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State of Mind

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Avatar di Matteo Bussani

a cura di Matteo Bussani

Pubblicato il 11/05/2017 alle 00:00
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Prosegue la nostra serie di anteprime dedicate ai titoli in uscita da qui a fine 2017 dello sviluppatore tedesco Daedalic, che ci ha invitato qualche giorno fa nei suoi studi di Amburgo. Questa volta tocca a State of Mind, action-adventure 3D ambientato in un futuro distopico dove la tecnologia ha preso il sopravvento e, tra le altre cose, anche metà dei ricordi del protagonista. Siccome, però, sugli aspetti relativi alla trama ci dedicheremo in seguito nell’articolo, per ora vi diciamo solamente che il gioco è previsto per questo tardo 2017 e uscirà su tutte le piattaforme conosciute, Shield compresa, grazie alla scalabilità dell’Unreal Engine 4, uno dei motori più diffusi di questi tempi.
E ad aspettarci, un futuro plausibile.
L’ambientazione in cui verremo immersi con State of Mind, è una grande raccolta di tutto ciò che la letteratura distopica dell’ultimo secolo ci ha insegnato, fuso con la volontà di immaginare il mondo nella maniera più realistica possibile, cronologicamente traslato nel 2048. Brevetti, tecnologie in erba e un po’ di inventiva sono le basi di questa avventura, in cui il protagonista Nolan dovrà agire per riuscire a riottenere la metà dei ricordi persa di cui sopra. 
A fronte della velocità dello sviluppo tecnologico del 2017 e delle strade già battute per il futuro, è stato indolore interfacciarsi con la realtà proposta dal gioco. Una realtà in cui però il protagonista, legato a doppio filo con un passato analogico comunque perduto, non riesce a ritrovarsi, se non fosse per la forzata convivenza con il lavoro di giornalista che svolge quotidianamente e che lo mette continuamente a contatto con il mondo in divenire.
Fatte dunque le dovute premesse gli sviluppatori ci hanno messo di fronte ai primi minuti di gioco, che, comprensivi di filmato iniziale, ci hanno dato un’ulteriore mano a contestualizzare non soltanto il setting del gioco, ma anche la reale motivazione dell’agire dei personaggi.
Berlino, 11 novembre 2048 
Droni, probabilmente in assetto da guerra, attaccano la città; noi sotto i loro colpi finiamo a terra; ci risvegliamo qualche ora dopo in ospedale per finire tra le grinfie di un dottore, che insistentemente ci chiede informazioni per accertarsi sullo stato della nostra memoria. Una buona parte di essa, purtroppo, se n’è andata e tra la confusione e la desolazione che una scoperta del genere possono provocare, decidiamo di tornare a casa per riposarci un attimo. Non troveremo, però, la nostra famiglia ad aspettarci, ma un robot incaricato di aiutarci e (probabilmente) controllarci. Nostra moglie non c’è, se n’è andata in campagna con il figlio e non ci ha lasciato scritto niente; nel frattempo, mentre ripercorriamo i corridoi del nostro appartamento, una donna di nome Lydia, con cui probabilmente abbiamo una storia più importante del previsto, continua a chiamarci. Alla fine rispondiamo e dopo un breve dialogo di circostanza ci troviamo 7 giorni dopo con la nostra amica Lydia, decisamente poco in salute, in quella che potrebbe essere un’infiltrazione in un edificio dai sotterranei per scoprire un mistero, di cui allo stato attuale non conosciamo le forme. E così finisce anche la build a disposizione.
Qualche tentennamento
Un quadro confuso, che rievoca in parte le atmosfere di Deus EX, ma che se ne distanzia pericolosamente nella struttura, per nulla action. Un’avventura stile Daedalic in 3D, ma soprattutto segnata da puzzle, che esulano da quelli classici, poichè sfruttano la possibilità di passare da un personaggio all’altro della storia in tempo reale, fino a un massimo di sei. 
Il quadro allo stato attuale sembra davvero accattivante e interessante, peccato che nello svolgersi degli eventi prima citati abbiamo costantemente dovuto fare i conti con una pesantezza dei movimenti, con controlli non precisi e con una macchinosità generale che, indipendentemente dallo stato della build, non sta portando nel verso giusto il gioco. Potremmo paragonarla a una trasposizione letterale tra le strutture dell’avventura grafica in 2D e quelle in 3D, riuscitissima negli ambienti, ma impacciata nella relazione tra il personaggio e lo spazio in cui si muove. Forse è anche questo il motivo per cui non ci siamo sentiti particolarmente coinvolti nella storia, come fatto invece con Pillars of the Earth, nonostante le ottime premesse narrative che sono state messe in gioco.
L’art design stessa, esemplare nell’associare la digitalizzazione del mondo con la realizzazione tramite poligoni grezzi dell’immagine a schermo, rende meravigliosamente su alcuni volti, come quello del protagonista, ma stona in maniera altrettanto vistosa su altri, come quello di Lydia.

– Ambientazione che lascia infiniti spunti

– Solide basi narrative

State of Mind è un gioco più importante di quanto si possa immaginare per Daedalic: rappresenta la volontà di evolvere il concept dell’avventura narrativa, rodato nella struttura 2D, in quella 3D, sfruttando un’ambientazione futuristica ma estremamente credibile. Allo stato attuale, però, a non convincerci, più che sul lato narrativo, ci sono tanti aspetti tecnici, che limitano i meccanismi di azione nel mondo di gioco e, con essi, la portata ludica del progetto. Dell’art-design apprezziamo la direzione e il coraggio, ma la resa purtroppo fatica in alcuni casi a convincerci. Per questi motivi rimandiamo ogni altro giudizio alla versione finale del titolo, che speriamo possa migliorare, tenendo ben saldi gli ottimi spunti da cui sono state poste le basi del gioco.

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