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Gli Indie del Mese - Dicembre

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Avatar di Francesco Ursino

a cura di Francesco Ursino

Pubblicato il 13/12/2016 alle 00:00

Ritorna la rubrica che scava nel profondo del mondo PC alla ricerca di titoli interessanti ed indipendenti: in questo nuovo capitolo de Gli Indie del Mese, infatti, siamo andati alla ricerca di giochi originali, divertenti e fuori dagli schemi. Scopriamo, allora, alcuni dei progetti più interessanti degli ultimi tempi.

Dipinsi l’anima su tela anonima: The Lion’s SongTorniamo per prima cosa a parlare di The Lion’s Song, opera episodica portata avanti da Mi’pu’mi Games. Del primo capitolo, disponibile gratuitamente su Steam, abbiamo già parlato in passato, mentre la nostra attenzione è rivolta ora al secondo atto, incluso nel season pass da € 9,99 oppure in vendita singolarmente a € 3,99. La narrazione, anche questa volta, si concentra sui tormenti di un artista, alle prese con il delicato rapporto con le sue creazioni. In Anthology, infatti, ne sapremo di più sulle vicende di Franz, aspirante pittore della Vienna di inizio 20° secolo. Anche in questo episodio, difatti, il gioco mantiene una struttura da avventura grafica piuttosto story driven e dal gameplay basilare, in cui i giocatori dovranno operare scelte più o meno consapevoli, che influenzeranno in qualche modo la trama. Il plot, in questo nuovo episodio, si concentra nuovamente sulle dinamiche psicologiche del personaggio principale, restituendo un quadro intimistico e sicuramente originale, anche se forse meno avvincente rispetto all’esordio. Guardando indietro al primo capitolo, inoltre, abbiamo notato una difficoltà maggiore nell’ottenere il finale considerabile migliore, ed anche una minore chiarezza su cosa fare. In un certo qual modo tutto ciò aumenta il livello di sfida, anche se molte volte ci siamo chiesti quale fosse la scelta giusta da compiere, e soprattutto a quali conseguenze avrebbe portato. The Lion’s Song si conferma come una serie composta da avventure grafiche molto delicate e dalla narrativa interessante, anche se questo secondo episodio non conferma appieno un’auspicabile evoluzione del gameplay.

La riscossa delle musicassette: Small Radios Big TelevisionsIl mondo va alla rovescia: le vendite di vinili segnano aumenti costanti mentre il mercato dell’usato dei CD propone dei prezzi clamorosamente bassi; come se non bastasse, visto che gli LP sono tornati nuovamente mainstream, nelle grandi metropoli all’avanguardia riaprono addirittura i negozi dedicati alle musicassette, per il piacere degli alternativi a tutti i costi. In tutto questo, trova posto proprio un gioco che parte dalle vecchie cassette e dai mangianastri per proporre un’esperienza che, in mancanza di altri aggettivi, è possibile ritenere psichedelica. Small Radios Big Televisions, infatti, è un puzzle game in prima persona in cui i giocatori avranno principalmente tre compiti legati tra di loro in maniera circolare. Occorrerà dunque aprire delle porte, trovare delle musicassette e raccogliere delle gemme, buone proprio per aprire altre porte. Messa così pare una cosa un po’ fuori dal comune, ed in effetti è proprio così: l’elemento più interessante del gioco, in ogni caso, è dato proprio dall’ascolto delle musicassette. Grazie allo speciale mangianastri del giocatore, infatti, ogni supporto produrrà delle visioni di paesaggi di volta in volta differenti tra di loro. È cosi che una cassetta potrebbe trasportarci in riva al mare, oppure tra gli alberi di un bosco. All’interno di questi scenari circoscritti, il compito del giocatore sarà appunto quello di trovare le gemme necessarie all’apertura delle speciali porte chiuse. Gli ambienti di gioco, al di fuori delle visioni analogiche date dalle musicassette, infatti, propongono degli scenari intricati e in cui si dovranno varcare diverse porte aperte, al fine di risolvere semplici puzzle ambientali. Al giocatore potrà essere chiesto di rimettere in funzione le rotelle di un meccanismo, oppure di sfruttare l’energia elettrica per farsi largo attraverso aree buie. Un’esperienza del tutto singolare, dunque, che ha un suo punto debole nella longevità: per terminare il titolo saranno necessarie più o meno quattro ore, durante le quali i giocatori avranno a che fare con enigmi dalla difficoltà non proprio insuperabile. Quello che rimane di Small Radios Big Televisions, allora, è sicuramente l’aspetto estetico, molto analogico e spesso psichedelico, grazie all’accorto utilizzo di effetti di sfocatura, accompagnato da un comparto audio che vira verso accompagnamenti rilassanti.Un puzzle game sicuramente originale e ben realizzato, che pecca un po’ nella durata e nella difficoltà intrinseca della sfida proposta. Per gli appassionati, in ogni caso, Small Radios Big Televisions rappresenta un progetto da tenere in considerazione.

Il lungo occhio dell’omino nero: BeholderCambiamo totalmente genere, ambientazione e tipologia di gioco parlando di Beholder.  Si tratta, lo diciamo subito, di un titolo che metterà il giocatore difronte a continue scelte morali, che dovranno essere prese velocemente e senza tanti ripensamenti. Impersoneremo infatti quello che è possibile definire come una sorta di amministratore di una palazzina, all’interno di quello che appare come uno stato totalitario e sotto la cappa opprimente di un regime. Il nostro compito primario, perciò, non sarà tanto quello di far sì che tutti gli occupanti degli appartamenti siano contenti, quanto quello di spiarli al fine di scoprire possibili crimini, cospirazioni o semplici comportamenti sospetti. Il telefono del nostro ufficio, infatti, suonerà spesso per richiederci di installare telecamere e microspie nelle case, e di profilare in maniera precisa tutti i condomini. Qua, però, viene il bello. Il giocatore può decidere di effettuare un pericoloso doppio gioco, cercando in qualche modo di aiutare i suoi condomini, salvandoli da morte certa. Tutto ciò, però, metterà automaticamente in pericolo il proprio avatar virtuale che, se giudicato colpevole, sarà immediatamente deportato, determinando la fine della partita. Nel concreto, il titolo si atteggia a una sorta di misto tra Papers, Please, un gestionale, e uno strategico in tempo reale. Ogni compito da portare a termine sarà limitato ad un determinato arco temporale: se falliremo, la nostra reputazione scenderà, guadagneremo meno soldi, e il governo ci guarderà con sempre maggiore sospetto. Avere dalla nostra un po’ di pecunia risulta fondamentale perché, all’interno del palazzo, troveranno posto anche i componenti della famiglia del protagonista, all’oscuro del suo vero lavoro, ed in ogni caso portatori di varie istanze e problematiche quotidiane. Questo continuo dividersi tra questioni familiari e il ruolo di strumento di oppressione farà sì che il giocatore si chiederà molto presto quale sia la vera strada da seguire, in un gioco che fa della difficoltà un punto di forza. Anche tecnicamente, peraltro, il titolo ha qualcosa da dire, specialmente grazie ad uno stile estetico che trasforma tutti i personaggi in delle piccole sagome nere, caratterizzate quel tanto che basta da renderle credibili e in grado di suscitare emozioni.Un gioco dal gameplay particolarmente strutturato ed impegnativo, un background notevole, ed un alto grado di libertà d’azione. Beholder pare essere consigliato a tutti coloro i quali siano alla ricerca di una sfida impegnativa ma appagante, all’interno di un contesto stilistico e narrativo di buon livello.

Menzioni specialiSpendiamo qualche parola anche per altri titoli che meritano un’occhiata approfondita: tra gli altri, allora, pare giusto citare due progetti in particolare. Il primo è Resin, un action adventure bidimensionale dal livello di difficoltà elevato, in cui il giocatore è chiamato a mettere fine ad un regno guidato da macchine ostili. Un metroidvania a metà tra Mark of the Ninja e Guacamole, in cui solo i più pazienti e capaci avranno la meglio. Non possiamo concludere, poi, senza citare Orwell, titolo protagonista anche duranti i recenti Game Awards 2016. Nel gioco Osmotic Studios, infatti, saremo chiamati a spiare le vite dei cittadini all’interno intercettando conversazioni, hackerando sistemi informatici e ricostruendo network comunicativi. Tutto questo, in nome della sicurezza nazionale, e con l’intento di scoprire possibili atti terroristici. Un gioco controverso, che un po’ come Beholder spinge ad una riflessione sul potere dell’informazione, e sulle conseguenze derivanti dalla sua manipolazione.

Quello appena passato è stato un mese tutto sommato positivo, per le pubblicazioni indipendenti. Tra i prodotti analizzati, infatti, è possibile annoverare progetti intriganti, e adatti a un pubblico vario. Soprattutto Beholder e Orwell sembrano proporre una narrazione basata sul ruolo dell’informazione e sulla manipolazione, mentre Small Radios Big Televisions sviluppa un’esperienza di valore anche dal punto di vista visivo. L’appuntamento con la rubrica che dà luce ai giochi indipendenti torna il prossimo mese, sempre su queste pagine!

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