Anteprima

Perception

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a cura di ParyKon

Spesso si tende ad ignorare quanto l’industria videoludica sia mutevole, se confrontata con le poche realtà affini realmente comparabili in termini di diffusione e fatturato. Quasi nessun altro settore è stato infatti capace di svilupparsi con una simile rapidità, espandersi con tale ritmo e di conseguenza rinnovarsi al punto da cambiare quasi radicalmente con tale costanza. Basti pensare, in fondo, a quanto fosse differente il mercato solo un ventennio fa. Oltre alla totale assenza di produzioni multimilionarie, il prodotto finale era riservato a quella che rispetto ad oggi è una nicchia -pur essendo una massa sconfinata, se comparata con l’utenza del decennio immediatamente precedente. Il videogioco è dunque cambiato nella sostanza a tal punto da imporre una corrispettiva evoluzione estrema del processo di produzione; come conseguenza, in quest’industria è stato finora molto difficile mantenere il proprio lavoro immutato nel corso del tempo. È raro infatti trovare un gran numero di impiegati -direttamente interessati allo sviluppo di videogames- in attività da più di 15 anni, mentre si sente parlare sempre più spesso di veterani che abbandonano l’industria o la propria posizione dandosi spesso a ruoli differenti o progetti più contenuti. Questo, anche perché statisticamente le software house faticano a durare nel tempo, indipendentemente dal successo passato o dalla popolarità momentanea; quando invece riescono restare in attività, capita che crescano a dismisura, cambiando politiche e spesso trasformandosi nella sostanza. Non è raro che in casi simili, autori particolarmente prolifici e/o artistici decidano di salvaguardare la propria libertà creativa abbandonando spontaneamente il proprio studio, in cerca di un impiego eventualmente meno ambizioso ma più appagante.
Indie sì, ma quanto?
L’esistenza di studi come il neonato The Deep End Games prova come simili fenomeni non siano tutto sommato unici né rari, nonché come tendano a far rivalutare sempre più lo stereotipo di indie. Almeno, rispetto a com’è inteso usualmente dall’immaginario collettivo. Pensando al mercato indipendente, infatti, generalmente viene in mente un parco giochi saturo di produzioni a basso budget, di solito realizzate da mani inesperte; non avere un publisher è però talvolta più una chiara scelta che un’involontaria condizione in cui si è bloccati, specialmente se si parla di team composti da veterani che hanno preferito la libertà di esprimersi ad una certezza maggiore in fatto di introiti. 
Pare essere proprio il caso della nuova software house con sede a Boston: la quasi totalità del personale vanta infatti di un curriculum invidiabile, e viste le competenze generali si direbbe tutto fuorché un generico studio indie. Certo, bisogna anche riconoscere come la compagnia non sarebbe quasi certamente mai esistita, se non in conseguenza diretta alla chiusura improvvisa (e a detta di molti, prematura) dell’ormai diciassettenne Irrational Games. Guerrilla Games (Killzone, Horizon: Zero Dawn) ha accolto a braccia aperte gli ex dipendenti della software house che ha dato vita a Bioshock, mentre Ken Levine (creatore della serie e figura iconica dell’industria) ha aperto un proprio studio dalle dimensioni quantomai ridotte; un piccolo gruppo, capitanato da Bill Gardner, ha però deciso di staccarsi da simili realtà più o meno affermate per prendere parte ad un nuovo, ambizioso progetto.
Gardner pare quantomai adatto a tale ruolo: la sua esperienza di 12 anni con Irrational non è certo ignorabile, similmente al suo coinvolgimento determinante in caratteristici livelli di Bioshock dalla forte personalità (come “Welcome to Rapture” e “Fort Frolic”). Ovviamente non è il solo ex dipendente di Irrational ad unirsi alla compagnia: il comparto audio infatti è affidato a J. Bonney (che abbandona la società dopo 15 anni, alla luce del proprio pluripremiato lavoro su Infinite), mentre al team si uniscono il designer K. Bezio (BioShock, Bioshock Infinite) e R. Waters (System Shock, Thief,  Bioshock, Infinite). I volti nuovi appena reclutati nell’azienda si alternano poi a personalità familiari, seppur non legate ad Irrational: come B. Johnson (già celebre per i suoi contributi a Il Padrino, The Simpsons Game e Dead Space), uscito dalla Visceral Games controllata da EA; o J. Malaska, con i suoi 11 anni di esperienza alle spalle sparsi tra Avalanche Studios, DICE, 2K e Kaos Studios. Anche J. Wahl (Rock Band, The Beatles: RB, Dance Central) ha deciso di mettere la sua esperienza decennale al servizio della software house, proprio come H. Nguyen (noto per i contributi a The Old Republic ed i titoli Bioshock) e J. Fialkov (scrittore divenuto -anche- noto per il coinvolgimento in Afro Samurai: Resurrection, in passato sotto contratto con Marvel Comics, DC, Legendary, Oni Press, IDW, Dark Horse, Image e svariate altre case editrici). 
Insomma, le personalità dietro a questo ambizioso progetto di certo non mancano. Anzi, possono tranquillamente fare invidia alla stragrande maggioranza di studi indipendenti (e non, talvolta); nell’esattezza, però, cosa sta sviluppando un piccolo studio a tal punto stracolmo di talenti? 
Il titolo
Vediamo in prima persona il tetro mondo di gioco attraverso gli occhi di una ragazza. “Vediamo” per così dire, considerando che la protagonista è cieca. L’ambiente in cui siamo immersi è avvolto in una perenne, fitta oscurità: solo le onde sonore (i rumori, insomma), rimbalzando sulle superfici, ci permettono di farci una limitata e momentanea idea di ciò che ci circonda. Utilizziamo dunque questa sorta di sonar biologico -simile a quello di pipistrelli e animali notturni-, accompagnato dal nostro tipico bastone bianco, per intravedere di sfuggita la mutevole dimora che siamo portati ad esplorare -facendoci strada a suon di bacchettate sul terreno. Ci ritroviamo insomma nei panni di una sorta di innocua versione di Daredevil, calata in uno scenario horror che promette di catapultarci in più epoche differenti. Tuttavia, a differenza dell’Uomo Senza Paura, Cassie Thornton (la protagonista) non può servirsi delle arti marziali per contrastare la minaccia che è portata ad affrontare: nel gioco non esiste infatti alcuna possibilità di combattere. A perseguitare la ragazza, dopotutto, non troveremo che una Presenza sovrannaturale, nel pieno canone dell’horror.  
Sono queste le premesse di Perception, titolo approdato il maggio scorso su Kickstarter e previsto sugli scaffali (digitali) entro quest’estate.
Gli elementi chiave del progetto sono stati resi noti fin da subito: l’uso dell’ecolocalizzazione per vedere, la mutevolezza dell’ambiente circostante (che cambia radicalmente con il risolvere degli enigmi) e la possibilità di viaggiare nel tempo, il tutto in un nascondino mortale con letali nemici (tra cui La Presenza) che affronteremo unicamente con l’ingegno. Lo scopo principale sarà dunque quello di svelare i misteri della dimora abbandonata che infesta i sogni della protagonista.
Cassie è armata solo di intelligenza, bastone per non vedenti e smartphone: dovrà servirsene astutamente per risolvere gli enigmi in cui avrà modo di imbattersi, facendo però attenzione a non attirare La Presenza con il rumore. L’entità spettrale, che perseguita gli abitanti del posto da generazioni, ora è sulle tracce della protagonista, ma non fatevi ingannare: non si tratta di una minaccia astratta od eterea, bensì di un vero e proprio mostro fisicamente ed attivamente intento a cercarci. Non è possibile difendersi, è dunque necessario nascondersi pregando di non essere scovati, o sfruttare il territorio, usando a proprio vantaggio rumori circostanti (come il suono di un vecchio orologio) o lanciando oggetti (creando “bombe sonore” utili a distrarre il nemico).
L’esplorazione della casa si trasforma quindi parallelamente in un gioco del gatto e del topo dai risvolti marcatamente horror, ma non è tutto ciò che il titolo ha da offrire. L’investigazione resta un elemento chiave dell’esperienza: lo smartphone, ad esempio, sarà essenziale per esaminare oggetti e leggere note/scritti trovati in giro. Oltre a ciò, le meccaniche del viaggio nel tempo fanno da padrone: esplorando differenti epoche avremo modo di tornare alle origini temporali della dimora, osservandone l’evoluzione attraverso i decenni. Di generazione in generazione infatti la casa cambierà aspetto e struttura, mutando architettura ed arredamento, aggiungendo intere sezioni e cancellando per forza di cose la familiarità che man mano si tenta di acquisire con l’ambiente. Anche gli “abitanti” cambieranno col tempo: l’obbiettivo sarà quindi quello di trovare la “fonte del male” in ogni epoca, eliminandola.
Un gioco ispirato
All’apparenza, il titolo può sembrare vagamente una sorta di ibrido tra System Shock/Biosock, Gone Home e Beyond Eyes. Il concept della protagonista cieca che “vede a intermittenza” in relazione al suono non è infatti nuovo (il titolo pubblicato lo scorso agosto da Team17 propose già qualcosa di simile), e l’ambientazione costituita da un’unica abitazione ricorda da vicino l’indie di Fullbright Company; le atmosfere horror sembrano dare una strizzata d’occhio al System Shock realizzato anni fa da alcuni membri del progetto, mentre la narrativa richiama in qualche modo quella di Bioshock. Proprio come nel titolo Irrational (e nel sequel/prequel Infinite), infatti, veniamo a conoscenza degli effettivi risvolti della storia attraverso registrazioni audio (o messaggi dalla medesima funzione), spesso letti sfruttando una determinata applicazione dello smartphone. Quando richiesto, l’app inizierà a leggere il testo di nostro interesse in una voce digitale e fredda, simile a quella di Siri o Cortana (quella di Windows, non di Halo), che muterà rapidamente trasformandosi nella voce dell’autore del messaggio. 
È inoltre opportuno ricordare come ai vertici del progetto sia posto Bill Gardner, celebre per aver progettato alcune delle sezioni più riuscite di Bioshock (contraddistinte da sezioni stealth, focus sulla narrativa ed atmosfere tendenti all’horror). Insomma, gli eventuali dubbi che può suscitare il gioco non possono certo riguardare la narrativa o le locations/atmosfere. Gli sviluppatori ci tengono infatti a precisare come il team sia composto da individui con decenni di esperienza, esperti (tra l’altro) nella gestione del motore grafico scelto, l’Unreal Engine 4. 
Pare che l’esperienza del team abbia portato la software house a non sottovalutare il feedback del web: proprio su suggerimento degli utenti è infatti stata introdotta la modalità “silent night“, in cui la protagonista non parla per la stragrande maggioranza del tempo, recitando unicamente dialoghi estremamente importanti ai fini della trama. La modalità è stata creata espressamente per permetter ai Let’s Players di gestire con più libertà lo stream del titolo sulle piattaforme preferite (senza doversi preoccupare di coprire le parole della ragazza), pur presentando una versione del gioco fedele all’esperienza originale. Quasi a voler omaggiare le glorie di un tempo e l’industria indipendente, Deep End ha inoltre deciso di includere un’altra modalità, definita semplicemente “7“: consiste nella possibilità di apprezzare la grafica del gioco rivista da un filtro pixellato che tenta di emulare i titoli a 16 bit, con evidenti richiami ai successi del passato (in particolar modo nei font usati e nelle finestre di dialogo).
Sì farà, anzi, è già quasi completo 
Grazie al contributo di circa 4.300 persone, il gioco è riuscito a superare la soglia dei 150.000 dollari richiesti per finanziare il progetto: ne sono infatti stati raccolti ben 168.000. La software house ha promesso di devolvere 25.000 dollari (presi direttamente dai fondi per lo sviluppo del gioco) in beneficenza, in particolare ad un’organizzazione no-profit per il supporto ai non vedenti.
Purtroppo al momento non sembrano esserci piani per un’eventuale versione retail: solo alcuni backers potranno assicurarsi una copia fisica del gioco. Tutti gli altri dovranno accontentarsi della versione di Steam; GoG.com ha infatti deciso di non ammettere il gioco nel proprio store, almeno prima di essersi assicurati della qualità della produzione. Un’eventuale comparsa futura nel negozio virtuale di Cd Projekt resta più che plausibile, ma probabilmente avverrà in ritardo rispetto al lancio sullo store Valve.Lo sviluppo di Perception sembra avviarsi alla conclusione: la software house precisa infatti quanto il gioco sia prossimo alla fase Gold. La release è tuttora prevista per il prossimo giugno su Windows, Os X e Linux; il team ha mostrato interesse in un eventuale porting su console (in particolar modo PS4), nel caso il titolo dovesse soddisfare critica e pubblico.

– Atmosfera notevole

– Idea di fondo molto interessante

Il gioco d’esordio di The Deep End Games porta la firma di un gruppo di volti più o meno noti nell’industria videoludica. Perception cala il giocatore in una tetra abitazione infestata da entità sovrannaturali, esplorabile però unicamente attraverso i sensi della cieca protagonista: solo la nostra intelligenza potrà permetterle di risolvere gli enigmi sparsi per il gioco, estirpando così il male dalle svariate epoche in cui si ambienta il titolo.

L’indie del neonato studio ha le carte in regola per rivelarsi una perla che nessun amante dei titoli horror/improntati sulla narrativa dovrebbe lasciarsi sfuggire.

Riuscirà il titolo del talentuoso team a non deludere le aspettative?