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Recensione

Wonder Boy: The Dragon's Trap

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 18/04/2017 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

8

Informazioni sul prodotto

Immagine di Wonder Boy: The Dragon's Trap
Wonder Boy: The Dragon's Trap
  • Sviluppatore: Lizardcube
  • Produttore: DotEmu
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE , SWITCH , MOBILE
  • Generi: Azione , Avventura
  • Data di uscita: 18 aprile 2017 - 8 giugno 2017 (PC) - 30 maggio 2019 iOS Android

Quando nell’89 Ryuichi Nishikawa e il suo team diedero alla luce Wonder Boy III: The Dragon’s Trap, la serie era già molto conosciuta e amata dai giocatori dell’epoca; era il periodo in cui SEGA la faceva ancora da padrone e il Sega Master System poteva fregiarsi di uno dei migliori titoli a 8 bit di tutti i tempi. 
A quasi trent’anni di distanza dal capitolo originale, i francesi Lizardcube si occupano del suo remake, pubblicato da quella DotEmu che con simili operazioni dedicate ad altri classici ha già raccolto i favori del grande pubblico.
La maledizione del Drago
Il merito più grande degli sviluppatori è stato quello di non aver reinventato, modernizzato e dunque deturpato in alcun modo l’opera originale, che è rimasta inalterata nel feeling e ha mantenuto la sua aura di sacralità. 
La storia riprende da dove si concludeva Wonder Boy in Monster Land, con la sconfitta del Meka-Dragon all’interno del castello. Il protagonista, dopo averlo sconfitto, subisce una maledizione che lo tramuta in un essere metà uomo e metà lucertola, prima delle cinque trasformazioni in animali antropomorfi che il protagonista dovrà subire suo malgrado. In The Dragon’s Trap, infatti, dovremo peregrinare lungo un mondo di gioco interconnesso e composto da grandi aree tematiche alla ricerca di una cura, resistendo all’anatema che il terribile nemico ci ha scagliato addosso nel momento esatto della sua dipartita. Ogni mutazione – oltre a un aspetto differente – porta con sé diverse abilità e debolezze: l’uomo lucertola non può usare la spada ma può sputare delle palle di fuoco per colpire a distanza, l’uomo topo può camminare su dei blocchi speciali e raggiungere nuove aree e, più in generale, bisognerà capire come agire e quale direzione seguire a seconda della trasformazione subita.
Si consideri inoltre l’importanza – soprattutto per un gioco dell’epoca – che assumeva l’equipaggiamento, suddiviso tra spade, scudi e armature, che cambiavano alcune dinamiche di gioco e mettevano in luce la necessità di personalizzare il proprio alter ego a seconda delle diverse situazioni. Bisognava poi avere buone capacità mnemoniche per ricordarsi dove le nuove abilità acquisite potevano essere usate e in che modo bisognava progredire, con l’eventualità di scovare delle porte segrete disseminate lungo gli scenari. Tutto ciò che fu è insomma ritornato in questa nuova versione del gioco, e i nostalgici non potranno fare a meno di rituffarsi in un classico senza tempo, che si avvantaggia dell’ottimo lavoro di restyle del team di sviluppo, estremamente rispettoso verso l’opera originale. Chi invece non ha avuto modo di giocarci per motivi anagrafici o di tempo, dovrebbe avvicinarsi a questa serie, che verrà nuovamente omaggiata con un seguito spirituale attualmente in sviluppo sotto la supervisione di Nishikawa.
Beautiful Monster Land
Al di là della marginale aggiunta del personaggio femminile, a Lizardcube va riconosciuta la grande sensibilità di aver compreso fino in fondo lo spirito dell’opera originale, realizzando un lavoro di cosmesi davvero eccezionale, che calza a pennello su Dragon’s Trap come il migliore dei vestiti. Il gioco è stato ridisegnato a mano con uno stile unico, gli scenari sono stati arricchiti e caratterizzati in maniera superba con tanti dettagli; le animazioni sono state realizzate da zero, sono splendide da vedere e non mancano dei tocchi di classe che elevano la cifra artistica di questo remake. Il risultato finale è semplicemente encomiabile e l’operazione di svecchiamento può dirsi davvero riuscita. Ve ne potrete rendere conto da soli premendo il tasto apposito, che consente di passare in tempo reale dalla versione del 2017 a quella di fine anni ’80 tutte le volte che volete, scegliendo tra l’altro se utilizzare il vecchio sistema di password o meno.
Da rimarcare è anche l’eccezionale lavoro di Michael Geyre, compositore che ha arrangiato e reinterpretato le tracce musicali realizzate da Shinichi Sakamoto, con uno stile immediatamente riconoscibile ed evocativo e una serie di strumenti in grado di dare una nuova dimensione alla colonna sonora. L’autore è voluto rimanere il più possibile vicino alle melodie orecchiabili di Wonder Boy III, cambiando raramente la struttura dei pezzi e aggiungendo qua e là delle armonie, in maniera sempre discreta e originale. Ottimo anche il lavoro di sound design, attento, preciso e in grado di dare corpo ai suoni minimalisti dell’opera originale. 
Chi conosce a menadito Wonder Boy III: The Dragon’s Trap, in un paio d’ore potrà portarlo a termine, mentre tutti gli altri dovranno fare i conti con alcune aree avanzate più ostiche del solito, superabili memorizzando i pattern di attacco e i posizionamenti nemici. In ogni caso, è possibile selezionare in questa versione tre livelli di difficoltà, con la più complicata che aggiunge una clessidra che vi toglie un po’ di vita tutte le volte che non riuscirete a superare in tempo le diverse sezioni.

– Ridisegnato a mano, ricco di dettagli e con nuove animazioni

– Arrangiamento della colonna sonora encomiabile

– Nuovo livello di difficoltà

– La nostalgia picchia forte

8.0

Wonder Boy: The Dragon’s Trap è un remake coi fiocchi, capace di dare nuova linfa a un classico di quasi trent’anni fa con una cura davvero degna di nota. Si tratta a tutti gli effetti di un restauro che gli amanti dell’opera originale apprezzeranno, e al contempo di un’operazione che farà avvicinare i neofiti della serie, i quali non potranno rimanere indifferenti di fronte al lavoro certosino e ispirato di Lizardcube.

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