Recensione

Kingdom Hearts 3D

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a cura di Fatum92

Dieci anni non sono pochi. In un tale lasso di tempo possono cambiare molte cose, soprattutto in un’industria in continua evoluzione e mutamento come è quella del gaming. Oggi come oggi, infatti, la stragrande maggioranza delle produzioni si vedono invecchiare prematuramente ed essere tristemente dimenticate nel giro di pochi mesi. Alcune saghe, però, semplicemente, restano. Con sette episodi all’attivo, Kingdom Hearts rientra sicuramente in quella cerchia di opere che, nonostante vantino un ciclo vitale ragguardevole, possono ancora contare su un numeroso e appassionato gruppo di fan. Infatti, mentre l’attesa per il terzo capitolo ufficiale si fa sempre più sentita, Square-Enix festeggia il decimo anniversario della serie rilasciando, in esclusiva per Nintendo 3DS, Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance.

Sogno o son desto?Dobbiamo essere onesti: quando abbiamo cominciato quest’ultima avventura di Sora non è che gridassimo dall’entusiasmo. L’impressione di essere alle prese con l’ennesimo action condito dalle classiche dinamiche degli RPG ha reso il nostro primo impatto con il gioco piuttosto scialbo. Il level design del mondo iniziale, estremamente semplice, elementare e poco coraggioso, non ha certamente aiutato. Più di ogni altra cosa, però, la totale mancanza di localizzazione (benché risaputa) si è dimostrata irritante sin da subito e merita un approfondimento, poiché piuttosto importante nella valutazione complessiva. Non ci importa, infatti, di quei “moralisti” che credono che la lingua inglese non debba essere ritenuta più un “ostacolo” per i cittadini del mondo moderno, né tantomeno di coloro che, rassegnati, aggireranno il problema in altri modi e neppure ci interessano le ragioni dietro questa scelta, sta di fatto che, in un’era dove il nostro settore fa di accessibilità e libertà parole chiave (il progresso serve anche e proprio a questo), ci pare di essere tornati indietro di quindici e più anni. La vera aggravante e la principale causa della nostra arrabbiatura, però, è che questo inaccettabile trattamento è stato riservato solamente a Italia e Spagna. Gli utenti di queste nazioni si trovano così limitati, senza nessuna scelta: se vuoi giocare, ti tocca farlo in inglese. A chi preferisce le voci e i sottotitoli originali o a chi conosce la lingua importerà ben poco, ma tutti quelli che ricavano maggior coinvolgimento da dialoghi e didascalie tradotte nel proprio idioma o non comprendono sufficientemente l’inglese? Orbene: per costoro tale scelta non può che essere paragonata a nient’altro che una porta sbattuta in faccia. Nessuno pretendeva un doppiaggio in italiano, ma perlomeno i sottotitoli, nel 2012, ci sembrano d’obbligo, soprattutto per un prodotto quale è Dream Drop Distance. Di primo acchito, ci era così balenata l’irrefrenabile voglia di appioppare un sette e mezzo alla produzione, voto ugualmente buono. Ci siamo andati molto vicini, perché francamente manovre di questo genere non meritano indulgenza, ma alla fine abbiamo deciso di cambiare idea…

Se puoi sognarlo, puoi farlo Per Sora e Riku è giunto il momento di sottoporsi ad un esame importantissimo. Solo superandolo, infatti, potranno divenire dei veri Keyblade Master e sperare di avere qualche possibilità di sconfiggere il malvagio Xehanort. Il mago Yen Sid, quindi, li incarica di sbloccare le sette serrature dormienti, situate nei rispettivi mondi ed ubicate nel reame del sogno. A contrastare il loro cammino ci saranno i Dream Eaters, mostri disposti a tutto pur di fermarli. La missione non sarà facile.Il sogno è un argomento molto interessante da affrontare: il suo carattere illusorio, vago, di varco verso l’inconscio e l’ignoto rappresenta senza dubbio un punto di partenza per creare una storia letteralmente fantastica, libera dai vincoli imposti dalla realtà; onirica, appunto. Questo aspetto si va quindi a fondere con l’elemento che più di tutti contraddistingue la saga, ovvero la presenza di personaggi e universi marchiati Walt Disney. I nostri eroi incontreranno personalità del calibro di Quasimodo, Pinocchio e Tron, oltre agli immancabili Pippo, Topolino e Paperino.La vicenda porta così il giocatore ad esplorare ambientazioni molto diverse tra loro, ognuna contraddistinta da una storia personale, a rischio di disorientare chi ha poca confidenza con l’universo immaginario in questione. La presenza di flashback e di riferimenti a capitoli precedenti (con tanto di appunti che ne raccontano gli avvenimenti, ovviamente in inglese), poi, rende lo sviluppo abbastanza articolato e i neofiti potrebbero faticare a fare il quadro della situazione. Il plot è comunque appassionante e, tra momenti seri e parentesi umoristiche, non disdegna nemmeno di trattare, seppur con un po’ di leggerezza, temi più profondi quali l’amicizia e la fiducia, seguendo la tradizione delle opere Disney.

Tante realtà, un solo gameplayCome avevamo accennato in apertura, Nintendo 3DS tra le mani, il titolo non ci aveva immediatamente coinvolto. La giocabilità molto classica, dal gusto quasi retrò per certi aspetti, ci era inizialmente sembrata superata. Il fatto è che la prima ambientazione, la Città di Mezzo, presenta una realizzazione poco soddisfacente, troppo semplicistica, sia per dinamiche di gioco che per design estetico, poco ispirato e poverissimo di dettagli. Ciò è comunque giustificato dalla volontà degli sviluppatori di far prendere dimestichezza con i controlli, piuttosto semplici da assimilare. La sensazione di girare in un ambiente vuoto, in cui spostarsi da un punto all’altro della piccola mappa senza uno scopo preciso, sconfiggendo solamente continue ondate di avversari, non ci ha per niente stimolato. Il respawn dei mostri, inoltre, si è rivelato fastidioso in più di un’occasione.Una volta entrati nella giusta ottica, però, ci siamo accorti che il gameplay può contare su un combat system appagante, su una discreta varietà di nemici, per giunta decisamente impegnativi da affrontare, e su un buon sistema di crescita del personaggio.Questo non significa che quanto abbiamo detto in precedenza non sia più valido: il gioco si basa comunque sui tradizionali stilemi del genere action-RPG, dando notevole importanza ai combattimenti. In pratica, si menano nemici dall’inizio alla fine, con pochissime e trascurabili variazioni di sorta. Per tale motivo, talvolta è comprensibile essere colti da una certa stanchezza dovuta alla marcata ripetitività di fondo, ma, tralasciando l’inizio dell’avventura e qualche momento meno esaltante, il tutto è estremamente ben confezionato, grazie anche alla varietà estetica e narrativa fornita dai mondi, via via sempre più complessi, sia stilisticamente che ludicamente parlando. Superata la metà della storia, infatti, si cominciano ad intravedere spunti interessanti che vanno un po’ oltre il semplice: vai da qui a lì uccidendo tutto e tutti. Il ritmo ne giova sicuramente e il giocatore non può che rimanere soddisfatto.

Acrobazie verticaliQuesto episodio portatile mantiene inalterato il feeling ritrovabile nei precedenti videogiochi appartenenti alla serie. È stata però inserita una nuova azione, denominata Flowmotion, la quale permette di sfruttare alcuni elementi dello scenario (muri, aste, ringhiere o alcuni tipi di Dream Eaters) per eseguire spettacolari attacchi o semplicemente per muoversi più velocemente. L’implementazione è semplice: eseguire queste mosse è facile, molto utile, e divertente. Si aprono così inedite possibilità di approccio negli scontri, ampliando la libertà concessa al giocatore.La strategia è poi garantita da tutta quella parte RPG, che consente di personalizzare il proprio avatar con abilità, tecniche ed oggetti. Il potenziamento di queste caratteristiche è fondamentale per assicurarsi la vittoria. In questo senso, nonostante l’accessibilità, il battle system risulta profondo ed è necessario studiarlo al meglio per padroneggiare a dovere il gioco. Gettarsi superficialmente in battaglia, infatti, non può che portare ad un’imbarazzante sconfitta. I Dream Eaters fanno parecchio male già alla difficoltà media, costringendoci a rimanere costantemente concentrati. Impossibile, poi, tralasciare l’accumulo di punti esperienza, necessaria a farci salire di livello, in modo da far progredire Sora e Riku in maniera costante. Un aspetto che si dimostra spesso inutile o accessorio in molte produzioni moderne, ma che in questo caso è assolutamente fondamentale per facilitarsi sensibilmente le cose nel proseguo della storia e per evitare di rendere l’esperienza frustrante.A dimostrazione della bontà delle meccaniche, è anche presente un’opzione che consente di creare degli Spirits. Di che si tratta? Di graziose e amichevoli creature pronte a sostenerci in battaglia. Non solo il loro apporto si dimostra gradito, ma attacchi combinati e colpi speciali ne fanno compagni di avventura a cui affezionarsi è questione di attimi. Ancor più considerando che è possibile dedicarsi a loro tramite alcuni simpatici minigiochi da giocare a colpi di pennino, in un menù apposito che riesce a catalizzare l’attenzione anche per parecchio tempo e che dona un senso allo schermo tattile, alle fotocamere della console e alla realtà aumentata (nella confezione sono infatti presenti delle carte RA). Per di più, è persino stata introdotta una modalità in cui è possibile sfidare altri Spirits, che siano controllati dalla CPU o da giocatori umani che si affidano alla connessione wireless. In sintesi, è chiaro che gli sviluppatori si sono impegnati per offrire una certa quantità di contenuti e di scelte per il giocatore, senza trascurare nemmeno le funzioni uniche di Nintendo 3DS. Potremmo anche citare, a favore di questa tesi, la presenza di specifici attacchi che prevedono lo sfruttamento del touch screen e che variano da mondo a mondo. Un modo intelligente per mostrare sempre qualcosa di nuovo, sebbene, a conti fatti, non siano altro che un tassello marginale dell’offerta generale.

Questione di punti di vistaVi sarebbero moltissime cose da dire riguardo Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance. Una di queste è rappresentata dalla struttura di gioco, che ci ha immediatamente riportato alla mente Kid Icarus: Uprising. Prima di raggiungere un mondo, infatti, bisogna affrontare una breve sezione in cui il nostro alter-ego è in caduta libera. Il titolo si divide così in fasi “aeree” e sezioni a terra.Ben più significativa e caratteristica, invece, è la maniera in cui i personaggi principali si alternano. Allo scadere di una sorta di timer, infatti, si passerà inevitabilmente da Sora a Riku, o viceversa. Ogni ambientazione del gioco va quindi affrontata due volte. Un’idea carina, ma non esente da critiche, poiché l’interruzione dell’azione potrebbe irritare e far perdere di vista l’obiettivo che si stava perseguendo. Il fattore più positivo è che tale scambio offre prospettive diverse sulla trama, visto che che le vie di Sora e Riku seguono strade parallele, accrescendo così il coinvolgimento. In termini di giocabilità, invece, non si segnalano particolari differenze. Ad ogni modo, è possibile scegliere a piacimento quale character utilizzare. Malgrado ciò, è indubbio che in precise circostanze, specialmente nel bel mezzo di una difficoltosa e lunga boss-fight, questa condizione appaia ben poco gradevole.A proposito di boss: sono uno dei punti vincenti del gioco, a patto che siate disposti a sudare. Le battaglie di fine livello appaiono molto impegnative, elevando il concetto dei combattimenti standard, e non è raro morire o cambiare strategia anche e soprattutto contro di loro. Ottenere la vittoria non significa solo acquisire una nuova arma e dell’esperienza, ma anche tanta soddisfazione. Impossibile non citare la lunga sequenza finale, formata da continue ed interminabili battaglie che vedono soprattutto Riku al centro dell’azione: decisamente sfiancante! Di contro, un aspetto lontano dall’essere considerato un pregio risiede nella telecamera. Spesso sembra donata di vita propria e decisa solo a confondere l’utente. Più volte ci siamo trovati a sbagliare qualcosa a causa di improvvisi cambi di inquadratura. Ci si fa l’abitudine, ma risulta comunque difficile ritenerla soddisfacente o comoda, ed è sicuramente uno dei “problemi” che ci auguriamo vengano sistemati nel prossimo capitolo. La compatibilità con il Circle Pad, in questo senso, è un aiuto da non trascurare.

Disney 3DTecnicamente Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance fa davvero una bella figura. Il fiore all’occhiello della produzione sono i modelli poligonali dei personaggi, realizzati veramente con maestria. Segnaliamo, ad esempio, il mondo di Tron: Legacy, che si contrappone alla predominante atmosfera fantasy esibendo uno stile realistico e futuristico. A colpire, poi, sono le espressioni facciali, le quali riescono a far trasparire perfettamente lo stato d’animo dei protagonisti. Positive anche le animazioni e i lunghi filmati di intermezzo.Convincono decisamente meno le location, il più delle volte molto spoglie e modellate in modo approssimativo. Per essere imparziali, però, vi confidiamo che in due o tre situazioni alcuni “scorci paesaggistici” ci hanno piacevolmente stupito. Inoltre, il 3D svolge il suo lavoro in modo sufficiente, facendosi notare, ma non sempre in modo incisivo. Ottimo anche il comparto audio, formato da vecchi e nuovi brani, sempre adatti al contesto, ed effetti sonori molto buoni. Il mondo Sinfonia della Stregoneria, basato sull’episodio del famoso lungometraggio FantasiaL’apprendista Stregone, vanta la musica classica di Paul Dakus e basta a testimoniare la qualità dell’accompagnamento sonoro. Apprezzabile, poi, il lavoro di doppiaggio in inglese. Infine, una piccola considerazione sulla longevità è doverosa. L’avventura è portabile a compimento in una quindicina di ore abbondanti, ma dedicandosi ad alcune attività minori e modalità secondarie, senza contare la personalizzazione dei personaggi e degli Spirits, questa stima è destinata a salire vertiginosamente.

– Gameplay appagante e divertente

– Combattimenti impegnativi, boss-fight estenuanti

– Longevo

– I mondi Disney hanno sempre il loro fascino

– Buon comparto tecnico

– Completamente in inglese

– Mancanza di inventiva in alcuni frangenti

– Qualche problemino con la telecamera

8.0

Giungere a un giudizio per Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance non è stato un compito semplice. Da un lato, la mancanza di un qualsiasi tipo di localizzazione in italiano ci ha assillato per l’intera esperienza, restituendoci la sensazione che a subirne le conseguenze siano stati il coinvolgimento e l’immedesimazione, dall’altro, la qualità del titolo in sé, alla fine, ha avuto la meglio. Questo Kingdom Hearts, infatti, oltre ad averci convinto, ci è veramente piaciuto. Il fatto che la trama, forse fin troppo articolata e non sempre chiara, ma appassionante, non potrà essere apprezzata fino in fondo da tutta l’utenza italiana e spagnola, però, è un vero dispiacere. Se quindi il voto non si eleva maggiormente, non solo è a causa di questo handicap riservato alla nostra nazione, ma anche per la presenza di alcuni difettucci nell’ossatura ludica: la telecamera talvolta infastidisce, rendendo la già caotica azione, ancora più confusionaria, e la struttura di alcuni livelli e battaglie non sempre appaga completamente, lasciando spazio a una ripetitività e linearità piuttosto marcata. Inoltre, si ha l’impressione che gli sviluppatori si siano appoggiati fin troppo alle meccaniche del genere, dimostrando mancanza di audacia nel proporre qualcosa che possa realmente sorprendere il giocatore. Oddio, soprattutto intorno alla metà di gioco qualche derivazione dal solito schema c’è, ma si tratta di eventi rari, troppo sporadici. Peccati veniali, però, perché ciò che resta è un grande gioco, che riesce a valorizzare la crescita del personaggio e a centrare pienamente l’obiettivo grazie ad un gameplay rodato, vecchio stile, molto impegnativo, stimolante e dannatamente divertente. L’atmosfera unica dei mondi Disney, tra l’altro messi in risalto da un comparto tecnico molto buono, rende il tutto ancora più magico. E adesso vogliamo Kingdom Hearts III, possibilmente tradotto…

Voto Recensione di Kingdom Hearts 3D - Recensione


8