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Ori and the Blind Forest

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Pubblicato il 20/06/2014 alle 00:00
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Prima di chiudersi nella stanza briefing di Microsoft sorvegliata da una gigantesca guardia del corpo, Steven Spielberg in persona mi è passato davanti col suo tipico sorrisetto di chi la sa lunga; poi, come se niente fosse, mi hanno portato su una scala, ho superato un corridoio e mi sono seduto su un divano, dove i ragazzi di Moon Studios mi hanno mostrato Ori and the Blind Forest. Non so se ero ancora in pieno imbambolamento, ma il loro gioco mi ha stregato, al punto da farmi sentire rapito mentre osservavo lo schermo e ascoltavo le loro convincenti parole.

I’m not a pet
Per descrivere Ori and the Blind Forest si potrebbero usare le parole più abusate dell’ultimo periodo quando ci si rivolge a dei titoli indie dalla forza particolarmente evocativa. E allora facciamolo ancora una volta e diciamolo, premettendo che stavolta l’abuso di parole è giustificato dalla realtà dei fatti e non da forzature che caricano di aspettative per poi deludere puntualmente: Ori è poesia in movimento. Quello di Moon Studios è un titolo delicato, lieve, che trasuda tenerezza e dolcezza; si ispira ai capolavori di Disney e di Studio Ghibli evitando ogni scimmiottamento di sorta, senza esasperare i toni e mantenendoli sempre in perfetto equilibrio. Durante la mezz’ora circa in cui siamo stati ospitati per la presentazione con prova, ci è stato spiegato che i lavori sono cominciati circa quattro anni fa, come a evidenziare il fatto che dietro al titolo c’è stata una grande fase di progettualità che si è aperta man mano fino a trasformare una buona idea in quello che è diventato oggi Ori and the Blind Forest. Moon Studios non è uno studio vero e proprio nel senso più fisico del termine, perché tutti i suoi componenti sono sparsi per il mondo e comunicano via web. Con un sorriso, ci hanno rivelato che la prima volta in cui si sono visti dal vivo, dopo tutti quegli anni di sviluppo, è stato esattamente durante l’E3, convenendo tutti insieme che la nuova frontiera della programmazione è esattamente questa, perché si abbattono parecchi costi e si riesce a lavorare ugualmente in gran sintonia. “Magari non quando stai lavorando a un tripla A”, mi sono sentito di aggiungere. Ma se i risultati sono questi, saremo felici di essere smentiti anche in futuro. Ritornando al gioco, Ori si configura come un classico metroidvania con un backtracking necessario e mai molesto, e parecchie fasi di platforming a coadiuvare una conduzione di gioco che si protrae per circa una decina di ore.
Non giudicate dall’apparenza
Ori and the Blind Forest ha in realtà una durata complessiva superiore, se siete tra coloro che vogliono esplorare ogni anfratto per completare al 100% l’avventura. E ci hanno assicurato che di luoghi e segreti da scoprire ce ne sono davvero parecchi. La morbidezza del sistema di controllo va di pari passo con la sua grande precisione, pertanto muoversi, saltare da un punto all’altro o correre a quattro zampe, è sempre una meraviglia e mai un supplizio, anche quando la curva di difficoltà aumenta sensibilmente. Sebbene Ori and the Blind Forest abbia un aspetto delicato e innocente, la realtà dei fatti parla di un gioco che sa esattamente come mettere in difficoltà gli utenti; è per questo motivo che lungo la mappa dalle dimensioni generose sono disseminati una gran quantità di puzzle ambientali e zone perigliose assolutamente da non sottovalutare. A questo va aggiunto un sistema di crescita del personaggio che, da quel poco che abbiamo visto, appare assolutamente ben strutturato, con un avanzamento delle abilità che permette di svelare gradualmente nuove zone prima irraggiungibili o troppo pericolose da affrontare. Le abilità all’interno dello skill tree opportunamente ramificato, vanno sbloccate attraverso il reperimento dei cristalli, ottenibili con l’uccisione dei nemici. C’è poi un altro dettaglio che i ragazzi di Moon Studios hanno voluto condividere con noi: durante lo sviluppo di Ori, tutti stavano giocando molto a Dark Souls e hanno ammirato la sua filosofia e la tensione nervosa che riusciva a creare, capace di minacciare continuamente l’utente di una morte improvvisa e inaspettata. Nonostante ciò, si sono resi conto che più di una volta il suo sistema risultava essere eccessivamente punitivo. Per questo motivo, gli sviluppatori hanno voluto pensare a qualcosa di  diverso rispetto ai classici checkpoint: hanno voluto dare la responsabilità al giocatore di stabilire un punto dal quale proseguire, usando l’ologramma della propria immagine. Questo metodo permette di esplorare con più calma le zone senza eccessive frustrazioni, e aderisce meglio al genere a cui Ori and the Blind Forest sente di appartenere con orgoglio. E possiamo assicurarvi che tutto funzionava davvero a meraviglia.

– Setting di gioco fiabesco ed evocativo

– Comandi precisi e molto responsivi

– Struttura da metroidvania ben studiata

Moon Studios ci ha mostrato un metroidvania decisamente diverso rispetto dal solito, un’opera dalla cifra stilistica inequivocabilmente importante, che mira a toccare le corde più profonde dei giocatori con l’incredibile poesia che è in grado di sussurrare dolcemente. Ori è anche un titolo discretamente impegnativo, che saprà dare filo da torcere a tutti coloro che vogliono ottenere il massimo da un titolo di questo genere. Viste le premesse e lo stato di grazia in cui si trova già adesso, siamo pronti a scommettere che l’esclusiva Microsoft riuscirà a lasciare il segno.

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