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The Granstream Saga | L'ora amarcord

Anteprime di mondi creati dagli antenati di Square Enix

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a cura di SirFran Snee

Pubblicato il 21/03/2019 alle 08:30
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Il Verdetto di SpazioGames

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In definitiva, The Granstream Saga ha dalla sua un forte accento amarcord, soprattutto se osservato oggi con gli occhi di chi ha vissuto cronologicamente le vite di eroi indimenticabili di RPG e JRPG che hanno segnato tappe importanti nella storia videoludica. Eon Lanzard come matrice di un giovane alla ricerca di sé e del cavaliere indomito, alla ricerca della salvezza del mondo, tra lutti, ritorni in scena e una crescita dell'eroe che ci ha fatto gustare il viaggio nella sua interezza.

Era il tempo di magie oscure e arcane unite alla navigazione nei cieli su aeronavi all’avanguardia, tra coloro che detenevano e proteggevano incredibili poteri dalle mani del nemico. Sembra in qualche modo una trama di uno dei tanti capitoli di Final Fantasy, ma siamo in alto mare. Si tratta di una stella cadente nel cielo, un titolo “one-shot” che come è arrivato sulla nostra cara, vecchia PlayStation 1, è scomparso nel nulla, senza portare con sé almeno un tentativo di creare una serie o qualcosa di simile. Finiva come è iniziata l’avventura di The Granstream Saga, prodotto targato Sony e THQ che sta per spegnere ben 22 candeline il prossimo 6 novembre. Interamente doppiato solo in inglese, era uscito in uno dei tanti momenti cruciali nella lunga vita di Square Enix, allora alle prese con la scissione da Quintet e decretandone la scomparsa. Nel mezzo di questa crisi e dei vari cambiamenti in corso, esce Granstream Saga sotto l’ala protettiva di THQ, e proprio la mancanza della connessione al brand Quintet ha fatto sì che questo titolo non venisse considerato come successore dell’ultimo capitolo della saga di Soul Blazers. Un duro colpo, per questo nascituro ritrovatosi orfano e sottostimato dalla mancanza di vero riconoscimento e di un nome dall’appeal elevato, forse una delle ragioni per cui la sua durata nel tempo si è rivelata davvero limitata e di poco conto.

Possiamo ammettere con un pizzico di amarezza che questo gioco non sia riuscito ad avere lo spazio che si meritava, considerando le sue capacità narrative e mostrandosi come una delle prime uscite sul mercato a fare sfoggio di forme e personaggi poligonali, ma scarsamente considerato dalla critica per la sua presentazione abbastanza sottotono. Galeotta fu la grafica e chi la ideò, giudicata ancora abbastanza “vecchia” e troppo legata alla tradizione; coloro che si sono concentrati sull’altro versante del gioco, ossia i momenti di puro gameplay, avevano colto la bellezza di quanto fatto all’epoca, tra momenti scenografici, una narrazione dai caratteri ben approfonditi e dai personaggi ideati a tutto tondo, per non parlare delle dinamiche di combattimento piuttosto coinvolgenti. Riscopriamo dunque i primi momenti di gioco, dove questo pezzo di storia videoludica raccontava la storia di un orfano, Eon Lanzard, istruito dall’anziano del villaggio, Valos, presosi cura di lui sin dalla più tenera età. Alle prese con un potere racchiuso nel suo bracciale, meglio noto come “scettro”, e dovendo imparare a destreggiare nuove armi anche indossando un’armatura, si parte alla volta di un’impresa che ci fa viaggiare su quattro continenti diversi, ciascuno rappresentante un elemento naturale. Tra personaggi di chiara ispirazione anime e una storia dall’evidente complessità lessicale e strutturale sin dagli esordi, gli elementi alla base di questo gioco sono colonne portanti ben salde che hanno determinato lo sviluppo di una linea narrativa non indifferente e dalle influenze varie e interessanti.

Se nei primi momenti del prologo abbiamo a che fare con una sorta di test primordiale della forza e del coraggio del giovane Eon, successivamente abbiamo modo di osservare come la produzione industriale e lo sviluppo tecnologico abbiano conseguentemente portato al progresso bellico e distruttivo, in un mondo governato da Quattro Saggi che avevano deciso le sorti funeste del mondo. Chi ha provato questo titolo, non può non essere rimasto colpito da due aspetti fondamentali del gioco: la totale assenza di fisionomia del volto dei protagonisti, ricostruiti solo nelle vignette durante i dialoghi, e il deciso cambio di prospettiva dettato da una telecamera alquanto originale nelle sue angolazioni. Se da un lato potevamo osservare gran parte di quanto ci stava intorno nei diversi momenti di animazione, il resto del gioco era totalmente dominato dall’alto, osservando i nostri eroi come aprendo una scatola e guardandoci dentro.

Tra ammassi di pixel e sagome non ben definite, The Granstream Saga offre tanti spunti di riflessione su giochi comparsi solo successivamente, in particolare nella saga di Final Fantasy: la storia di Eon e l’incontro con una spaurita principessa dai capelli viola, Arcia, ricorda tutte le storie d’amore narrate negli anni a venire, così come l’uso di navi spaziali e lo stabilirsi di due fazioni contrapposte, dicotomia classica e imperitura del genere. Non di soli stereotipi vive il gioco: accanto a queste rassicuranti immagini, i sentimenti prendono spesso il sopravvento, determinando parecchi cambi di rotta, anche improvvisi, senza dimenticare la dimensione relazionale e spirituale, fin da subito a noi ben chiara. Se da un lato infatti ci imbattiamo ben presto nei primi combattimenti, come all’interno del labirinto iniziale, contro statue animate e abbastanza inquietanti, dall’altro facciamo la conoscenza di parecchi personaggi secondari, ma nondimeno dipinti come individui con una propria identità e spessore. Interessante notare come fin dagli esordi la dimensione spirituale ha un certo peso nella storia, considerando che non ci saranno solo sacerdoti e spiriti da dominare, ma anche vere e proprie chiese con preti a cui rivolgerci, senza tralasciare il fatto che il tema della morte e il suo contrario, la risurrezione, facciano sentire la loro presenza massiccia. Altrettanto singolarmente, l’eroe sale di livello non comunemente accumulando punti, ma a determinati step del gioco, come se fossero prestabiliti dalla narrazione e non dalle abilità del giocatore.

La fine degli anni Novanta si fa sentire in questo titolo anche per quanto riguarda la colonna sonora e le animazioni, fin da subito mostratesi come ovvie reminiscenze di anime giapponesi, nella grafica e nei movimenti. Lo stile musicale sempre più sviluppato e dall’evidente tentativo di migliorarsi traccia dopo traccia nelle sue sonorità dichiara una buona riuscita in questa direzione, soprattutto in pezzi come Vangel Battleship o Imperial Fortress, passando per Slayzer. I richiami ai titoli successivi sono parecchi, a dimostrazione del fatto che la commistione tra gusto nipponico e cultura occidentale aveva fatto di Granstream Saga un titolo dalle potenzialità rimaste tali, senza una vera e propria attuazione del suo valore intrinseco.

In definitiva, The Granstream Saga ha dalla sua un forte accento amarcord, soprattutto se osservato oggi con gli occhi di chi ha vissuto cronologicamente le vite di eroi indimenticabili di RPG e JRPG che hanno segnato tappe importanti nella storia videoludica. Eon Lanzard come matrice di un giovane alla ricerca di sé e del cavaliere indomito, alla ricerca della salvezza del mondo, tra lutti, ritorni in scena e una crescita dell’eroe che ci ha fatto gustare il viaggio nella sua interezza.

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