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Tales of Zestiria

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a cura di Pregianza

Pubblicato il 16/09/2015 alle 00:00
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I Tales of sono titoli che, nel nostro bel paese, vanno incredibilmente bene per un genere di nicchia come quello dei jrpg. Sarà la cura che il buon Hideo Baba mette sempre nelle edizioni europee, o il combat system da sempre molto soddisfacente e capace di esaltare anche fan di vecchia data di questi complessi titoli nipponici. Di anno in anno però la serie inizia a trascinarsi con stanchezza, a causa di un comparto tecnico che si fa sempre più arretrato a causa dell’obbligo pressante del cross gen. Tales of Zestiria è l’ennesimo titolo della saga che veleggerà su Ps3 e Ps4 in contemporanea, ma Baba e i suoi hanno promesso meraviglie e cambiamenti sensibili in questo capitolo, a partire dall’ambientazione. Avranno detto la verità? Grazie a un evento preview in sede da Namco abbiamo potuto indagare.
Un inizio lento
L’inizio di Zestiria è tra i più lenti della serie. I jrpg di rado partono con il furore di un cane rabbioso, ma qui abbiamo il protagonista, Sorey, che esplora alcune antiche rovine in compagnia dell’amico Mikleo, e una fase tutorial che si allunga fin troppo tra le stanze di questo primo dungeon e una manciata di ragni giganti. La storia inizia a delinearsi con il ritrovamento di una misteriosa ragazza e la scoperta della sua apparente incapacità di vedere Mikleo e tutti gli abitanti del villaggio di Sorey. Questo perché il nostro vive da sempre con i Serafini, creature leggendarie che solo pochi prescelti tra gli umani possono vedere, e in particolare pare destinato a diventare una sorta di figura messianica chiamata “il pastore”. Da lì in poi ovviamente per noi è il vuoto, perché abbiamo potuto provare il titolo per un tempo limitato, tuttavia aspettatevi la solita pletora di colpi di scena, nemici terribili e problemucci legati all’impellente fine del pianeta su cui transitano i vostri graziosi piedini. 
A interessarci oggi ad ogni modo non è la trama bensì il gameplay, da sempre grosso punto di forza dei Tales e qui ancora appollaiato sulle granitiche basi dei predecessori. Il Linear Motion Battle System infatti è sempre lì, sempre gestito attorno a combattimenti delimitati da un cerchio ben definito, con la possibilità di muovere a piacimento i personaggi e di eseguire combo legate alla direzione. Praticamente invariati anche l’uso delle abilità magiche, accompagnato dalla modalità automatica, semi-automatica o manuale, e le levette analogiche che permettono di usare un gran numero di poteri differenti, per una varietà impressionante in battaglia. Schivate, scatti, punti azione a ricarica e balzi sono ancora parte del mix, ma c’è una novità: il suffisso Fusionic Chain, correlato alla non indifferente capacità di Sorey di fondersi temporaneamente con i Serafini che lo accompagnano. 
Fuuu- sio – neeee!
La Fusione è estremamente scenica e rappresenta una novità curiosa equiparabile per certi versi alla trasformazione di Ludger in Xillia 2, ma non altrettanto esagerata. Il processo per l’esattezza si chiama Armitization, e garantisce bonus notevoli alle statistiche e poteri legati all’elemento affine al Serafino coinvolto. Se si considera la già impressionante libertà lasciata dal sistema base, questa aggiunta rende i combattimenti di Zestiria ancor più profondi e spettacolari. 
Quello della fusione non è l’unico cambiamento messo in tavola dagli sviluppatori comunque. È vero che, a una prima occhiata, Zestiria è tutt’altro che una meraviglia graficamente: si parla di mappe dal conteggio poligonale davvero miserevole, che quasi stonano con i bei personaggi anime style (c’è chiaramente stato un miglioramento generale per quanto riguarda la qualità di texture e animazioni, ma la generazione attuale è ancora lontana). Passando sopra alla grafica tuttavia si notano mappe più estese, seppur sempre delimitate da muri invisibili e invalicabili, e combattimenti che si svolgono direttamente sulla mappa, permettendo di sfruttare addirittura alcuni elementi del paesaggio per ottenere coperture o vantaggi. 
Innovazioni marginali, certo, ma è piacevole vedere come, di capitolo in capitolo, Baba e i suoi cerchino costantemente di migliorare il proprio prodotto.
Curiosa anche la gestione dell’inventario, ora legata a simboli elementali che permettono di ottenere ulteriori migliorie. Questi peraltro non vanno a sostituirsi ai punti abilità, rimasti invariati e utilizzabili per garantire skill extra, capaci di tratteggiare con ancor più chiarezza il ruolo di un determinato personaggio.
Insomma, i ritocchi ci sono, e la nuova ambientazione fantasy, lontana dalla fusione di tecnologia e magia vista negli Xillia o dai paesaggi di altri capitoli, sembra ispirata quanto basta da poter sorreggere una trama di un certo livello. I dubbi sulla lentezza generale della fase iniziale e sul comparto tecnico rimangono, ma per chi ama la serie si tratta molto probabilmente di inezie trascurabili.

– La fusione migliora ulteriormente il battle system

– Mondo più esteso e modifiche interessanti

Zestiria non sembra destinato a cambiare per sempre la serie Tales of, ma la qualità del suo combat system e la nuova ispirata ambientazione fantasy lasciano ancora una volta ben sperare per la qualità complessiva del titolo. Inizia ad essere davvero l’ora di uno svecchiamento, eppure siamo fiduciosi. Crediamo che, dopo tutti questi anni di successi, l’ultima opera di Baba difficilmente potrà deluderci.

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