Recensione

The Technomancer

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a cura di Gottlieb

Nel 2013, con un prezzo molto contenuto, arrivò sul mercato Mars: War Logs, titolo sviluppato dai francesi di Spiders, reduci da una doppia esperienza con Sherlock Holmes e con l’RPG Of Orcs and Men. A distanza di tre anni, sempre supportati dalla distribuzione firmata Focus Home Interactive, gli sviluppatori capitanati da Jehanne Rousseau ci riportano sulla Marte colonizzata dagli umani, fuggiti dall’asetticità della Terra. Ambientato nello stesso universo e sviluppato con le stesse idee che furono di Mars: War Logs, arriva The Technomancer, RPG di chiaro stampo occidentale, figlio di una direzione artistica steampunk, fiondata in un ambiente distopico. Un’esperienza che ancora una volta vuole premiare quelle che sono le idee di Spiders, concettualmente ispirato e attento a quelle che sono le necessità del pubblico, ma che ancora una volta, come accaduto anni fa, si ritrova a realizzare un prodotto adatto a una piccola nicchia, lontano dal successo su larga scala.

La Guerra dell’AcquaMarte è stata colonizzata da 200 anni: l’opera di bonifica da parte degli umani del terreno del pianeta rosso è avvenuta in maniera precisa e pignola, creando un vero e proprio ecosistema che riesce a reggersi su se stesso. Nonostante ciò, però, le difficoltà si sono palesate dopo breve e la scarsa quantità di acqua a disposizione si è rivelata insufficiente, per l’appunto. La nostra avventura si sviluppa proprio nel bel mezzo della Guerra dell’Acqua, un momento storico che sta segnando una importante spaccatura all’interno di Ophir, la capitale di Abundance: la storica città di Marte, una delle prime a essere fondate, vive da sempre sotto un regime totalitario, controllato da quella che è la forza militare del posto, supportata dall’imprescindibile figura dei tecnomanti. Noi siamo tra questi: il nostro alter ego si chiama Zachariah, un ragazzo sin da piccolo addestrato per poter controllare le forze dell’elettricità con le sue mani e amplificarne la potenza grazie agli impianti cibernetici a disposizione del proprio corpo. Rispettati, tanto da essere temuti dalla gente, i tecnomanti rappresentano la classe elitaria della forza militare, capaci di infondere sicurezza e di porgere sempre una mano ai bisognosi, che siano essi mercanti o loro superiori. A Ophir, però, il regime totalitario sta nascondendo qualcosa di troppo grande e i sotterfugi creatisi spingeranno Zachariah a un’importante decisione, che si concretizzerà quando inizierà a guardarsi alle spalle, scoprendo che la propria vita è innanzitutto spiata e, successivamente, al centro di un complotto.L’impianto narrativo sul quale si basa The Technomancer risponde a quei dettami che Rousseau da sempre insegue, tra cui il desiderio di rendere pulsante la struttura di Marte, che sin dal 2013 ha saputo vivere grazie alle sue narrazioni. Dal punto di vista dello sviluppo, inoltre, la storia di Zachariah ci permette di entrare più in profondità in quella che è la natura stessa del pianeta rosso, scoprendo l’esistenza di numerose fazioni e di personaggi influenti, permettendoci anche di compiere scelte che si perpetreranno in conclusioni diverse della nostra vicenda. Le pecche, però, si riscontrano nella proposta dei dialoghi, eccessivamente lunghi e scritti in maniera abbastanza approssimativa, senza riuscire a trasmettere quel pathos necessario che servirebbe per appassionarci al sottotesto dei vari interpreti incontrati durante il nostro cammino. Lo stesso Zachariah, il cui climax ascendente è a dir poco lodevole in fatto di gradi militari, non si esalta per personalità e per charme, finendo per regalarci un’avventura nella quale si procede esclusivamente per inerzia, non tanto per giungere alla conclusione delle vicende inerenti alla Guerra dell’Acqua.

Quattro classi per dominare MarteThe Technomancer, che come dicevamo risponde ai dettami dei GDR occidentali, basa il suo sviluppo lato gameplay sullo skill tree di quattro diverse categorie di combattimento. Partiamo chiaramente dalle tecniche da tecnomante, che ci permetteranno non solo di sbloccare abilità annesse ai nostri poteri cibernetici ed elettrici, ma anche di potenziare i nostri attacchi e la nostra difesa, sfruttando la forza dei fulmini; successivamente entriamo in quello che è il fulcro dell’intero combattimento, che si basa su tre diverse classi, da sviluppare a vostro piacimento e che richiederanno anche un equipaggiamento ben diverso. Distaccandosi da quelle che sono le meccaniche più da jRPG che da GDR, Zachariah potrà cambiare job in ogni momento della battaglia, anzi vi sarà specificatamente richiesto in molte delle più ostiche battaglie, per avere dalla vostra una varietà che risponde a quelle che saranno le caratteristiche degli avversari. Il guardiano si affiderà allo scudo e a una mazza chiodata, il guerriero userà un bastone a due mani, il ladro invece si munirà di un rapido pugnale e una pistola a lungo raggio: il cambio di classe è immediato e facile da compiere grazie a una ghiera di rapidissima chiamata, ma c’è da tener conto che col passare delle ore la varietà verrà un po’ a scemare. Innanzitutto l’impossibilità da parte del guardiano di schivare gli attacchi, data la presenza di uno scudo che pretende quindi la parata come gesto difensivo, affosserà la velocità dei vostri movimenti, che sarà invece celebrata dalla classe guerriero, di per sé, però, troppo schiava del tandem parata-contrattacco: saranno poche, infatti, le volte in cui, stando alle regole del gameplay di The Technomancer, riuscirete ad andare a segno con un colpo senza aver dapprima respinto quello avversario. Un sistema che stanca abbastanza presto, perché costringe il combattimento a una danza di affondi, soprattutto contro gli avversari umani, e se da un lato impedisce lo spamming dello stesso tasto fino a vittoria certa, dall’altro va a snaturare l’aggressività stessa che dovrebbe essere di un tecnomante. Infine il voler dare supporto dalla distanza affidandovi all’utilizzo di una pistola è presto vanificato dal surriscaldamento dell’arma da fuoco, che nelle prime ore di gioco difficilmente riuscirà a sparare più di tre proiettili consecutivamente: un palliativo per evitare che vi dedichiate alla vocazione di camper, avendo dalla vostra proiettili infiniti. Va da sé, però, che avrebbe avuto molto più senso assegnare dei consumabili alla vostra arma da fuoco piuttosto che interrompere le vostre raffiche dopo un tot di colpi per un paio di secondi. Se la varietà, quindi, vuole essere premiata dal costringervi a cambiare job a più riprese, vi troverete presto dinanzi a un sistema troppo macchinoso e legnoso, per niente supportato da animazioni scarne, collisioni che non danno soddisfazioni e dei movimenti troppo lenti da recepire, che impediscono al battle system di essere piacevole e gradevole. In aggiunta, gli skill tree di cui parlavamo poc’anzi non riescono ad aggiungere nulla di eclatante al nostro combattimento, fatto salvo per quello riguardante la tecnomanzia, che apporterà effettivamente delle modifiche significative alle nostre azioni. 

Ogni classe avrà, come anticipato, il proprio equip, che potrà chiaramente essere potenziato e modificato grazie alla forte componente di crafting, alla quale Spiders sembra aver voluto dedicare grande spazio in The Technomancer. L’intenzione era chiaramente quella di spingere il giocatore a delle lunghe sessioni di farming, soprattutto negli spazi aperti che collegano Ophir con le altre città a vostra disposizione, ma nella raccolta degli oggetti sono le animazioni che non riescono assolutamente a supportare la vostra attività: fin troppe volte, dopo le prime ore di gioco, ci è capitato di uccidere una pletora di nemici e soprassedere sul loot, per evitare di dover aspettare che Zachariah si chinasse, raccogliesse gli oggetti, si rialzasse e potesse ripartire verso il prossimo cadavere. Un procedimento annoso che rallenta tantissimo il gameplay e che vi spingerà a non interessarvi più tanto del farming, facendone risentire molto anche il crafting. Sfruttando in ogni caso gli oggetti che sarete riusciti a raccogliere potrete potenziare le vostre armi, che avranno spazi all’interno dei quali incastonare i vostri potenziamenti, che possono riguardare i danni inflitti, la capacità di stordire l’avversario e la probabilità di colpo critico. I potenziamenti arrivano fino a un livello massimo di tre, tutti da sbloccare grazie a uno dei due skill tree che appartengono a Zachariah e sono completamente sciolti dalle classi di combattimento, oltre a essere di rapida e facile potenziamento: il primo riguarda le caratteristiche della personalità, come il carisma, la capacità di persuadere i vostri interlocutori così da evitare di dover usare la forza e le mani, altri riguarderanno la tecnologia, l’abilità nello scassinare serrature e scrigni e l’ottenimento di loot sempre più corposi; il secondo, invece, riguarda più strettamente la forza e le abilità connesse al battle system, così da permettervi di equipaggiare armi più pesanti o che richiedono dei requisiti minimi più alti. Nonostante la lentezza con la quale otterrete i vari level up, l’ottenimento dei punti abilità è abbastanza rapido e indolore, permettendovi di raggiungere il massimo risultato in queste abilità con il minimo sforzo. Lo sviluppo del personaggio, in ogni caso, non ci è abbastanza profondo da colpirci o da anelare il level up come fine ultimo della nostra avventura: a più riprese, infatti, i punti abilità si sono lasciati accumulare senza sentire la reale necessità di spenderli, il che ha spesso ridotto il nostro aumento di potenza esclusivamente legato al rintracciare un’arma più forte di quella attualmente equipaggiata. 

Il Pianeta Rosso in lungo e largoLa nostra avventura su Marte si estende, come vi abbiamo già fatto intuire, su tutto Abundance, passando da Ophir fino alle altre grandi metropoli come Noctis o anche a lande sconfinate e piane che aprono spazi a gallerie e scavi, nelle quali vengono tenuti ai lavori forzati i mutanti. Ognuna di queste città ci riserva un crogiolo di razze e di missioni da poter portare a termine, che siano esse principali o secondarie, con alcune delle ultime chiaramente schiave dei progressi che faremo e che diventeranno, col tempo, non più disponibili. A ognuna è collegata una ricompensa, come accade nel più classico schema di un GDR, ma fin troppe di esse sposano l’oramai stantio modus operandi degli MMO, là dove il tutto si esaurisce nella pratica di accettazione della missione, ricettazione dell’oggetto richiesto, riconsegna di quest’ultimo. Oppure, ancora più semplicemente, per portare a termine il compito vi sarà richiesto di andare a raccogliere informazioni parlando con un altro NPC e poi riferire quanto accaduto, ripetendo in loop tale pratica. Non essendo previsto, inoltre, un viaggio rapido all’interno della stessa città, ma soltanto tra città diverse, portare a termine tali missioni diventa davvero snervante e dispersivo, soprattutto là dove la mini-mappa non riuscirà a venirci troppo spesso incontro.Ultimo da aspetto da tenere in considerazione è rappresentato dal resto del party che potrete portare con voi. L’elemento più di conforto riguarda la gestione che potremo avere dello stesso, impartendo ruoli e decidendo la strategia d’azione che i nostri due sottoposti dovranno tenere. Chiaramente all’inizio, fino alle prime dieci ore circa, sarà difficile comprendere il potenziale della scelta dei membri del party, anche a fronte della scelta molto limitata, ma successivamente ci verrà dato ampio spazio per poter meglio comprendere come organizzare il tutto. Da vere e proprie protesi di quello che è Zachariah, riusciremo ad avere un assortimento valido per affrontare anche le battaglie più ostiche, scegliendo se affidarci a guerrieri forti con le armi da mischia o se concentrarci sul combattimento dalla distanza. Una varietà che, diversamente dalle altre, ci ha convinto, anche nelle fasi in cui siamo stati costretti a scegliere un compagno piuttosto che un altro per limiti imposti dalla trama. Una varietà che ha dato un senso a quelli che sono i social link tra i personaggi, molto più funzionali rispetto a quelli con le fazioni, che non hanno avuto un grande riscontro tangibile: con i vostri alleati, invece, avrete la possibilità non solo di arrivare effettivamente a delle relazioni (anche con altri uomini, tra l’altro), ma anche di sbloccare dei potenziamenti che ci risparmieranno l’utilizzo dei punti abilità, che potremo così utilizzare per altro. 

A sessanta milioni di chilometriArriviamo dunque al complesso universo di Marte e di Abundance, che dal punto di vista tecnico non ci ha convinto eccessivamente, come d’altronde l’intera struttura che ci è stata presentata da Spiders. Delle collisioni abbiamo già parlato, così come della legnosità dei movimenti, che troppo spesso ci hanno ricordato i titoli precedenti degli sviluppatori, tra cui Bound by Flame in primis. Il tutto purtroppo non risollevato dall’aspetto grafico. La modellazione poligonale non soddisfazione l’occhio e si dimostra eccessivamente altalenante nel proporci dei protagonisti abbastanza caratterizzati dal punto di vista visivo – non caratteriale, purtroppo – contrapporsi a degli antagonisti e un bestiario non del tutto ispirato. Gli avversari, che siano essi umani o bestie, saranno sempre uguali, differenziati esclusivamente per un paio di classi a loro disposizione, tra cui sarà munito di fucile e chi, invece, si affiderà ad armi da mischia: aspetti che sottolineano la poca cura avuta dagli sviluppatori nel proporre dei modelli variegati e diversi tra di loro. A giovare all’intera struttura c’è indubbiamente la longevità del titolo, che arriva a sfiorare le trenta ore limitandoci soltanto alla main quest e a qualche side quest iniziale, di quelle più immediate e realizzabili esclusivamente rimanendo nelle mura di Ophir: concentrandoci sui viaggi tra varie metropoli, tra la ricerca di gallerie e di cave minerarie o anche su quelle che sono le quest figlie dei social link con i nostri companion, la durata del titolo può aumentare vertiginosamente, ma tutto starà nel vostro principale interesse a perpetrare in un’avventura abbastanza legnosa. Supportati da un editor del vostro personaggio, all’inizio customizzabile a vostro piacimento, dalle numerose location che non si ripetono mai e che rendono ancora più colossale il lavoro svolto per dare vita a Marte, gli sviluppatori ci hanno indubbiamente provato: il premio va allo sforzo, ma non al risultato.Dal punto di vista audio segnaliamo una buona colonna sonora, dinamica e attenta alle fasi di gioco, capace di intervallarsi piacevolmente tra momenti concitati e attimi più rilassanti, nei quali ci impegneremo magari in attività di crafting o di esplorazione della città. Il doppiaggio, di per sé, è piacevole, completamente in inglese, e ben recitato, con tutte le voci pronte a gestire le cadenze adatte per quelle che sono le situazioni più particolari o i personaggi più biascicanti o più solenni nel loro pronunciare ordini e fornire indicazioni. Infine ottimo tutto il parco dedicato agli effetti sonori, tra le collisioni che se dal punto di vista grafico lasciano a desiderare sono ottimamente riprodotte nell’audio.

– Diverse classi da utilizzare con buona varietà

– Marte è vivo, pullula di contenuti ed è enorme

– Alta personalizzazione con il crafting

– Nessuna innovazione nel genere

– Troppo legnoso nei combattimenti

– Missioni troppo ripetitive e col tempo noiose

– Crescita del personaggio abbastanza piatta

7.0

The Technomancer è il passo più lungo compiuto dalla software house francese Spiders, che affidandosi alla propria versione del PhyreEngine prova sempre a fornire una propria versione dei fatti del mercato videoludico. Stavolta, però, complici le necessità che la nostra generazione videoludica si porta, il passo è più lungo della gamba. La trama non si esalta per novità né per elementi particolari, emulando molto quelli che sono i cliché del genere; l’inserimento delle scelte morali e delle decisioni da prendere di volta in volta non si distanzia eccessivamente da quelle che sono le tematiche già note sin dai tempi di Mass Effect, con la differenza che stavolta una ripercussione tangibile non è eccessivamente riscontrabile. Infine la legnosità dei combattimenti, la poca propensione a rendere il tutto fluido e piacevole da giocare, rendono The Technomancer un titolo soltanto per veri appassionati e per una nicchia che vorrà premiare lo sforzo di Spiders, che sottolineiamo. Perché provare a fare un The Witcher su Marte, di questi tempi, non è per niente facile, ma è indubbiamente coraggioso.

Voto Recensione di The Technomancer - Recensione


7