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Recensione

To Leave Recensione | Il male di vivere ho incontrato

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Pubblicato il 21/10/2018 alle 08:43
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  • Pro
    • Storia intensa, con tematiche piuttosto delicate
    • Buon comparto artistico, costruito anche per comunicare attraverso dei simboli
  • Contro
    • A tratti un po' frustrante
    • Un po' povero a livello di gameplay, con poche varianti

Il Verdetto di SpazioGames

7.6
To Leave è un titolo intenso, che parla di argomenti molto delicati in maniera molto esplicita, chiara e senza troppi giri di parole. Lo sa fare anche con grazia, attraverso un sistema di gioco semplice e in grado di comunicare attraverso simboli e immagini. Tuttavia la difficoltà è mal bilanciata e i momenti frustranti, già dopo la prima metà dell'avventura, sono sempre dietro l'angolo. Se non vi fanno paura le sfide e se siete pronti ad affrontare certe tematiche, dovreste dargli una chance.

To Leave vi avvertirà sin dall’inizio: l’opera prima di Freaky Creations tratta di temi esistenziali che includono la depressione, l’alienazione sociale e il suicidio. E prosegue affermando “Se siete in pericolo, questo gioco da solo non vi aiuterà. Se ne avete bisogno, chiedete aiuto. Fatelo adesso“.

Si capisce insomma sin da subito verso quale direzione lo studio di sviluppo di Guayaquil, Ecuador, vuole andare, e d’altra parte è un intento già dichiarato nel loro sito ufficiale: “Tutti i nostri giochi vorranno esplorare determinate aree della condizione umana, offrendo qualcosa che nell’industria non è presente; temi come la solitudine, la dipendenza, l’egotismo, la psicopatia, le ossessioni, manie di varia natura e molto altro ancora“.

Viaggi mentali

L’impatto con To Leave è da subito straniante: attraverso un particolare e pregevole filmato realizzato con illustrazioni a mano, veniamo a conoscenza di Harm, un giovane ragazzo chiaramente in piena crisi depressiva. Lo si intuisce dalla sua attitudine, dalla sua routine, da ciò che subito dopo farà a se stesso: cucina uno strano intruglio che potrebbe avvelenarlo e ucciderlo, ma ad Harm questo non importa.

Non gl’importa più di niente. La morte, talvolta, può essere l’unica via d’uscita.

Eppure ha una porta in camera, Harm; una porta magica in grado di volare, di andare via; è qualcosa a cui può – letteralmente – aggrapparsi per peregrinare lungo luoghi di fantasia e, forse, trovare davvero una via d’uscita da quella vita sempre uguale, opprimente, insensata.

Il racconto prosegue attraverso altre cut-scene che vi mostrano come Harm si sentirà di volta in volta, ma è soprattutto grazie al diario del protagonista che la narrazione diventa più ficcante, esplicita, chiara. Scoprirete i pensieri più cupi di Harm, le parole di altri personaggi presumibilmente frutto della sua fantasia, le sue aspirazioni, i suoi obiettivi, la sua continua negazione di sé.

Il gioco è in inglese e ci sono dei passaggi testuali poco adatti a chi ha giusto qualche rudimento della lingua. Non è eccessivamente complesso, ma chi fa fatica a capire i discorsi più basilari, avrà senz’altro qualche difficoltà in più del previsto. In ogni caso, quella di To Leave è una storia che si scopre piano piano, livello dopo livello e capitolo di diario dopo capitolo, fino a quel finale che probabilmente non tutti vedranno.

Perché diciamo questo? Semplice: To Leave è un gioco piuttosto arduo, che vi mette continuamente i bastoni tra le ruote, che vuole anche frustrarvi. È chiaramente una metafora della difficoltà di vivere, degli ostacoli che s’incontrano per superare dei problemi apparentemente insormontabili, per andare oltre, per non arrendersi a se stessi.

Potrebbe tuttavia rappresentare un serio problema per diversi utenti, perché di fatto sarebbe un peccato vedere l’inizio, scoprire gli sviluppi e non conoscere il destino del protagonista. L’intento degli sviluppatori è chiaro, ma le sezioni di gioco risultano essere poco equilibrate.

Una porta per domarmi

To leave è un platform con degli elementi puzzle che lega la sua progressione all’abilità e alla capacità di calcolare le giuste tempistiche da parte del giocatore. Sebbene all’inizio l’impressione possa essere opposta rispetto alla vera natura del gioco, avanzando emergeranno tutte le difficoltà a cui dovrete far fronte. In principio, il gioco vi chiede semplicemente di recarvi verso i primi altari e attivare i relativi templi.

Disposti secondo un preciso ordine che scoprirete proprio nella stanza di Harm, dovrete trovarli muovendovi come all’interno di un utero celeste in cui si originano delle stelle dal fioco bagliore. Dopo aver preso dimestichezza con la particolarità della “mappa”, potrete dunque iniziare con le vere missioni.

To Leave è composto da pochi capitoli, alcuni dei quali scivoleranno via con grande rapidità, e questo potrebbe fuorviarvi quando tenterete di conteggiare la durata di gioco (che si attesta attorno alle 6 ore, ma potrebbe impegnarvi per molto più tempo). In realtà, dopo le primissime fasi, To Leave metterà subito le cose in chiaro: morirete molto, molto spesso, e altrettanto spesso sarete costretti a rifare interi livelli da capo.

L’obiettivo di Harm, all’interno dei livelli, è quello di afferrare la porta e volare via fino alla prossima piattaforma e dunque raggiungere il portale che vi catapulterà nell’area successiva. Mentre sarete in volo, però, una barra del tempo tenderà a diminuire, fino a rendervi esausti e trasformare la vostra porta in un oggetto inutilizzabile.

Potrete però raccogliere delle sfere verdi che ripristineranno parzialmente la barra, ma se arriverete a metà, il volo sarà rallentato e se non recupererete in tempo l’energia, morirete. Verrete in questo caso riportati all’inizio del capitolo e dovrete rifare tutto da capo. Se questo non è un vero problema nelle fasi iniziali e intermedie, in quelle finali lo diventerà.

Non ci sono combattimenti e non c’è permadeath, ma la frustrazione, in certi casi, si fa sentire, soprattutto perché vi basta semplicemente sfiorare dei punti pericolosi per vanificare ogni vostro sforzo.

Artisticamente To Leave è delizioso e i disegni sono di chiara ispirazione sudamericana, mentre gli scenari bidimensionali (sebbene spesso siano un po’ spogli), caratterizzano al meglio l’opera e comunicano la grande desolazione di un giovane uomo alle prese con la sua battaglia più grande. Un dramma spesso condiviso dall’intera umanità.

+ Storia intensa, con tematiche piuttosto delicate

+ Buon comparto artistico, costruito anche per comunicare attraverso dei simboli

- A tratti un po' frustrante

- Un po' povero a livello di gameplay, con poche varianti

7.6

To Leave è un titolo intenso, che parla di argomenti molto delicati in maniera molto esplicita, chiara e senza troppi giri di parole. Lo sa fare anche con grazia, attraverso un sistema di gioco semplice e in grado di comunicare attraverso simboli e immagini. Tuttavia la difficoltà è mal bilanciata e i momenti frustranti, già dopo la prima metà dell’avventura, sono sempre dietro l’angolo. Se non vi fanno paura le sfide e se siete pronti ad affrontare certe tematiche, dovreste dargli una chance.

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