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Mutant Year Zero: Road to Eden Recensione

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Informazioni sul prodotto

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Mutant Year Zero: Road To Eden
  • Sviluppatore: The Bearded Ladies
  • Produttore: Funcom
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE
  • Generi: Gioco di Ruolo
  • Data di uscita: 4 dicembre 2018

Cambiamenti climatici, una guerra nucleare, un’epidemia di massa e il mondo come lo conosciamo noi che va a rotoli. Non il migliore dei futuri, ma sono abbastanza certo che questa sconsolante prospettiva l’abbiate già incontrata almeno in una mezza dozzina di film, libri e, ovviamente, videogiochi. Sono però altrettanto sicuro che nei vostri ricordi non ci siano anche anatre armate di balestra, maiali irascibili dal grilletto facile e volpi dalla mira infallibile. Questi sono invece solo alcuni dei protagonisti di Mutant Year Zero: Road to Eden, un peculiare mix sviluppato da The Bearded Ladies e ispirato al quasi omonimo gioco di ruolo nato negli anni ‘80 in quel della Svezia, che fonde al suo interno un’anima libera ed esplorativa, tipica degli adventure, con un lato tattico chiaramente ispirato agli XCOM creati da MicroProse e riportati in auge da Firaxis Games. Quasi dimenticavo, poi c’è molto di più: ci sono sette religiose fanatiche, poliziotti robot, boccali di grog e umani che poi tanto umani non sono, visto che riescono a fare salti di svariate decine di metri. Non chiamate Mutant Year Zero: Road to Eden possibile sorpresa, perché con tutti questi ingredienti sarebbe riduttivo. Forse però l’etichetta è azzeccata, purtroppo non nel senso in cui mi auguravo.

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Un apocalisse termonucleare, a cui si è aggiunta l’immancabile strage dovuta alla peste, ha spazzato via tutto ciò che ci è familiare, riducendo la terra ad un ammasso di rottami ed enormi dinosauri post industriali oramai invasi dalla natura. Nulla è più come lo conosciamo e il ricordo degli Antichi – che poi altro non saremmo che noi – è qualcosa che si perde in un lontano passato quasi mitologico, allo stesso tempo un’era dell’oro e dell’insensatezza dell’agire umano. Eh sì, siamo proprio noi!

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Mutant Year Zero: Road to Eden è ambientato secoli e secoli dopo l’immane catastrofe, non racconta gli ultimi giorni di una civiltà sull’orlo del collasso e nemmeno quelli immediatamente successivi, ma proietta il giocatore in un futuro in cui degli umani si è quasi persa la memoria, sostituiti da nuove forme viventi. Ci sono mutanti dall’aspetto familiare ma dotati di straordinari poteri e ci sono esseri antropomorfi, tutti che cercano disperatamente di sopravvivere e di mantenere accesa la flebile fiammella della civilizzazione nell’Arca, probabilmente l’ultimo avamposto che con fatica può essere chiamato città. Al di fuori c’è il nulla, c’è la Zona, un’area in cui regnano Ghoul e dove la Nova Secta, una chiesa che venera ossessivamente gli Antichi, sta reclutando nuovi adepti grazie ai propri poteri psionici. Oltre le porte dell’Arca ci sono però anche miti e speranze, come quello dell’Eden, un luogo reale o forse solo la proiezione di giorni più sicuri, miraggio di una vita che riprenda il suo corso normale e nel cui nome Hammond ha intrapreso la sua spedizione suicida.

Ovviamente le cose non sono andate come ci si augurava e del manipolo di esploratori non si hanno più notizie: da qui prende il via l’avventura di Dux e di Bormin, rispettivamente un’anatra e un maiale un po’ troppo cresciuti e cinici, entrambi Persecutori esperti nel recupero di rottami, ora loro malgrado coinvolti in qualcosa di molto più pericoloso che li costringerà a spingersi molto lontano dai sentieri solitamente battuti e ad incontrare nuovi compagni di sventura in quelle lande della Svezia. I cartelli stradali, la stazione , i vagoni della metropolitana, tutto ci ricorda che quello una volta era il nostro mondo, l’eco lontano di una quotidianità perduta e che riaffiora nei messaggi sparsi per i ruderi e in ciò che rimane di giochi e scivoli per i bambini sparsi fra i giardini e che fanno chiedere a Bormin quanto fossero bassi gli Antichi.

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L’atmosfera che si respira aggirandosi furtivi fra porti arrugginiti e sfasciacarrozze diventati base per i Ghoul è uno dei principali punti di forza di Mutant Year Zero, un insieme di scenari post-apocalittici che esalta ogni singola spedizione e che non fatico a definire fra i più ispirati tra quelli recentemente apparsi in ambito videoludico. Se il contorno è perfettamente riuscito, quello che ci sta dentro è purtroppo privo di mordente: dai primi trailer, Dux, Bormin, Selma e Farrow sembravano dei protagonisti veramente “cazzuti” e ricchi di carisma ma che, assieme alle altre comparse, si sono rivelati infine solo dei pallidi riflessi al cospetto di quelli mostrati in anteprima.

Dalle poche linee di dialogo non emerge nessuna caratterizzazione, le conversazioni sfiorano il ridicolo nei momenti in cui si aggiungono al party i nuovi personaggi – si parte solo con Dux e Bormin e mano a mano si recuperano gli altri – e gli unici momenti ben scritti sono le scene disegnate a mano che marcano i passi fondamentali dello sviluppo della campagna. Le poche figure con cui si può interagire nell’Arca soffrono anch’esse della stessa poca profondità: l’Anziano, la guida della città, dovrebbe fornire preziosi retroscena sulla spedizione e su ciò che realmente accade nell’avamposto, ma si limita a poche battute, così come Pripp, il gestore del bar o Iridia, la mercante senza scrupoli.

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Personaggi taciturni, ma ampiamente salvati da un’estetica di primissimo ordine, soprattutto per quel che riguarda i protagonisti, improbabili mutanti metà uomini e metà animali: come rimanere impassibili davanti ad un pennuto con cilindro, balestra e cappotto? La realizzazione tecnica offre di certo un grande aiuto sotto questo punto di vista, perché l’Unreal Engine spinge al massimo sul dettaglio degli ambienti e nelle fasi giocate Mutant Year Zero è una creatura viva e che si anima sotto i silenziosi passi della squadra di recupero, con spettacolari giochi di luce e riflessi, pozze d’acqua e fonti di calore. L’unico neo sono le scene scriptate realizzate con il motore di gioco, nelle quali i mutanti, prima creature finemente dettagliate, diventano per mistero dei modelli approssimativi e animati in modo grezzo.

Mutant Year Zero è una costante di alti e bassi, una sinusoidale in cui ad un applauso per una geniale trovata dei dev segue sempre una smorfia di scetticismo. Vale per la componente narrativa, per la realizzazione grafica e anche per l’impianto ludico vero e proprio. Come detto in apertura, il gameplay è strutturato attorno a due fasi che si susseguono con alternanza nelle varie missioni. Qualsiasi sia l’obiettivo e a prescindere dalla mappa, l’azione inizia sempre con totale libertà, con i tre eroi – anche quando si “sbloccheranno” gli altri personaggi rimane comunque il limite di truppe impiegabili – che esplorano liberamente gli ambienti alla ricerca di armi, rottami e altri oggetti equipaggiabili, ma ciò che veramente conta è lo studio della zona per l’ideazione di un piano offensivo che possa dar un concreto vantaggio.

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Parlare di difficoltà sarebbe riduttivo, perché basta una singola mossa errata per costringere al caricamento di un salvataggio precedente: non sto esagerando, anche a livello normale – il più basso selezionabile ad inizio partita – il titolo risulta estremamente punitivo, ogni duello avviene in inferiorità numerica e spesso ci si imbatte in nemici di livello superiore. Non parlate però di scorrettezza, perché questo approccio, anche se qualche volta getta nello sconforto, spesso nasconde momenti di pura gioia quando un complesso piano va a buon fine: gettarsi nella mischia a testa bassa equivale ad un suicidio e l’unica via per salvare la pelle è tendere continue imboscate e lavorare nell’ombra. Proprio in queste fasi Mutant Year Zero dà il meglio di sé, attimi in cui far lavorare in modo sinergico i poteri e le armi dei propri Persecutori, ad esempio abbattendo uno Sciamano con una spallata di Bormin per evitare che chiami rinforzi e poi crivellarlo con colpi silenziosi fra balestre e pistole modificate. Quindi si prosegue mettendo fuori gioco il medi-bot – mio acerrimo nemico che ho visto far risuscitare i cadaveri dei nemici troppe volte – con una grana EMP, poi si passa a quel macellaio che controlla un silos abbandonato e infine si mette a tacere il Carroarmato, un nemico a quattro ante ben poco socievole.

Il tutto avviene passando agilmente dalla fase tattica allo stealth in tempo reale e viceversa, in un fluido susseguirsi d’azione del tutto naturale. In questi frangenti il level design si rivela un alleato imprescindibile: oltre che visivamente affascinante, ogni area, che sia chiusa o aperta, coperta di neve o un ammasso di ferraglia, è una fonte carica di spunti in cui aggirarsi silenziosi per evitare il campo visivo dei nemici e poi colpire alle spalle. Se le zone iniziali sono piuttosto ristrette e lineari, mano a mano che si avanza nel gioco gli scenari si aprono e le varianti tattiche, assieme agli immancabili rischi, aumentano esponenzialmente.

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Muoversi nell’ombra con tre PG presenti allo stesso tempo su schermo non è però così facile: se ne guida solo uno alla volta e il team può essere separato, occupando magari delle zone tattiche, oppure può aggirarsi per la mappa in gruppo. Questa seconda scelta espone però il fianco ad una AI che fatica a gestire in modo accorto il pathfinding e capita che qualcuno si incastri in una zona esposta. Per onestà devo dire che sono inconvenienti rari, ho sudato freddo solo un paio di volte e per lo più si sono trattati di effetti paranormali che teletrasportavano magicamente i componenti del mio team quando li richiamavo. Anche l’intelligenza degli avversari non è delle più brillanti nelle sezioni in tempo reale: le ronde seguono sempre percorsi prestabiliti e soprattutto i cadaveri lasciati in bella vista non fanno scattare alcun allarme alle sentinelle.

La fase di studio non è una semplice aggiunta, ma è un preludio necessario al duello finale, attimo culminante di ogni missione. Proprio in questi momenti Mutant Year Zero evidenzia una gestione dei combattimenti tattici che incespica su errori di design e su una scarsa varietà di situazioni. Sono stato finora molto attento a non tirar fuori il nome di XCOM, ma è impossibile emettere un giudizio senza confrontarsi con l’ingombrante metro di paragone. Le regole del gioco sono simili: ci sono coperture a metà e coperture intere, due fasi di azione – una sola se si decide di far fuoco immediatamente o di compiere un ampio spostamento – e le abilità uniche dei personaggi sono fondamentali quasi quanto un colpo andato a segno pur avendo il 25% di esito positivo. Ci sono tante tipologie di nemici, letali dalla distanza o temibili nel corpo a corpo, dotati di armatura o più agili e questa diversificazione costringe a variare sempre strategia, passando da armi silenziose a potenti mitragliatrici. Gli scenari presentano poi molte strutture distruttibili, sono impreziositi da uno sviluppo verticale e ci sono numerosi elementi da sfruttare a proprio vantaggio.

Qualche sbavatura c’è, soprattutto a causa di una telecamera in grado di ruotare a 360° – quindi non solo in pochi angoli fissi come in XCOM – che rende difficile la lettura delle coperture: i rischi di errore vengono comunque attenuati dalle percentuali dei colpi a segno sempre in evidenza e, in fase difensiva, dalla linea di fuoco nemica. Inoltre gli spostamenti in verticale causano non pochi problemi nella selezione del giusto percorso e anche in questo caso la telecamera non aiuta ad interpretare in modo corretto gli spazi.

Mutant Year Zero Recensione

Nelle prime ore di gioco Mutant Year Zero sembra coniugare alla perfezione il lato adventure con quello tattico, ma con il passare delle missioni ci si accorge che quanto visto nelle fasi iniziali non viene sufficientemente ampliato; il numero delle armi messe a disposizione, contando anche gli innesti con cui vanno potenziate, è solo sufficiente, medesimo discorso anche per gli equipaggaibili, tra bombe molotov e razzi luminosi, così come per le armature e i caschi improvvisati. La giustificazione è forse insita nel setting di Mutant Year Zero, che non ha permesso la creazione di arsenali elaborati ed estesi: il mondo è una landa desolata, nell’Arca i materiali scarseggiano, un rottame in grado di centrare un bersaglio è già una preziosa risorsa e improbabili cannoni laser avrebbero creato delle evidenti dissonanze.

Aspettarsi la medesima varietà vista nello strategico di Firaxis sarebbe inoltre un errore, in fin dei conti Mutant Year Zero vuole raccontare una storia e i personaggi principali non possono essere sostituiti dalle schiere di anonimi soldati XCOM, ma forse proprio la centralità dei protagonisti poteva essere meglio sfruttata per disegnare uno sviluppo più articolato. Quello che si ha fra le mani sono invece dei rinsecchiti alberi delle abilità – chiamate mutazioni – con molte caratteristiche in comune – non sono per quel che riguarda le statistiche di base, come i punti vita – e in cui emergono solo pochi nodi chiave, dei quali va comunque riconosciuta l’importanza strategica. Mutant Year Zero mi ha insegnato una massima fondamentale: l’impeto suino di Bormin è sempre il miglior modo di aprire una discussione fra persone armate di fucili. La “democratizzazione” della progressione evita inoltre che si utilizzino sempre gli stessi personaggi, perché la crescita attraverso i livelli coinvolge anche gli eroi non coinvolti in prima persona nella battaglia. In tal modo è possibile modificare il party – sempre prima dell’inizio del passaggio alla fase a turni – per sfruttare di volta in volta i poteri necessari, come l’abbraccia alberi di Selma contro i cani selvaggi, o la capacità di Magnus nel controllare la mente degli umanoidi.

+ Tanto difficile quanto appagante

+ Un'affascinante fine dei tempi

+ Level design ricco di risvolti

+ Ogni mappa richiede un'attenta pianificazione

- Protagonisti poco incisivi e caratterizzati in modo superficiale

- Sviluppo dei personaggi basilare

- Armamentario e dotazioni limitati

- AI dei nemici rivedibile

7.7

Parlare di occasione sprecata sarebbe scorretto, Mutant Year Zero: Road to Eden è un ottimo titolo ed entrambe le anime hanno molte frecce al proprio arco: la fase esplorativa e stealth è carica di tensione ed eliminare silenziosamente i nemici uno alla volta regala sempre grandi gioie, mentre durante le battaglie a turni ci si trova al cospetto di un tattico solido e che segue le orme di chi ha segnato lo standard qualitativo – leggasi XCOM – giocando inoltre sapientemente con le proprie unicità. I giocatori più esigenti, gli strateghi più navigati, noteranno però alcune lacune durante gli scontri e anche una certa limitatezza negli approcci, penalizzati dall’assenza di classi, da un armamentario risicato e da uno sviluppo dei personaggi circoscritto a pochi poteri. Mutant Year Zero: Road to Eden vive soprattutto d’atmosfere e la versione dell’apocalisse secondo The Bearded Ladies è estremamente affascinante e sostenuta da un Unreal Engine in gran in spolvero, ma ciò che si muove dentro a questo splendido involucro vive esclusivamente di luce riflessa.

Voto Recensione di Mutant Year Zero: Road To Eden - Recensione


7.7

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Tanto difficile quanto appagante

  • Un'affascinante fine dei tempi

  • Level design ricco di risvolti

  • Ogni mappa richiede un'attenta pianificazione

Contro

  • Protagonisti poco incisivi e caratterizzati in modo superficiale

  • Sviluppo dei personaggi basilare

  • Armamentario e dotazioni limitati

  • AI dei nemici rivedibile

Commento

Parlare di occasione sprecata sarebbe scorretto, Mutant Year Zero: Road to Eden è un ottimo titolo ed entrambe le anime hanno molte frecce al proprio arco: la fase esplorativa e stealth è carica di tensione ed eliminare silenziosamente i nemici uno alla volta regala sempre grandi gioie, mentre durante le battaglie a turni ci si trova al cospetto di un tattico solido e che segue le orme di chi ha segnato lo standard qualitativo - leggasi XCOM - giocando inoltre sapientemente con le proprie unicità. I giocatori più esigenti, gli strateghi più navigati, noteranno però alcune lacune durante gli scontri e anche una certa limitatezza negli approcci, penalizzati dall’assenza di classi, da un armamentario risicato e da uno sviluppo dei personaggi circoscritto a pochi poteri. Mutant Year Zero: Road to Eden vive soprattutto d’atmosfere e la versione dell’apocalisse secondo The Bearded Ladies è estremamente affascinante e sostenuta da un Unreal Engine in gran in spolvero, ma ciò che si muove dentro a questo splendido involucro vive esclusivamente di luce riflessa.
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