, non userò mezzi termini per definire la mia posizione sulla questione: la trovo vergognosa.
Sarà che sto invecchiando (e su questo non ci piove), sarà che, oltre che un videogiocatore accanito, sono malato di collezionismo, sarà che mi manca il profumo di carta fresca di stampa che emanavano i manuali, ma aprire la confezione dei miei giochi e trovarla desolatamente vuota (disco o cartuccia di gioco a parte, ovviamente) mi incute una tristezza che nemmeno gli inverni lombardi.
Il motivo dietro questa scelta di publisher e studi di sviluppo è principalmente legato all’abbattimento dei costi: non potendo innalzare la soglia di prezzo dei giochi, già recepita (erroneamente, a mio avviso) come troppo elevata da una buona fetta di pubblico, si è puntato all’ottimizzazione dei costi, che è passata dall’eliminazione di quelli di realizzazione e stampa dei manuali, evidentemente visti come non necessari.
In alcuni casi si è proceduto alla sostituzione con quelli digitali (che non alleviano la tristezza, sia chiaro), mentre in altri, in assenza di obblighi di alcun tipo, ci si è affidati semplicemente ai tutorial in game, richiamabili in ogni momento dal menu di pausa.
Se tutti, indifferentemente, adottassero questa tattica, si potrebbe pensare che davvero non vi sia alternativa a questo doloroso taglio, ma il fatto che, nonostante la maggioranza dei giochi sia sprovvista di manuale, ce ne siano diversi sul mercato che invece offrono contenuti aggiuntivi non può non indurre a riflessioni e insinuare dubbi.
Gli esempi più recenti, senza alcuna pretesa di esaustività, sono Ys VIII Lacrimosa of Dana e Danganronpa V3 Killing Harmony, proposti a sessanta euro l’uno e dotati entrambi di un artbook pieno di disegni splendidi e di un CD contenente una selezione delle tracce migliori della colonna sonora: non a caso, pur possedendo entrambi i titoli in formato digitale, forniti dai publisher per le rispettive recensioni, li ho acquistati entrambi al day one in formato fisico, premiando con i miei soldi questa scelta.
Ma questi non sono casi poi così isolati: The Witcher 3 ha un manuale da far strabuzzare gli occhi, The Binding of Isaac Afterbirth + è uno dei pochi titoli Switch ad esserne dotato, Dark Souls III ha percorso questa strada all’uscita e i titoli pubblicati da Bethesda contengono quasi sempre un booklet, sebbene di dimensioni molto contenute (e in progressivo dimagrimento).
Ah, e Shovel Knight. Che bello il manuale che accompagna la versione fisica di Shovel Knight.
Questi publisher hanno un attivo talmente alto da potersi permettere il “lusso” di stampare dei manuali? O c’è ancora qualcuno che ritiene monco un gioco privo di qualsiasi materiale cartaceo di accompagnamento, aldilà delle avvertenze sulla salute (che nessuno legge, peraltro)?
Come la mettiamo, allora?

Proposte

Ad irritarmi ulteriormente ci sono anche altre considerazioni: la maggiore diffusione delle edizioni da collezione, proprio nel momento in cui i manuali sparivano dalle confezioni standard, non può che risultare sospetta, portando a pensare che qualcuno stia tentando di far sborsare più soldi agli appassionati di vecchia data.
Sembra poi paradossale che, a fronte della mancanza di manuale, le scatole dei giochi contengano almeno tre o quattro flier pubblicitari (sempre a colori e spesso stampati su carta rigida, più costosa di quella normale), che presentano comunque dei costi di stampa: perché, allora, non inserire un manuale, anche in bianco e nero e di sole cinque o sei pagine?
In ultimo, ho notato come in alcuni casi le versioni occidentali di prodotti provenienti dal Giappone siano sprovviste di manuali che, invece, erano compresi nella versione nipponica: Yakuza Zero è solo l’ultimo esempio di questo trend, che trovo inspiegabile e, sinceramente, poco rispettoso dei soldi dei videogiocatori occidentali, visto che parliamo, in entrambi i casi, della versione standard, venduta al prezzo di mercato ormai conclamato.
Come risolvere, allora, la querelle?
Da parte mia, pur sapendo di non incontrare il favore di tutti i nostri lettori (d’altronde Occhio Critico è una rubrica pensata per stimolare il confronto ed il dibattito civili), proporrei ai publisher di innalzare il prezzo base dei giochi anche di cinque o sei euro pur di poter tornare a quando, aperto un titolo, si poteva apprezzare la bravura degli artisti che ne avevano realizzato il comparto visivo.
Come fatto con i titoli citati nel paragrafo precedente, sono pronto a premiare con i miei soldi coloro i quali rinunciano ad una piccola fetta di guadagno per fornire ai videogiocatori un prodotto il più completo possibile.
E voi, che ne pensate? 

L’incommensurabile tristezza di spendere settanta euro per il gioco tanto atteso, arrivare a casa, scartarlo e trovare che all’interno non contiene altro che il supporto di gioco è una sensazione provata da tantissimi videogiocatori di vecchia data nel corso degli ultimi anni.

E allora, mentre si fa un gran parlare di loot boxes, microtransazioni, season pass e di titoli che uscirebbero monchi per privilegiare i DLC, noi videogiocatori ci siamo visti sfilare il piacere di sfogliare un manuale, respirandone l’inconfondibile profumo e godendo di disegni, consigli ed approfondimenti sulla trama e il mondo di gioco.

Sentitevi liberi di segnalare nei commenti i prodotti che ancora offrono questa reliquia del passato al prezzo di mercato, e non perdetevi la prossima puntata di Occhio Critico!

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