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Metal Gear Survive, provata la modalità single player

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Avatar di Gottlieb

a cura di Gottlieb

Pubblicato il 17/01/2018 alle 00:00
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Ho visto il futuro di Metal Gear e non è Metal Gear. Questo, però, lo sapevamo già tutti: d’altronde che dopo la cacciata di Hideo Kojima da Konami non ci sarebbe stato più un sequel delle vicende di Solid Snake, di Big Boss, di Ocelot e di tutti quei personaggi che hanno rappresentato un caposaldo della nostra cultura bellica a livello videoludico, era il segreto di Pulcinella. Quello che non ci si aspettava, in un primo momento, era che Konami volesse comunque tenere in piedi il brand. Lo scetticismo iniziale è piano piano svanito, è andato a scemare, soprattutto grazie alle prove dello scorso E3 (e della Gamescom, che però ha proposto la medesima build): alla base di questo diradarsi, però, c’è stata la fiducia nei confronti di un prodotto che porta con sé soltanto il nome di un brand, oltre che alcune meccaniche di gameplay, ma per il resto parla una lingua completamente diversa. Facendo quindi finta che questo titolo non abbia il nome “Metal Gear” prima di “Survive”, negli uffici francesi di Konami abbiamo provato il single player dell’ultima fatica legata alla Mother Base.

SopravvivenzaDella trama di Survive diremo davvero poco, principalmente perché ce ne occuperemo in sede di recensione e secondariamente perché per adesso le nozioni sono davvero poche e molto basilari. Siamo un soldato scelto, che si inserirà nelle vicende parallele a Metal Gear Solid V proprio come ci era stato annunciato a suo tempo e proprio come abbiamo ripetutamente specificato nei nostri precedenti articoli di analisi e di hands on del titolo Konami. La cura estetica, nella personalizzazione del personaggio stesso, è di alto livello, permettendoci di inserire il nostro avatar in tutti i contenuti visivi del gioco, sia i trailer che le fotografie che vestono i panni di archivio bellico. Allo stesso modo il nostro nome verrà inserito in tutte le liste dei soldati appartenuti alla Mother Base, dandoci un senso di immedesimazione che parte proprio dai primi minuti della nostra avventura. Quando poi sarà il momento di scendere in campo inizieremo a capire la vera natura di survival game. Nella nostra prova, grazie a un salvataggio precedentemente esistente sulla console di test, è stato possibile usufruire sin dalle prime battute di un arco e, conseguentemente, anche di svariate frecce per contrastare l’avanzata dei Vaganti, esseri che emulano il movimento degli zombie e che hanno il proprio tallone d’Achille in un cristallo posizionato al posto della testa, che sporge inesorabilmente. Senza tale arco la nostra unica arma di difesa, almeno inizialmente, sarebbe stato un palo appuntito, che ci ha permesso di contrastare i Vaganti anche da dietro inferriate e cancelli, a volte anche eccessivamente supportati dalla compenetrazione particellare, che in qualsiasi contesto, soprattutto in un titolo molto pulito graficamente come Survive, stona. L’enunciare le armi a disposizione ci serve un importante assist per arrivare a spiegare la componente survival, che è forse troppo esasperata, ma che sicuramente incentiva la programmazione sul lungo termine. Oltre all’indicatore della resistenza (una sorta di stamina) e della vita, saremo chiamati a tener d’occhio anche le voci di fame e sete, espressi entrambi in punti percentuale e che scenderanno inesorabilmente nel caso in cui ci dovessimo dimenticare di nutrirci: l’acqua è reperibile grazie ai fiumiciattoli e ai ruscelli che i trovano intorno al Campo Base, mentre il cibo dovrà essere recuperato cacciando la selvaggina, quindi dalle pecore ai lupi, fino agli uccelli e chissà quanti altri disparati animali che ci verranno proposti. Una volta procacciata la carne, però, sarà necessario cuocerla sfruttando il falò del vostro accampamento: non per una fugace critica alla dieta paleo, ma per evitare infezioni che vi costringerebbero, altrimenti, a ricorrere a medicine intestinali o altri bisogni medici, che nei primi momenti dell’avventura fabbricherete con grande difficoltà. Un sistema che per quanto possa sembrare interessante e potrà affascinare il videogiocatore più accorto alle meccaniche di sopravvivenza, a lungo andare stancherà, soprattutto perché il respawn degli animali non ci è sembrato molto rapido e perché le ultime missioni provate, verso lo scadere delle due ore di gameplay, si sono dimostrate molto lunghe e orientate sulla resistenza sul lungo periodo. Tutto il procedere di Survive, in ogni caso, si basa sul più sfrenato crafting: dalle armi ai proiettili, passando per gli indumenti e per tutte le migliorie al Campo Base, bisognerà sempre trovare i materiali necessari per arrivare ad avere gli ingredienti necessari per la vostra ricetta. Bisognerà sempre partire il più preparati possibili per la missione che vi accingete a compiere, senza lasciare nulla al caso, ma la curva di progressione è abbastanza complessa da seguire: non troverete quasi mai del rame, fondamentale per elaborare dei proiettili per la vostra pistola, il che vi costringerà ad affrontare le prime orde di Vaganti scappando oppure con un arco, che per quanto utile non è l’arma con la quale salverete il mondo.

Puoi costruirlo con VirgilAl di là di quelle che sono le meccaniche di sopravvivenza, Survive vi chiederà, almeno per le prime ore che abbiamo potuto testare, di lanciarvi verso il recupero di schede di memoria da restituire poi a Virgil, l’intelligenza artificiale che controlla il nostro Campo Base e che ci permetterà di acquisire informazioni sempre più dettagliate sulle vicende collegate alla Mother Base. Nel corso delle varie missioni abbiamo potuto constatare una lodevole intenzione a rendere variegata questa ricerca: dopo le prime molto basate sul trasferimento dal punto A al punto B, le successive ci hanno costretto ad armarci di bombola d’ossigeno per affrontare una tempesta di polvere e a tenere, di conseguenza, d’occhio anche l’indicatore stesso dell’ossigeno a nostra disposizione, o anche ad attivare dei teletrasporti difendendoli dall’assalto di orde di Vaganti. Sono tutti estremisti che se all’inizio affascinano perché impongono al giocatore di tenere d’occhio qualsiasi variante possibile, sul lungo periodo potrebbero effettivamente stancare. Dal punto di vista delle meccaniche di gameplay, escluse queste appena enunciate, Metal Gear Survive si è presentato in un ottimo stato: sfruttando quelle animazioni che avevamo già visto in Metal Gear Solid V, il nostro alter ego si è posizionato sul campo di battaglia in maniera statuaria, convincente e gradevole da utilizzare. Ovviamente non ci troviamo dinanzi a un action, quindi gli attacchi con armi bianche sembreranno più impacciati che altro: trattandosi di un gioco che vuole mantenere alta la bandiera dello stealth sarà necessario riuscire a interpretare al meglio tale filosofia, che non potrà essere sposata chiaramente quando dovrete scappare da orde inferocite e voi sarete armati di machete. Un ultimo aspetto da tenere in considerazione è legato alla progressione del personaggio: perché se tutto ciò di cui avremo bisogno sarà craftabile, dall’altro lato bisogna tener conto di quelle che sono le statistiche da potenziare. La valuta da sfruttare per le progressioni è l’Energia Kuban, recuperabile dai cadaveri dei Vaganti: la dissonanza con il resto dell’esperienza sta nel fatto che per il recupero del loot basterà una semplice pressione del tasto quadrato, mentre per l’estrazione dell’energia dai cadaveri bisognerà attendere circa quattro secondi, ossia un tempo necessario per farci assalire da altri Vaganti nelle vicinanze. Una scelta che potrà anche essere coerente nel tentativo di esasperare il concetto di survival, ma che non supporta minimamente l’esperienza, almeno all’inizio della nostra avventura. L’Energia Kuban, in ogni caso, sarà fondamentale per l’upgrade di livello e per lo sbocco, quindi, di punti abilità, da riutilizzare per ottenere dei potenziamenti e delle mosse finali per le combo, come per esempio la possibilità di sfoderare un attacco più potente con un’arma a una mano. Un appunto a tal proposito è necessario: abbiamo avuto modo di testare, nuovamente, la modalità multiplayer, della quale abbiamo già ripetutamente parlato nei precedenti hands on ed è stato possibile constatare che con una sola partita il recupero di oggetti e di Kuban è talmente alto da sbeffeggiare in maniera abbastanza inopportuna qualsiasi sforzo compiuto nel single player. Sono diversi gli elementi che dovranno essere approfonditi in sede di recensione, perché le missioni in cooperativa ci sono state proposte senza alcun criterio e all’improvviso, quindi la curva di sviluppo potrebbe essere coerente con se stessa, ma se dovessero essere confermate le ipotesi di queste prime tre ore ci troveremmo dinanzi a un titolo che vanifica il single player e punta inesorabilmente al multiplayer, rendendo vano qualsiasi sforzo in solitaria, a questo punto finalizzato esclusivamente al recupero di cibarie e beveraggio vario da sfruttare in sede di coop.

– La struttura di base funziona ed è piacevole

– Elementi survival ben amalgamati

Metal Gear Survive, come abbiamo potuto intuire, è un titolo che offre diversi spunti interessanti, tutti necessariamente da approfondire con svariate ore di gameplay. Il suo più grande problema è proporre un titolo che non c’entra assolutamente niente con il nome che porta: una critica che, in sede di valutazione del prodotto non inficia e non inficerà la valutazione, ma che nel momento dell’immissione sul mercato peserà. Noi ribadiamo quanto già specificato un anno fa: Survive è un titolo che promette discrete ore di divertimento, la qualità di queste ore va necessariamente compresa, ma non bisogna approcciarsi all’ultima fatica Konami con la speranza di ritrovare un Metal Gear. Quella, oramai, è una pagina passata.

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