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Intervista a John Romero

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a cura di Forla

Pubblicato il 19/10/2016 alle 00:00
Alla Gamesweek abbiamo avuto il piacere, e l’onore, di intervistare John Romero, uno degli sviluppatori e game designer più autorevoli dei nostri tempi. Padre di capolavori come DOOM, Quake, Wolfenstein 3D, Hexen ed Heretic, Romero è stato uno dei pionieri del genere FPS, e i suoi lavori hanno gettato le basi di quello che sarebbe stato uno dei generi più floridi dell’intera storia videoludica. Preso posto sulla comoda poltroncina gli abbiamo fatto qualche domanda  per capire quale fosse la sua opinione in merito ad alcune tematiche di attualità in campo videoludico, ecco a voi quello che abbiamo scoperto dalla breve ma intensa chiacchierata con questo mostro sacro del’industria.

SpazioGames: Buongiorno mr. Romero, recentemente sono stati pubblicati parecchi walking simulator, un genere incentrato sulla narrativa che sta prendendo sempre più piede. Lei è notoriamente uno sviluppatore che basa i suoi lavori su un solido gameplay, cosa pensa di questo genere in cui c’è poco da giocare ma che ha molti punti di forza quando si tratta di raccontare una storia?
John Romero: Il primo titolo di questo tipo a cui ho avuto modo di giocare è stato Dear Esther e la cosa divertente è che la prima cosa che ho pensato è: “Dov’è il gioco? Questo è solo un game designer che ha piazzato delle note ovunque!”. Era qualcosa che non capivo. Ora invece lo capisco e apprezzo, ritengo sia un modo efficace di raccontare una storia. C’è molto più che delle righe di testo da leggere, si possono sperimentare sensazioni che permangono per lungo tempo. Un altro gioco che mi viene in mente è The Stanley Parable, dove c’è un narratore che è molto divertente, anche Beginner’s Guide è un grande gioco, così come Home Alone e Firewatch. Questi giochi stanno esplorando le possibilità dello storytelling, portando la cosa su un nuovo livello e credo che questo possa essere l’inizio di un nuovo modo per raccontare storie che non ha bisogno necessariamente di un gameplay consistente.
SG: Pensi che ti piacerebbe sviluppare un gioco di questo tipo?
John Romero: Penso che sarebbe interessante e divertente, ma anche difficile per me fare qualcosa di questo tipo perché sono più esperto di meccaniche di gioco e game design, e troverei arduo  lasciar andare qualcosa che ritengo importante. Adoro questa tipologia di gioco, ma ritengo improbabile poter arrivare a crearne uno. Recentemente sono stato ad una Game Jam in cui si avevano a disposizione dodici ore per creare un gioco. Dodici ore di sviluppo senza sosta, avevo un amico con me, un programmatore, e abbiamo sviluppato una sorta di avventura grafica in prima persona. Nessuno si aspetta un gioco denso di contenuti in sola mezza giornata e quindi abbiamo creato tredici schermate fisse delle stanze di una casa. Non ci si poteva muovere, ma solo esplorare le ambientazioni col cursore e interagire con gli oggetti presenti. Credo che questo possa avvicinarsi ad un walking simulator, anche se non bisognava effettivamente “camminare” da una stanza al’altra ma solo esplorare approfonditamente i vari luoghi a disposizione. 
SG: Stiamo vivendo i tempi della realtà virtuale. Tu sei un maestro per quanto riguarda gli FPS, credi che questo tipo di tecnologia possa dare qualcosa a questo genere?
John Romero: Credo che i giochi per VR possano avere successo solo quando si tratta di titoli sviluppati appositamente per VR. Se prendi un gioco fatto per questo tipo di tecnologia, lo giochi senza il visore, e ti lascia comunque le stesse sensazioni, allora il titolo non è stato sviluppato correttamente. Allo stesso modo se prendi uno shooter non sviluppato per VR e lo giochi sul visore, tutti sanno che la cosa può dare origine a del motion sickness, questo perché non ti stai effettivamente muovendo in un mondo che percepisci come reale. La gente sta quindi cercando di trovare un altro modo per permettere di giocare efficacemente giochi di questo tipo. La cosa divertente è che credo che gli shooter abbiano mostrato un modo per fare giochi per VR senza che le persone se ne siano nemmeno accorte. Durante l’uso della realtà virtuale, se non ti muovi, stai bene. Puoi mirare e sparare senza problemi, e il modo più immediato di mirare è guardare nella direzione desiderata e porre il bersaglio al centro del reticolo di mira, senza usare scomodi controlli. Ritengo che un modo efficace di muoversi sarebbe legare il movimento al punto dove si stà guardando, permettendo al giocatore di raggiungere agilmente il luogo desiderato, questo potrebbe essere un modo molto divertente di giocare uno shooter. Ho visto dei pro gamer giocare a Quake 3, e molti di loro sono in grado di giocare senza quasi mai toccare il terreno. La loro abilità è principalmente legata a saper muovere il mouse come muoverebbero il loro sguardo, e vedere qualcosa del genere nella VR potrebbe rappresentare un nuovo modo di giocare un FPS. 

SG: Recentemente Bethesda ha pubblicato il remake di DOOM. Cosa pensa il padre del titolo originale di questo nuovo inizio?
John Romero: Il multiplayer è esattamente lo stesso codice di Halo, lo hanno preso di peso e trasportato su DOOM. In DOOM non ci sono i loadout, a parer mio questo multiplayer non va incontro al gameplay originale, al contrario del single player. La modalità giocatore singolo invece è molto simile al gioco originale, veloce con movimenti frenetici e un gameplay viscerale, molto violento e gore e con una bella musica di sottofondo. 
SG: Sembra che alla Bethesda ti amino molto, poiché oltre a DOOM, stanno sviluppando il nuovo Quake: Quake Champions. Questo gioco appartiene alla nuova ondata di titoli basati sugli eroi. Cosa pensi di questa tipologia di giochi incentrati su campioni con abilità specifiche per ognuno di essi?
John Romero: Penso che questo tipi di giochi introduca un buon modo di giocare in squadra in ambiente competitivo, mi piacciono di più i deatmatch basati sulla cooperazione piuttosto che i combattimento ognuno per sé. Detto questo non mi piace beccarmi un proiettile nella schiena e perciò mi considero più un tipo da scontro uno contro uno. Penso che questo tipo di gioco multiplayer sia sostanzialmente League of Legends in salsa shooter ed è quello che le major vogliono, perché girano veramente tanti soldi intorno agli eSports: negli anni novanta non esisteva questa cosa. Stanno cambiando le modalità di gioco: tu non vedi il baseball o il basket cambiare le proprie regole, rimangono sempre statiche. La gente cerca di arrivare all’eccellenza attenendosi a regole ben precise e ora ci sono giochi che vengono usati come base per gettare le fondamenta di quelle che saranno le regolamentazioni competitive in futuro. A ogni modo io adoro gli eSports e ritengo che sia molto bello che alcuni ragazzi possano fare molti soldi semplicemente dando sfogo alle proprie passioni.
SG: Ultima domanda: stai lavorando a qualche progetto in particolare e ti va di condividere qualche informazione con noi?
John Romero: Al momento sono nelle fasi finali dello sviluppo di Gunman Taco Truck, si tratta di un gioco indie molto divertente che combina FTL, Ridicolous Fishing e Papers Please tutto in un… taco! E’ stato progettato da un ragazzino di nove anni, anche se ora ne ha dodici, ma è molto divertente. Inoltre sto lavorando alla demo di Blackroom, il mio nuovo FPS.
SG: Grazie per la tua gentilezza e per le informazioni che ha condiviso con noi.
John Romero: Grazie a voi.
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