Anteprima

Dragon Age: Inquisition

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a cura di Pregianza

Bioware non creava solamente giochi all’inizio, creava mondi, luoghi fatati in cui perdersi per ore e ore ogni giorno, edificati sui numeri e le statistiche di Dungeons & Dragons, sulle antiche leggende o sui semplici sogni degli sviluppatori. Era una casa infallibile e capace di sfornare quasi solo capolavori, al punto da aver reso i gdr occidentali ciò che sono oggi e mutato per sempre formula e percezione degli action gdr. Poi si è spezzato qualcosa: un mmorpg dedicato a Guerre Stellari deludente, un secondo capitolo di Dragon Age enormemente sotto le aspettative, e come unico baluardo della casa è rimasta solo la saga di Mass Effect. Bella, ma troppo action e cucita attorno alle console per mantenere inalterata la fiducia di chi negli anni si era sempre perso nella complessità delle opere di questa software house. Per questo Dragon Age: Inquisition è così importante, è un gioco che deve dimostrare la capacità della casa di essere ancora quella fucina di meraviglie che ha dato forma ai giochi di ruolo, e un titolo che non può e non deve fallire. Forse è a causa di ciò che, dopo aver ricevuto l’invito di EA a Londra per provare le prime quattro ore di gioco, ci siamo avviati con non poca paura addosso.
In un periodo di tempo così limitato, ve lo diciamo subito, abbiamo potuto scoprire davvero poco di un lavoro titanico come Inquisition. Tra qualche chiacchiera con il producer Cameron Lee e un po’ di sano videogiocare abbiamo però maturato delle dettagliate prime impressioni. Ora speriamo solo che l’ultimo Dragon Age continui sulla strada tracciata, visto che siamo a un passo dalla review.
Closing the Rift
Il gioco introduce all’azione con una premessa piuttosto semplice, che catapulta il giocatore subito dopo gli eventi del secondo Dragon Age. Il mondo è spezzato dalla guerra tra templari e maghi, vi è caos ovunque a causa dell’apertura di fratture che danno sul mondo dei demoni, e il nostro alter ego è un poveraccio che, coinvolto in uno strano rituale, si ritrova dotato del potere di chiudere tali passaggi verso la dimensione demoniaca. Non si sa chi o perché vi abbia donato tale capacità, ma Cassandra, vecchia conoscenza per i fan della saga, decide di sfruttarlo per ridar vita all’Inquisizione, un’antica istituzione il cui scopo è riportare l’ordine durante tempi bui. Voi, ovviamente, sarete messi a capo dell’organizzazione, nel tentativo di salvare il mondo prima che accada qualcosa di irreparabile. 
La trama in parole povere non cerca di distaccarsi dalle basi poste precedentemente (tanto che è possibile andare sul sito di Dragon Age Keep per personalizzare i propri salvataggi dei capitoli passati e importarli in Inquisition), tuttavia la sua forma è cambiata alquanto, poiché ora ci troviamo davanti a un open world con una gestione molto più ramificata degli avvenimenti e innumerevoli sviluppi narrativi basati sulle vostre scelte. Non fatevi ingannare dalla linearità della prima fase, ci si addentra praticamente subito nelle gigantesche mappe scegliendo tra Ferelden e Orlais, e ci vuole pochissimo perché il gioco sommerga letteralmente chiunque con i suoi contenuti. La primissima zona, una verde distesa chiamata Hinterlands, può da sola intrattenere con oltre 10 ore di quest secondarie, collezionabili e battaglie, ed è solo una minuscola parte della campagna. 
Cambiare l’intera struttura dev’essere costato a Bioware tempo e fatica, al punto da costringerli a usare il Frostbite come motore, poiché i loro vecchi engine non sarebbero bastati a supportare mappe così estese ed esplorabili. Stando al buon Cameron Lee, rimodellare il Frostbite attorno alle esigenze del team non è stato facile, ma una volta trovato il modo di supportare tutte le statistiche e gli elementi di un gdr la scelta ha permesso a Bioware di dar vita a un’opera infinitamente complessa. 
Ci crediamo, d’altronde l’impatto con la prima zona è davvero impressionante, e se si passa sopra a qualche glitch visivo minore e ad alcune animazioni legnosette non si può che gioire dinnanzi a tanta massa. Le 4 ore della prova le abbiamo praticamente impiegate tutte solo per finire la quest principale e qualche secondaria, e abbiamo a malincuore deciso di passare a un’altra zona avendo tralasciato dozzine di missioni extra ricche di sorprese. 
Il gameplay è poi cambiato per supportare la nuova esplorabilità delle regioni: ora il protagonista può saltellare un po’ ovunque e scalare pareti, mentre il targeting è divenuto più rapido e naturale, così da permettere di inquadrare gli avversari anche da una certa distanza. La gestione delle abilità è rimasta invece simile a quella del secondo capitolo, con un combat system velocissimo e molto spettacolare che permette di “programmare” l’IA dei propri compagni o di gestirli singolarmente dopo aver messo in pausa l’azione. Per i puristi di Origins è inoltre tornata la tactical view, che inquadra l’azione dall’alto e facilita il riposizionamento di ogni guerriero durante la battaglia. La visione tattica non è utile come lo era nel primo capitolo della saga, anche a causa di una telecamera che non si stacca molto da terra, ma vi assicuriamo che alle difficoltà alte la userete spesso, vista la necessità di tenere d’occhio ogni singolo movimento per non soccombere. 
Il duro momento della release
Dopo qualche ora gli avversari ci sono parsi molto più bilanciati e diversificati rispetto a Dragon Age 2, e il combattimento perfettamente apprezzabile sia dai giocatori che vogliono un po’ più di azione che dai puristi. D’altronde stavolta non ci sono cure magiche in battaglia, quindi la propria salute va gestita attorno al numero di pozioni trasportabili e alle manovre difensive a disposizione di guerrieri e maghi. Piazzate un taunt al momento sbagliato e il povero Varrick (altro personaggio noto) potrebbe venir massacrato da un demone fuori controllo, e non scordatevi mai di avere una barriera magica a disposizione o i vostri punti vita scenderanno in un lampo. 
Chiaro che non si possono esplorare gigantesche mappe piene di pericoli senza recuperare mai, pertanto i Bioware hanno deciso di spargere nelle varie zone dei punti in cui è possibile costruire un campo base. Trovateli durante il vostro girovagare e rigenererete ogni ferita, rinnovando peraltro le pozioni. È una curiosa gestione del tutto, che ci ha catturato da subito e cambia le carte in tavola. 
Nonostante il volto solcato dallo stress degli ultimi giorni prima della release, Lee è stato una presenza rassicurante nel mezzo della prova. Niente terrore nei suoi occhi, solo molta stanchezza e la chiara volontà di dimostrare che la sua squadra è ancora in grado di regalare magie ai fan. Inquisition non è un gdr comune, è un lavoro enorme che vi vedrà conquistare lentamente enormi regioni per l’inquisizione, e gestire missioni delicatissime con l’aiuto dei vostri sottoposti. Al tavolo della guerra, un’opzione sbloccatasi dopo il completamento della prima quest line, sceglierete quali alleati utilizzare per ottenere dei bonus nelle varie regioni e rafforzare il vostro potere, il tutto con l’ausilio di punti speciali guadagnati durante il gioco. Molte operazioni facoltative si sbloccheranno inoltre in base alle vostre scelte e ai punti spesi. Si tratta di una ragnatela di avvenimenti che potrebbe portare a ogni genere di sviluppo, e siamo interessati a scoprirne di più. 
L’unico elemento che, durante l’evento, si è palesato nella sua totalità è stato il comparto tecnico, solido con qualche riserva. Dragon Age Inquisition è un gioco bello da vedere, con gran colpi d’occhio e un’ottima art direction. La cura per il dettaglio la si nota fin dalla complicatissima creazione del personaggio, che oltre a vantare i Qunari tra le scelte possibili offre un’infinità di opzioni. Bioware non è però una casa nota per i suoi impeccabili bug check, e anche nella prima zona abbiamo notato qualche glitch qua e là. Solo roba trascurabile, sia chiaro, ma vedere i propri compagni girovagare sui tavoli o un forziere che non reagisce al tocco dà un po’ di fastidio. Si spera non ci sia niente di più grave nel prodotto finito. Abbiamo testato la versione pc, e poi osservato quelle per console current gen. Inquisition si difende degnamente sia su PS4 che su Xbox One, mentre su computer è più definito e bello da vedere ma pesantuccio. Con configurazioni alte non ha problemi, mentre su quella disponibile (medio-alta) singhiozzava non poco al massimo livello di dettaglio. Graficamente è stato comunque fatto un lavoro più che degno, specie se si considerano le dimensioni del mondo.

– Potenzialmente enorme

– Più profondo, bilanciato e divertente rispetto al passato

– Innumerevoli spunti narrativi

La strada seguita da Bioware per il nuovo Dragon Age ci sta convincendo pienamente. Il titolo dà l’impressione di essere gigantesco, molto più profondo e rifinito del secondo deludente capitolo, e in grado di ridare realmente lustro alla leggendaria casa che lo sta sviluppando. Certo, la casa deve aver fatto non poca fatica a lavorare con un motore come il Frostbite, e qualche limatura è chiaramente ancora necessaria, ma se i bug rimarranno contenuti e il titolo manterrà le promesse fatte… potrebbe essere un grande ritorno. Noi ci speriamo vivamente.

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