Recensione

Fez

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Ultimo giro di boa per FEZ, che arriva finalmente anche sulle console Sony dopo aver esordito sui lidi Microsoft ed essere passato su PC. Visto il clamoroso successo dell’opera di Phil Fish, si tratta di un’ultima tappa per certi versi obbligata, utile a far conoscere agli utenti PlayStation una perla rara che, a quanto pare, non avrà un seguito. O perlomeno, non da parte del suo creatore.

Pesce fuor d’acqua
Fish ha deciso di mettere in vendita sia il suo studio di sviluppo – Polytron – sia la sua IP, ma i contorni dell’operazione sono ancora fumosi e non è per nulla chiaro se si tratti o meno dell’ennesima manovra per mantenere sempre alto l’interesse sul personaggio, come forse lo è stata quella sul suo ritiro (che potrete leggere in un articolo che scrissi l’anno scorso). In ogni caso, al momento ci interessa poco, perché se è vero che una grande spinta al successo di FEZ l’ha indubbiamente data l’attitudine fuori dagli schemi del capriccioso e iracondo Fish, è vero anche che il titolo è entrato di diritto in quella cerchia di giochi assolutamente da non perdere. Non meraviglia dunque che a gran voce si invochi un seguito, come non meraviglia neanche il suo recente arrivo su PS4, la cui versione gode della massima risoluzione consentita e di una nitidezza delle immagini unica. 
Del buffo Gomez – il protagonista del gioco – se n’è parlato praticamente ovunque fino a oggi, così come della sua particolare avventura, e del modo di concepire la struttura dei livelli e la risoluzione dei puzzle, i quali richiedono molta attenzione, pazienza, e materia grigia. FEZ è in egual misura un platform e un puzzle-game: del primo ne conserva le caratteristiche basilari, come l’avanzamento su piattaforme, la suddivisione in livelli e il ritrovamento di determinati oggetti; del secondo, ne sposa la grande cerebralità, la difficoltà ad andare avanti con un certa libertà, e la necessità di far combaciare quelle che potremmo definire le parti di un intero. A questa riuscitissima commistione, che regala grandi soddisfazioni a chi davvero dimostra di non scoraggiarsi (munitevi di carta e penna, ne avrete bisogno), va unita una direzione artistica priva di tentennamenti, limpida negli intenti ed encomiabile nella realizzazione: stiamo parlando in particolar modo delle vibrazioni vivide che emanano le ambientazioni, tutte molto varie e ben studiate, e dell’artigianalità di un game design sempre attento, pignolo, ispirato e privo di quei riempitivi che sono sinonimo di mancanza di idee.

You spin me ‘round
La genialità di fondo di FEZ, non sta di certo nel costringere il giocatore ad andare a cercare i frammenti di un cubo per ogni livello, ma sta nel modo in cui bisogna ingegnarsi per riuscire in questo compito. Trovare gli artefatti è una di quelle azioni che vanno di pari passo con la necessità di superare baratri apparentemente incolmabili, raggiungere scale, piattaforme, ponti ed elementi dello scenario che si parano innanzi ai nostri occhi solo se saremo in grado di sfruttare al meglio le giuste angolazioni. In FEZ, tutto è una questione di prospettiva e di ragionamento laterale: quello per cui le semplici e ovvie deduzioni servono a poco. Gomez, dopo aver ricevuto in dono il tipico cappello marocchino che dà il nome al gioco, riuscirà a ruotare i livelli sull’asse orizzontale fino a quattro volte, come se ogni stage fosse effettivamente cubico. Si capisce dunque come il cambio prospettico giochi un ruolo primario nell’economia di gioco, nella risoluzione dei puzzle, e persino nel “semplice” trovare la giusta direzione. Si può (e si deve) naturalmente esplorare in lungo e in largo ogni zona, anche quella apparentemente più insignificante e spoglia, perché è assai probabile che proprio lì, ruotando tutto, possiate trovare la giusta congiunzione tra una piattaforma fluttuante e un inaspettato lembo di terra che si unisce armonicamente formando una passerella che porta a un’area prima irraggiungibile. Durante la vostra avventura, oltretutto, vi sentirete praticamente abbandonati, mai presi per mano e neanche per una volta aiutati; FEZ va dunque in controtendenza rispetto alla moderna concezione dello sviluppo dei videogiochi adatti a tutti, scegliendo la strada impervia della difficoltà a tutti i costi. L’opera di Fish però non bara, ma stimola l’utente a trovare soluzioni che talvolta sembrano insperate, e se vi viene in mente di completarlo al 100%, la vostra dose di pazienza va quantomeno raddoppiata, perché vi possiamo assicurare che si tratta di uno di quei compiti che in pochi avranno la voglia e la determinazione di portare a termine. Lo dimostra la gran quantità di codici sparsi per il mondo di gioco, che vanno decrittati prendendo obbligatoriamente degli appunti a parte, a dimostrazione del fatto che il concept di gioco non si adagia solo sulla buona intuizione della rotazione dei livelli, ma anche nello spingere il giocatore a trarre autentiche soddisfazioni dai propri sforzi intellettivi. Immersi nell’evocativa pixel art di FEZ, e persi tra gli echi dei capolavori a 16 bit riportati alla gloria attraverso una rilettura di rara genialità, marchierete quest’esperienza unica nella vostra memoria. Fez è semplicemente brillante, intelligente autoritario.

– Unione tra platform e puzzle-game perfetta

– Artisticamente e concettualmente superbo

– Falso 2D con giochi prospettici realizzati alla grande

– Game Design attento, preciso e ottimamente calcolato

– Difficile: potrebbe scoraggiare molti

8.5

Anche gli utenti PlayStation hanno finalmente l’opportunità di provare una delle più importanti opere uscite fuori dal sottobosco indie, capace di svettare con prepotenza anche tra i titoli più in vista dell’epoca grazie alla sua formula accattivante, realizzata con una cura a tratti maniacale. FEZ è ormai un tassello della storia videoludica moderna che va certamente recuperato.

Voto Recensione di Fez - Recensione


8.5