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Nintendo Classic Mini: NES

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a cura di DjPralla

Pubblicato il 14/11/2016 alle 00:00

Il 1983 è conosciuto come l’anno della crisi dei videogiochi: dopo una valanga di titoli che uscivano sempre più numerosi, ma di qualità sempre più bassa, a dare il là allo status di vera e propria crisi fu il caso E.T. che, sviluppato in poche settimane e prodotto con le più alte aspettative, finì sepolto nel deserto del New Mexico. Mentre gli operatori dell’industria che fino a quel momento stava esplodendo in modo inaspettato e implacabile presero tutti un momento per riflettere sulla situazione, gli analisti davano ormai per spacciato il media videogioco, archiviandolo come fuoco di paglia.
Prima la storia
Non potevano sapere però che dall’altra parte dell’oceano c’era chi stava guardando avanti e cercava un modo per non cancellare definitivamente quell’intrattenimento che aveva ammaliato molti. Un’azienda giapponese, nota da quasi cent’anni per i suoi giochi meccanici e per le carte di hanafuda, aveva iniziato ad allungare più di un piede nel mondo dei videogiochi. Quel Donkey Kong, ideato da un Miyamoto al tempo assunto perché figlio di un amico del presidente Yamauchi, spopolava nelle sale giochi, mentre al di fuori di quest’ultime i ragazzi si divertivano con dei dispositivi che ospitavano un solo gioco, chiamati Game & Watch: da uno degli ultimi nasce l’idea di Gunpei Yokoi di un controller con una croce direzionale e due tasti “A” e “B”. In breve periodo Nintendo propose sul mercato giapponese il Famicom (abbreviazione di Family Computer) una console casalinga che dava la possibilità di giocare al sopracitato titolo dello scimmione direttamente da casa proprio. Sebbene il primo periodo privo di grandi titoli non diede grande slancio sul mercato alla macchina, nel ’85 Miyamoto stupisce di nuovo tutti con il geniale Super Mario Bros. che fece impennare le vendite della società fino a diventare uno dei giochi più venduti della storia, trainando il Famicom verso il medesimo risultato nell’ambito delle console. Nello stesso anno la console arriva nelle case americane, perdendo quell’aspetto giocattoloso che presentava in Giappone, ma con un nuovo look molto più tagliente e austero. Il Nintendo Entertainment System (abbreviato in NES) non solo dava un nuovo design e una nuova mentalità alle console da gioco, ma imponeva agli sviluppatori regole ferree con cui Nintendo stessa verrà poi stigmatizzata negli anni. Uno dei problemi maggiori che hanno portato alla crisi dell’83 era il sovraffollamento dell’offerta delle console sul mercato, con giochi che venivano adattati in un modo o nell’altro sulle varie piattaforme. La società giapponese, al tempo amministrata dallo statuario e inflessibile Hiroshi Yamauchi, proprietario per discendenza dal fondatore, impose agli sviluppatori l’obbligo di sviluppare al massimo cinque giochi all’anno e questi non potevano essere convertiti per altre piattaforme per due anni dalla data d’uscita. In più Nintendo si faceva carico di testare e verificare ogni gioco o periferica di terze parti prima di dare il benestare alla pubblicazione e apporre il famoso “Sigillo di garanzia”. 
Mentre Sega porta in giudizio la società rivale per via di questi contratti restrittivi (e riceve il verdetto per cui Nintendo si è effettivamente avvantaggiata imponendo regole ingiuste), il NES arriva lentamente in Italia per mano di Mattel nel Natale del 1987, giusto in tempo per l’arrivo di un altro pezzo grosso della storia dei videogiochi, The Legend of Zelda, con quella sua folgorante cartuccia d’orata, che all’interno conteneva una batteria utile a salvare i progressi fatti in gioco per proseguire l’esperienza in un secondo momento, creando definitivamente il solco con i videogiochi da sala.
Poi il significato
Questo preambolo storico, seppur breve, era necessario per dare il polso del prodotto di cui stiamo parlando: il Nintendo Classic Mini è un oggetto che celebra il videogioco come mezzo d’intrattenimento e di cultura, ma soprattutto riporta alla memoria un passaggio della storia contemporanea che, forse, prima o poi arriverà anche sui libri di scuola.
Tralasciando per un momento il significato che c’è dietro a questa console, prendiamo prima in considerazione i suoi connotati fisici: stiamo parlando di una scatoletta con le medesime fattezze del NES che uscì in USA e in Europa, ma più piccola, decisamente più piccola in scala. Come nell’87 la console arriverà nelle vostre case con un pad correlato, mentre per il secondo dovrete effettuare un acquisto separato. All’interno della console c’è una basilare scheda su cui monta un processore ARM, per intenderci l’architettura che muove gli attuali telefoni, che dà verso l’esterno due porte a cui collegare i controller (con lo stesso attacco presente sul fondo dei WiiMote, in modo tale che possiate riutilizzare i controller per la Virtual Console di Wii e WiiU), mentre sull’altro lato presenta una porta HDMI e una microUSB. Nella scatola vengono ovviamente forniti i due relativi cavi, ma, meno ovviamente, non è presente un trasformatore per collegare l’USB alla corrente: dovrete quindi fare affidamento su di una porta sul vostro tv, all’alimentatore di un altro dispositivo preso in prestito oppure, come potete vedere nel live, su di un power bank. Se aprendo e maneggiando la console si viene inondati da una vena positiva e nostalgica che ci costringerà a ripetere “che carino” ogni volta che il nostro sguardo incrocerà la console, non sono di certo le stesse sensazioni che si provano mentre si cerca un setting ideale per giocare: i cavi dei controller sono cortissimi, sufficienti per l’utilizzo collegati ad un WiiMote, ma totalmente inadatti per essere usati collegati direttamente alla console. Certo potreste fare una risata quando vi ritroverete seduti a terra con la console buttata in mezzo al salotto come molti facevano effettivamente al tempo, ma oggigiorno le dimensioni degli LCD sono di gran lunga diverse rispetto ai tubi catodici, dunque mantenere il giusto distacco è assolutamente necessario. Ad ogni modo, una volta avviata la console saremo di fronte ai trenta giochi che Nintendo ha selezionato per voi: i due Zelda, i tre Super Mario Bros, il primo Final Fantasy, Bubble Bobble, Ghosts ‘n Goblins e un sacco di altri tuffi al cuore per chi ha vissuto i primi anni ’90. Dopo qualche minuto di prova si può capire quanto l’emulazione funzioni egregiamente e come i vari titoli siano pedissequi agli originali; l’unica meccanica aggiuntiva di questa console, già vista nell’ambito della Virtual Console e dell’emulazione più in generale, è quella di poter congelare il gioco (premendo il tasto Reset) e salvare quell’esatto istante, in modo tale da poter continuare in un secondo momento.
Sul versante visivo, invece, sono disponibili tre diverse modalità di visualizzazione: “Originale” che mantiene lo stesso aspect ratio con cui al tempo i giochi venivano proiettati sui TV, “4:3” che allarga leggermente l’immagine per riempire di più lo schermo e “Tubo Catodico” che simula le linee di scansione orizzontali tipiche dei CRT, strappando non poche lacrime di commozione.
All’infuori dei due controller, non è possibile collegare altre periferiche, quindi i fan di Duck Hunt resteranno delusi per l’assenza di un pezzo importante come lo Zapper, ma soprattutto nessuno potrà recitare di nuovo la fatidica frase tratta dal film marketta “Il piccolo grande mago dei videogiochi” “I love the Power Glove: it’s so bad!”, in quanto anche il guanto non farà ritorno.

Gioco dopo gioco, lacrima dopo lacrima, la domanda che viene naturale chiedersi è “ma posso acquistare altri giochi che non sono compresi tra i trenta preinstallati?” e la risposta è un perentorio “no”. Nintendo ha disegnato questa console per essere un prodotto fermo e immutabile nel tempo: niente connessione ad internet, niente store, niente espansioni. Con i suoi €59,98 Nintendo Classic Mini vuole essere il regalo giusto per questo periodo natalizio (ammesso che riusciate ancora a trovarlo nei negozi); si tratta di un’azione nostalgia in piena regola, che dà la possibilità anche ai meno informati sui videogiochi attuali di sfoderare un regalo simpatico per amici o parenti che hanno vissuto l’epoca del primo Nintendo, oppure per dei padri che vogliono insegnare ai propri figli cosa voleva dire videogiocare al loro tempo. Per un prezzo tutto sommato contenuto (tenete conto che sulla Virtual Console di WiiU i trenta giochi preinstallati sul NES Mini costano più dei €2 a testa che andrete a pagarli se dividete l’intero costo della console sui giochi disponibili) potete quindi portare a casa vostra o altrui un gingillo con cui divertirsi per qualche ora ricordando il passato, l’infanzia o l’adolescenza. D’altro canto è impossibile non segnalare come Nintendo abbia anteposto l’effetto nostalgia alla praticità, costruendo una console che risulta bellissima allo sguardo ma diabolica nella cavetteria.

In più le male lingue potrebbero discutere di come questa console sia solo un modo per distogliere l’attenzione dalla lenta e agonizzante morte di WiiU, ma questa è un’altra storia.

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