Oculus GO, la multimedialità da soggiorno a 360°

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a cura di Matteo Bussani

È passato circa un mese da quando la realtà virtuale di Oculus GO è entrata nella mia quotidianità. Dopo aver sperimentato i primi televisori 3D, la versione originale di Oculus e infine il PSVR, sono dunque approdato al primo headset completamente all-in-one, ovvero che non necessita di computer nè per quanto riguarda il calcolo dell’immagine, nè per quanto riguarda l’alimentazione, ma che funziona appena estratto dalla confezione.  Buono il prezzo, di 219€ per la versione 32GB e di 269€ per quella da 64GB: un entry point interessante per tutti quelli che vogliono provare un nuovo modo di sperimentare i contenuti senza spendere cifre esorbitanti.
Oltre al prezzo ragionevole rispetto agli altri concorrenti che richiedono un esborso iniziale maggiore (tipo il Gear VR che prevede l’abbinamento del dispositivo con uno smartphone recente), Oculus Go offre un ottimo comparto tecnico per rendere di spessore l’esperienza d’uso.
Ma in pratica, cos’è e come funziona questo Oculus GO?
Immaginate una semplice proporzione: Oculus Rift sta a Windows come PSVR sta a Playstation, come a sua volta Oculus GO sta ai sistemi operativi “mobile”. La natura intrinseca di questi sta nella loro portatilità, nel fatto che esiste un’applicazione più o meno per tutto e con essa (a seconda del dispositivo su cui è installata) siamo in grado di fare qualunque cosa, anche se spesso ci sono piattaforme dedicate, che svolgono meglio una determinata funzione. 
Oculus GO è questo.
Prima di tutto è portatile, l’ecosistema software è spinto da una dotazione hardware che comprende i seguenti elementi, tipici di una scheda tecnica per smartphone.
– Schermo 5,5” 2560*1440 60-72Hz
Snapdragon 821
– Sensori tra accelerometro e giroscopio per tracciare la rotazione a 360° del visore
– Dispositivi per la resa dell’audio ambientale
– Batteria integrata per una durata dell’autonomia max di 150 min (120ca nella nostra prova).
Oculus GO apre poi il giocatore a un catalogo di app davvero importante, seppur la scelta delle applicazioni valide e interessanti non sia così enorme. Tutte rimarcano la natura multimediale del dispositivo, limitando al minimo il legame con la produttività. C’è su tutti Netflix, c’è Facebook Video, c’è Hulu e tante altre ancora, ci sono una marea di “esperienze interattive” a bordo di veicoli in movimento oppure per immergere il giocatore in altri mondi. C’è però a disposizione anche il browser, che riporta l’utente a un utilizzo più classico e operativo di questo dispositivo, che in fin dei conti offre la stessa esperienza multimediale di un tablet, proponendo un’inedita immersione all’interno dei contenuti.
Purtroppo per i giocatori, non è possibile sfruttare il software sviluppato per il fratello maggiore Rift, che richiede la potenza di calcolo di un ottimo computer, che non è collegabile al dispositivo per mancanza di porte input/output oltre che per i possibili problemi di compatibilità che potrebbero verificarsi.
Nella confezione troviamo il telecomando che interagisce con il dispositivo, si alimenta con pile AA e ricorda vagamente la metà semplificata di un classico joypad. Si è rivelato molto comodo, nonostante qualche piccola pecca da riscontrarsi nella zona touchpad, non sempre reattiva, e alla mancanza di un tracciamento spaziale, che ne limita il movimento alla rotazione sulla superficie di una sfera, virtualmente centrata sulla punta del gomito. Non è chiara la scelta di aver messo il tasto “Oculus (menù)” sotto quello “indietro”, dato che risulta scomodo anche per una mano piccola, ma a parte questo ci sentiamo di promuoverne l’ergonomia.
L’audio integrato è avvolgente, anche se per offrire una buona resa va facilmente a disperdersi nella stanza andando a infastidire chi vi sta vicino. Consigliamo l’utilizzo di una cuffia, o ancora meglio per questioni di spazio di un buon paio di auricolari. Nel caso l’utilizzo sia programmatico, infatti la comodità è un fattore determinante e non si vuole che nulla possa interferire con quanto di buono realizzato con il prodotto standalone. Il sistema di elastici e di tiranti è molto comodo e leggero, e si aggrappa bene alla testa dell’utente senza bisogno di perdere troppo tempo nella configurazione.
Occhio a non tenere i meccanismi troppo lassi, perchè altrimenti sentireste un eccessivo peso sulla parte superiore della fronte, che sinceramente viene a noia dopo poco ed è totalmente evitabile. 
L’autonomia dell’headset teorica è di 150 minuti di riproduzione video che, nello scenario reale, pur con tutta la connettività disattivata, si riducono a poco più di 2 ore, e a circa un’ora sfruttando al massimo la potenza di calcolo in giochi e applicazioni. 
Un risultato non cattivo, ma che porta inevitabilmente all’acquisto di un’alimentatore da 2A (non incluso) e di un cavo microSD lungo per ridurre al massimo i tempi di caricamento ed eventualmente parallelizzarli a quelli dell’utilizzo.
 Lo schermo ha un’ottima resa visiva, rispetto a molti dei concorrenti più vecchiotti, ma soffre ancora di un certo effetto di sfocatura ai bordi dell’immagine. Oculus GO, infatti, per migliorare l’immagine, tende a spingere al massimo la risoluzione di rendering sulla parte centrale dello schermo, riducendola ai bordi. Purtroppo il focus è ancora troppo piccolo per essere invisibile in alcune configurazioni. Vedendo video 2D con Netflix per esempio, ai bordi si nota quest’effetto, pur non in maniera evidente al punto da rovinare l’esperienza. Con i contenuti 360/3D questo si nota molto di meno, dato che il contenuto generale parte da una definizione molto buona, ma generalmente più bassa della prima.
Scongiurato infine il pericolo motion seekness: sia la frequenza di aggiornamento sia l’assenza di movimento (ribadiamo che non c’è una mappatura spaziale dello spostamento) non vanno in alcun modo a impensierire anche gli stomaci più deboli. 

Oculus GO è il “tablet” da soggiorno del 2018. Propone un fattore immersività incredibile, a un prezzo accessibile, e con un livello qualitativo ben al di sopra della maggior parte delle esperienze VR concorrenti. I limiti se vogliamo sono il focus totale solo sui contenuti visivi, e non quelli operativi, e la durata limitata della batteria che ne pregiudica la portabilità. Nasce così un prodotto per il grande pubblico, che parla con i contenuti che piacciono al grande pubblico, ma anche al geek che, pur riconoscendone i limiti, vuole godersi degli sfizi tridimensionali che possono convincerlo a fare il grande passo con i fratelli maggiori.