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Secret of Mana, provato il remake dell'RPG di Square-Enix

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Avatar di Gottlieb

a cura di Gottlieb

Pubblicato il 22/10/2017 alle 00:00
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Il retrogaming, si sa, non passa mai di moda, così come l’effetto nostalgia. Senza dover scomodare altissimi studi antropologici o filosofici, è risaputo che riproporre sul mercato, soprattutto quello videoludico, un prodotto che ci era caro in tempi puerili è una mossa vincente. Lo SNES Mini ne è la prova, ma anche l’avvicinarsi del Commodore 64, che abbiamo potuto scoprire alla Milan Games Week, attesta come questo trend sia sempre più forte e in voga. Tralasciando l’aspetto delle console, però, quest’anno Crash Bandicoot ha dimostrato come l’effetto nostalgico possa essere un vero e proprio successo di vendite, sia per riportare i più adulti ed esperti con la mente all’indietro sia per far scoprire ai più giovani ciò che ci faceva divertire quando avevamo la loro età. Secret of Mana, per non essere da meno, tornerà, quindi, a più di vent’anni dalla prima release per Super Nintendo in Giappone, sulle nostre console. Lo abbiamo provato, per i primi quindici minuti, nella sua versione PlayStation 4.

Il Re Artù del Sol LevanteCi ritroviamo in un mondo incantato, governato d questa potenza magica nota come Mana, da cui d’altronde il titolo del gioco. Avere a disposizione tale forza mistica ci permetterebbe di godere di un periodo florido e rigoglioso, che già in passato aveva supportato uno sviluppo di grande spessore per tutta la civiltà. Nel nostro percorso, però, ben distanti da queste mire espansionistiche e di miglioria della specie, ci ritroviamo nei panni di tre giovani ragazzi che esplorano in maniera scanzonata la natura circostante il proprio villaggio. Tra questi c’è Randi, il nostro protagonista, che dopo una ruzzolante caduta in acqua si ritrova in un piccolo stagno dinanzi alla Mana Sword, una spada antica che richiama la sua attenzione chiamandolo per nome. Ben presto il Nostro si ritroverà nelle vesti di custode di un antico potere, che va brandito con grande parsimonia, ma che allo stesso tempo lo porterà verso un ruolo di grande importanza, ma anche di grandi problemi da vincere, tra cui l’esilio dal proprio villaggio. La nostra avventura, nel remake che ci è stato proposto, riparte proprio da qui, dal ritrovamento della spada e dall’approccio al villaggio, con tutti i crismi del gameplay che già ci era stato proposto negli anni Novanta. Il feeling è rimasto lo stesso, con delle meccaniche che non ci stancano: avremo dalla nostra una barra della stamina che ci porterà a dover dosare i colpi inflitti ai nostri avversari, che non potranno, quindi, subire uno spam continuo dei colpi di spada. Ci toccherà, insomma, temporeggiare negli attacchi, sfruttando il tempo a nostra disposizione per ricaricarci e colpire gli avversari tempestivamente. Nonostante gli anni siano trascorsi copiosi sotto i ponti, il battle system di Secret of Mana riesce a essere ancora gradevole, soprattutto per la sua immediatezza e il suo essere molto rapido, lontano dai dettami turnistici che alle nuove generazioni non riescono a donare fascino. Avere adesso questo controllo sulla stamina apre a tantissime varie accezioni che ci spingono a dover elaborare una strategia tale da ottenere un impatto sempre al meglio per il nostro colpo. C’è comunque da dire che la build era pesantemente in lavorazione, il che ci ha spinti tra le mani di un prodotto che soffriva di qualche bug e di qualche imperfezione: tralasciando le texture ancora decisamente da rivedere, il lag nel danno inflitto è stato pesantemente fastidioso. Colpire e avere una risposta delle hitbox molto ritardata permetteva all’avversario, prima di cadere al suolo, di sferrare un ultimo colpo: trovandoci dinanzi ad avversari molto minuti e poco forti, non abbiamo riscontrato eccessive problematiche, ma ci fossimo trovati dinanzi a qualcosa di più complesso e grande, ne avremmo sicuramente sofferto.

La forza del primo Secret of Mana era, supportati dal multitap, quella di poter gestire un party da tre guerrieri, se possiamo così definirli, affiancando a Randi anche un folletto e una fanciulla, dotati entrambi di armi e abilità ben specifiche: in questa nostra prima prova, che si è interrotta dinanzi a un boss dopo esser sprofondati nel sottosuolo di un villaggio, non ci ha permesso di arrivare così avanti nell’avventura e godere di un party allargato, ma in ogni caso, ribadiamo, il feeling con Randi è stato positivo e molto simile a quello di cui potevamo godere già vent’anni fa. Passando, però, allo stile col quale Secret of Mana è stato riproposto possiamo confermare di aver visto dinanzi a noi la stessa fantasia e gli stessi colori che ci colpirono negli anni Novanta: la pixel art è stata completamente abbandonata, per dare libero sfoggio a un modus operandi diverso, ma non per questo da condannare, anzi. I personaggi seguono lo stile del super deformed, ma non stonano in un ambiente che fa dei colori pesantemente accesi la sua forza.

– Resta il fascino di un tempo

– Il battle system si mantiene moderno

Secret of Mana ebbe un successo indiscusso per la produzione videoludica degli anni Novanta. Ritrovarlo adesso, con più di vent’anni sulle spalle, è un piacere per chi ne ha goduto all’epoca e potrà rituffarsi in quest’esperienza nostalgica, ma sarà, come sempre, anche un modo in più per i giovanissimi di andare a scoprire la storia del videogioco. Che poi tale operazione possa spianare la strada ad altri titoli di quell’epoca ce lo auguriamo tutti. Avete forse detto Chrono Trigger?

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