Otto ingredienti per un vero strategico

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Il mondo videoludico è attraversato da innumerevoli leggende e luoghi comuni e fra questi, uno dei più ricorrenti soprattutto nel mondo PC, è che gli strategici siano sulla via dell’estinzione, che non vengano più pubblicati titoli e che i fan del genere siano ormai delle mosche bianche. Nulla di più falso: basta prendere l’anno che si sta per concludere per accorgersi che, tra strategici in tempo reale o a turni, di produzioni ne sono uscite parecchie, sia di tripla che più di nicchia. Guardando alla realtà, si scopre quindi che il genere è più vivo che mai, che quantitativamente le ore da passare attaccati allo schermo pianificando la prossima invasione o scegliendo un nuovo alleato sono davvero parecchie. Ma qualitativamente? Tutto il mondo dei videogiochi è fatto di alti e bassi ed anche il microcosmo degli strategici non fa certo eccezione e di giochi che propongono meccaniche all’acqua di rose, che mettono in scena una IA molto deficitaria o, ancora, che offrono una ristretta scelta fra le fazioni – magari anche con poche differenze tra di esse – ne abbiamo visti parecchi. Ecco quindi qua di seguito una lista di otto ingredienti utili per un ottimo strategico. Badate bene, come in una vera ricetta, non è detto che tutti gli ingredienti debbano coesistere simultaneamente, proprio per come sono strutturati, alcuni strategici escludono a priori determinate meccaniche, ma complessivamente possiamo dire che laddove troviamo questi elementi, spesso siamo anche davanti ad un ottimo strategico.
Tutorial
Partiamo dal principio, dal lasciapassare per ogni strategico. Il genere di cui stiamo trattando, si sa, non è certo fra i più facili da digerire: partite trascinate e finite male per via di scelte disgraziate, panico davanti ad interfacce e numeri e senso di spaesamento di fronte ad icone, unità e territori sono all’ordine del giorno quando ci si approccia per la prima volta ad nuovo strategico. Ecco perché avere nella propria faretra un tutorial degno di questo nome, che simuli ed approfondisca nel dettaglio la gran parte delle meccaniche – non solo spiegando come muovere un’unità o costruire il prossimo edificio – può evitare l’abbandono da parte di una buona fetta di utenti dopo i primi minuti di gioco e soprattutto può favorire l’avvicinamento al genere di una nuova fetta di fan. Per citare qualche esempio di tutorial ben fatto, andando indietro con gli anni, calza a pennello il caso di Age of Empires 2 – ok, già di per sé era un RTS molto abbordabile – che prendeva per mano i neofiti e, tramite un intera campagna dedicata a William Wallace, introduceva passo per passo tutto ciò che vi era da conoscere.  
User Interface
Il secondo punto va a braccetto con il primo. Quante volte è capitato che, finite le fasi di spiegazione, dove tutto pareva chiaro, ci si è trovati dispersi in schermate, pannelli e menù ermetici? Purtroppo, non sono pochi i casi di strategici penalizzati da una user interface difficile da interpretare, in cui le icone non hanno un chiaro ed immediato rimando alla loro funzione e dove si corre il serio rischio di navigare a vuoto fra le numerosi voci, non riuscendo ad unire tutti i tasselli del puzzle. Un esempio negativo viene dalla terra dei maestri dei menù e delle interfacce criptiche, ossia il Giappone. La Terra del Sol Levante non è certo il luogo da cui provengono la maggior parte degli strategici – soprattutto per noi occidentali – ma le incarnazioni più recenti delle serie Nobunaga e Romance of the Three Kingdoms hanno fatto parecchio storcere il naso in merito all’immediatezza e alla leggibilità di molte interfacce di gioco, piccole e complicate da leggere al di là dell’ostacolo linguistico. All’opposto, nonostante la mole di dati e di informazioni contenute, quanto recentemente proposto da Paradox Interactive con Hearts of Iron IV lascia ben intendere come un gioco profondo e complesso riesca a diventare molto più digeribile se tutte le informazioni sono facilmente raggiungibili tramite una user interface ben costruita.  
Narrativa
Quando ci si approccia ad uno strategico, difficilmente la prima cosa su cui si concentra l’attenzione è la narrativa ma, soprattutto laddove la portata principale è la campagna singleplayer, avere a che fare con uno storia raccontata come si deve differenzia un prodotto buono da uno che riesce a lasciare il segno. In fine dei conti, anche se le sue fortune attuali le deve all’online e al fenomeno degli eSport, le serie StarCraft e WarCraft – prima della svolta verso l’MMO – sono titoli i cui protagonisti sono entrati nelle memoria collettiva, uscendo dal loro recinto originario e espandendosi verso nuovi orizzonti, leggasi Heroes of the Storm. Se le produzioni Blizzard sono però un’ancora fin troppo sicura, volgiamo lo sguardo altrove, ad esempio nel terreno dei 4x, dove all’apparenza un sistema sandbox lascia ben poco spazio a storie di eroi e di imprese. Il recente caso di Endless Space 2 – nonostante il titolo sia ancora in Early Access – dimostra che anche una campagna non story-driven possa avere qualcosa da raccontare, grazie una caratterizzazione approfondita delle fazioni e grazie ad una linea narrativa che coinvolge il passato, il presente ed il futuro dell’universo intero. Infine, un’analisi a parte va effettuata sulla Storia, che spesso caratterizza non pochi prodotti di questo genere. Paradox Interactive, Creative Assembly, Ageod e NorbSoftDev sono solo alcune case di sviluppo che hanno ambientato il loro titolo in un preciso periodo storico e, se spesso sono riusciti ad adattare adeguatamente il gioco in questione rispetto al contesto geopolitico e militare, non sempre le operazioni sono perfettamente riuscite. Fidatevi, per un maniaco della Storia verso cui sono dirette queste produzioni, anche la minima sbavatura, un territorio assegnato alla nazione sbagliata o un armamentario fuori luogo sono un vero pugno nell’occhio. 
Fazioni
Difficile dire quale sia il numero giusto che uno strategico debba proporre, perché nella realtà dei fatti molto dipende dalla struttura del gioco in questione e, ad esempio, il fatto che in Homeworld vi siano solo due forze non appare limitante per via delle vicende che coinvolgono Hiigarans/Kushan e Taiidan. Al di là dei casi specifici, come è intuitivo, si sarebbe portati a pensare che un numero elevato di fazioni sia necessariamente un fatto positivo. Questo è vero solo in parte e, senza andare indietro di troppe settimane, Cossacks III dimostra che se le fazioni sono sì tante, ma le differenze tra di esse sono minime, il risultato è comunque negativo. Per questo motivo è quindi evidente che è molto meglio avere una scelta anche minore, ma quello che conta realmente è che l’esperienza di gioco vari in modo netto a seconda della forza che si sceglie: unità differenti, sia dal punto di vista estetico che per le statistiche, background narrativo che le caratterizzi ed albero delle tecnologie unico sono solo alcuni degli elementi su cui gli sviluppatori giocano per proporre fazioni che garantiscano un approccio differente al loro gioco e che favoriscano anche la rigiocabilità stessa. Un esempio lampante di quanto evidenziato, al netto di DLC ed aggiunte in continuo arrivo, è Total War:WARHAMMER il quale, pur buttando nella mischia solo nani, vampiri, umani/Impero e orchi è riuscito a garantire un approccio al gioco non differente, ma del tutto opposto in base alla fazione selezionata.
Mappe
Sotto questa voce convergono una molteplicità di aspetti, differenti se si tratta di uno strategico a turni, in tempo reale o con un mix fra le due fasi. Facendo una somma del tutto, potremmo però riassumere quello che vogliamo esprimere con una semplice frase: il terreno di gioco deve avere un ruolo attivo ed un chiaro impatto strategico. Considerando in primis un RTS, Act of Aggression  (almeno alla sua uscita, nel caso di patch recenti mea culpa Ndr.) presentava un gameplay che purtroppo teneva ben poco in considerazione gli elementi dello scenario, motivo per cui ripide discese o salite con una pendenza del 40% non influivano in alcun modo sui range di attacco o sulla balistica. Un secondo esempio in negativo arriva dal passato, precisamente da Stronghold. Per chi non lo sapesse, il fulcro del gioco risiede nell’assedio e nell’attacco al castello nemico ed è alquanto spiazzante vedere dei trabucchi effettuare lanci di massi con parabole al di là di ogni legge fisica e superare barriere verticali come se si trattasse di una leggera asperità. Viceversa, non sono pochi i casi di produzioni che sfruttano a dovere quanto proposto dalle mappe di gioco: Dawn of War e Company of Heroes, non a caso serie entrambe firmate Relic Entertainment, utilizzano lo scenario come principale chiave tattica, tramite un sapiente ed anche molto chiaro sistema di copertura e di sfruttamento degli edifici.  
Combattimenti
Arriviamo forse al punto più caldo della lista, la buccia di banana su cui scivolano molte delle produzioni che fino al momento in cui due “eserciti” si scontrano sembravano fossero riuscite. Il rischio in questo frangente ha un nome ben preciso e corrisponde al sistema “carta, forbice e sasso”. I titoli che si basano su questa meccanica per risolvere gli scontri non sono pochi, ma quello che differenzia un gioco in grado di stimolare le trovate strategiche da uno che richiede la mera applicazione ripetitiva di un sistema, sono gli innesti che i team di sviluppo utilizzano per mischiare le carte in tavola. Oltre alle già citate conformazioni morfologiche, accerchiamenti, attacchi dai lati o alle spalle, abilità speciali o modificatori dovuti alla vicinanza con un’altra tipologia di unità, sono tutte trovate indispensabili per evitare che, una volta scoperti punti di forza e di debolezza si utilizzi sempre la stessa tattica. Una seconda problematica, insita negli RTS più classici – Age of Empires, StarCraft, Rise of Nation… – è quella sensazione di caos incontrollato che viene a generarsi quando due schieramenti si trovano l’uno di fronte all’altro. In questo frangente le soluzioni valide sono purtroppo minori, e i palati più raffinati che prediligono un approccio più ragionato allo scontro difficilmente troveranno in questo sottogenere pane per i loro denti.   
Sviluppo
Guidare una fazione in uno strategico vuol dire vederla nascere, crescere ed affermarsi come superpotenza. Per dare questa idea di progresso è pertanto necessario che un titolo abbia dalla sua un sistema di sviluppo in grado di plasmare ogni aspetto della fazione, militare, civile, tecnologico o politico a seconda del titolo in questione. Un semplice albero delle tecnologie è sì un buon punto di partenza, ma non è affatto sufficiente: un percorso che parta da A e, lettera dopo lettera finisca sempre e comunque alla Z, non implica alcun risvolto strategico, non costringe il giocatore a prendere delle scelte su quale aspetto far progredire la propria fazione e, soprattutto, diventa un gesto meccanico, segnalato magari da qualche alert a schermo. Un chiaro esempio di come debba essere strutturato questo albero della tecnologia – o questi alberi se si guarda l’ultimo capitolo – proviene dalla serie Sid Meier’s Civilization, dove sbloccare tutto quanto è una zappa sui piedi e significa solo accumulare ritardi sulla via del progresso, mentre la scelta giusta risiede per l’appunto in una precisa logica strategica che permette lo sviluppo quasi solo esclusivamente su certe direttrici: avere la nazione con l’esercito più forte, scientificamente più avanzata, con un pantheon di dei sconfinato e con una politica moderna è praticamente impossibile. La scelta è e deve essere dei giocatori.
Diplomazia
Considerate questo punto come la ciliegina sulla torta, come quella spezia in più, non indispensabile, ma in grado di dare molto più sapore a determinati piatti. Poter interagire con le altre fazioni, se guidate da una IA valida, apre infatti nuovi orizzonti alternativi alla mera espansione territoriale o alla costruzione indiscriminata di nuovi edifici. Intessere una fitta rete di alleanze, accordi commerciali e sotterfugi risulta infatti molto più appagante che non avere un esercito fatto da migliaia di uomini con cui invadere e radere al suolo lo schieramento nemico. Nel panorama degli strategici non sono pochi quelli che mettono a disposizione del giocatore tale strumento, ma sono rari i casi in cui esso è davvero ben implementato. Aprire il pannello diplomatico e scoprire che le scelte si limitano alle mere alleanze, al dichiarare guerra o allo scambio economico è decisamente poco appagante: viceversa, uno dei titoli che si è spinto più in là è senza ombra di dubbio Europa Universalis IV, soprattutto dopo l’avvento delle espansioni Art of War e Rights of the Man. Nel titolo targato Paradox anche il più piccolo stato può gareggiare con le superpotenze ed essere una spina nel fianco per l’Impero Spagnolo o per la Francia grazie ad un raffinato sistema di alleanze, di favori e di relazioni ed equilibri fra potenze. Non è tutto, anche la dichiarazione di guerra non è un fatto slegato dal contesto e la si può perseguire solo per motivi ben precisi.

Questo articolo non ha la pretesa di esaurire tutto ciò che vi è da dire sul mondo della strategia, non abbiamo toccati punti come l’intelligenza artificiale o altri elementi non specifici del mondo in esame, ma crediamo che molti appassionati concordano con questa lista di quello che si vorrebbe trovare all’interno di un gioco appartenente a questo genere, elementi che se rispettati tutti quanti riescono a distaccare il progetto dagli strategici che sempre più numerosi arrivano su Steam e a porlo al di sopra della media.