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Call of Juarez: Bound in Blood

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Avatar di andymonza

a cura di andymonza

Pubblicato il 31/03/2009 alle 00:00
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Incredibilmente apprezzato al cinema, il Western non è uno di quei generi molto considerati dal mondo videoludico, che ha trovato in ambientazioni contemporanee o futuristiche i suoi migliori sbocchi rappresentativi. Qualche esperimento è comunque stato fatto, e di questi uno dei più riusciti è indubbiamente Call of Juarez sparatutto in prima persona del 2006 che nonostante un comparto tecnico afflitto da più di un problema, riuscì a convincere critica e pubblico grazie ad un plot intrigante e ad un multiplayer longevo e divertente. A tre anni di distanza il publisher Ubisoft ci ha invitati nei suoi studi per prendere visione di una versione provvisoria del nuovo capitolo della saga, Bound in Blood.

Fratelli di sangueQuesto nuovo capitolo della saga riporta indietro gli orologi di circa vent’anni, permettendo così al giocatore di scoprire molti retroscena legati ai personaggi già noti, come Ray, Thomas ed il suo fratellastro William; la storia si presenta intricata ed intensa, e fa dell’ingordigia, del tradimento e della redenzione i suoi temi principali, nella migliore tradizione western. Così come nel primo episodio, un notevole sforzo è stato riposto nella riproduzione di un’atmosfera tipica dei film del genere, che tra i campi di battaglia della guerra civile ed i villaggi dispersi nel deserto promette una moltitudine di location di grande impatto scenico. La struttura a livelli intervallati da cut scene permette al giocatore di scegliere quale dei due protagonisti interpretare prima di gettarsi nella mischia: da una parte c’è Ray, un vero duro armato con due revolver e svariati candelotti di dinamite, dall’altra Tom, che fa del fucile da cecchino e del lazo armi utili soprattutto nelle retrovie e nelle manovre evasive. Una volta sul campo i giocatori scopriranno un run and gun di stampo classico e votato all’immediatezza: i nemici si presentano quasi sempre in grandi numeri, ed il rinculo delle armi è quasi del tutto assente, dettagli che ricordano sparatutto di stampo decisamente classico; le dinamiche tipiche del genere sparatutto si concretizzano nella presenza di diverse postazioni fissse di cui è possibile usufruire, che spaziano dalle mitragliatrici a canne rotanti ai cannoni. Una particolarità è rappresentata dalla concentration, un’abilità che si carica man mano che si eliminano nemici in rapida successione. Quando il caricamento è completo si avrà accesso ad un breve rallentamento del tempo, in cui muovendo un puntatore con l’analogico sarà possibile designare un certo numero di bersagli visibili a schermo: al termine della selezione il tempo riprenderà a scorrere normalmente, ed i bersagli verranno colpiti automaticamente in rapida successione. Questa stessa formula si presenta talvolta in cooperativa con il compagno guidato dall’Intelligenza Artificiale, quando ad esempio si rende necessario sfondare una porta difesa da nemici dall’altro lato. Una volta in posizione si attiverà la concentration, la quale richiederà in questo caso di collimare il proprio mirino con quello del compagno. Le abilità uniche dei due protagonisti, come la capacità di Ray di piazzare e lanciare candelotti di dinamite, ed il lazo di Tom torneranno utili in sezioni dei livelli disegnate in maniera specifica per permettere loro di svilupparle. Durante la presentazione abbiamo potuto apprezzare la buona varietà degli ambienti che fanno da cornice agli scontri a fuoco, che spaziano da zone desertiche all’aperto ad interni di ville coloniali, permettendo diversi tipi di approccio. Apprezzabile è anche il ritmo dell’azione, che talvolta spezza la frenesia delle sparatorie intervallandole con fasi esplorative, dove abbiamo potuto apprezzare la capacità dei due protagonisti di aiutarsi a vicenda per superare ostacoli ambientali.A rendere le fasi esplorative decisamente più varie ci pensa la possibilità di montare a cavallo, dal quale sarà possibile anche combattere; in questo caso la concentration si effettuerà tenendo premuto il grilletto destro e con il palmo della mano tirando ripetutamente indietro l’analogico destro, in una tipica mossa “alla cowboy”.a spezzare ulteriormente l’azione ci sono le cut scene realizzate con il motore di gioco, che raccontano efficacemente il procedere della vicenda anche durante i livelli.

Comparto tecnicoDal punto di vista stilistico è interessante la scelta di non sporcare la visuale di gioco con qualsivoglia HUD: tutte le informazioni, come gli avvisi di fine munizioni, vengono dati al giocatore in maniera contestuale alla loro effettiva necessità. Non vi è inoltre necessità di alcuna barra della salute, in quanto il danno subito si rigenera in un tempo abbastanza breve.Le ambientazioni che ci è stato possibile testare presentavano un buon livello di dettaglio, tanto negli esterni quanto negli interni. La qualità delle texture non ottimale e la generale sensazione di mancanza di rifiniture sono pienamente giustificate dallo stadio ancora arretrato dei lavori: le possibilità per fare bene ci sono, grazie al buon design di base, resta da vedere come gli sviluppatori sfrutteranno i mesi a venire.

Call of Juarez: Bound in Blood assolve pienamente il compito di riproporre l’atmosfera da western d’altri tempi che ha fatto la fortuna del predecessore. La scelta di inserire due protagonisti utilizzabili, ognuno con caratteristiche proprie, è sicuramente gradita e giova al fattore rigiocabilità, anche se dispiace non poter contare su una cooperativa per due giocatori, che avrebbe senza dubbio valorizzato la produzione. E’ ancora presto per un giudizio sul comparto tecnico, anche se dalle prime impressioni si rivela senza dubbio funzionale, ma un po’ indietro rispetto all’attuale stadio evolutivo di questa next-gen.

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