Recensione

The Elder Scrolls Anthology

Avatar

a cura di Pregianza

L’uscita delle raccolte di titoli è inevitabile. Pensate per un momento a quanto a lungo sopravvivono certe serie storiche, a quanti lavori delineano gli epici mondi provenienti dalle menti degli sviluppatori di case come Blizzard, Square, o Bethesda. Dozzine e dozzine di giochi, sviluppati in anni di duro lavoro, che attraversano le generazioni e, spesso, le segnano. Prendiamo in particolare proprio Bethesda, una casa partita da titoli principalmente sportivi, che un bel giorno si è svegliata e ha scelto di fare GDR. Da lì è nata la serie The Elder Scrolls e, dopo l’arrivo di Arena, la faccia del genere è mutata completamente.
Oggi andiamo a parlare di una raccolta dedicata esattamente a questa leggendaria serie di videogame, la The Elder Scrolls Anthology: un compendio imponente, che contiene tutti i capitoli della saga, e praticamente tutte le espansioni delle opere più recenti. Avete qualche migliaio di ore di tempo libero da consumare? Questa potrebbe essere la collection adatta a voi.
Arena
Partiamo da un semplice presupposto: stiamo recensendo giochi che hanno una certa età, e tra gli appassionati sono a dir poco già noti, quindi è praticamente inutile rifare un’analisi accurata delle meccaniche di gioco e descriverne pro e contro nel contesto odierno. Struttureremo pertanto la review come una sorta di retrospettiva, precisando gli elementi legati alla fruibilità della raccolta, e descrivendo a grandi linee storia e caratteristiche di ogni gioco coinvolto. 
Si parte, ovviamente, da The Elder Scrolls: Arena, il primo episodio della serie e quello con il nome meno azzeccato. I creatori, Peterson, Lakshman e Lefay, concepirono infatti inizialmente la loro creatura come un gioco gladiatorio, dove il protagonista avrebbe dovuto affrontare battaglie con un gruppo di guerrieri, allo scopo di raggiungere lo status di gran campione dell’arena. In parte spinti dallo zelante Lefay e in parte mossi da una notevole passione per i GDR Pen & Paper, gli sviluppatori iniziarono a introdurre nella formula la possibilità di esplorare liberamente le cittadine del mondo di Tamriel, poi varie quest secondarie, e col tempo si fecero prendere così tanto la mano da mettere in secondo piano l’elemento dell’arena, fino ad eliminarlo completamente. Visto che la stampa dei materiali pubblicitari era già partita, mantennero il nome base e vi aggiunsero “The Elder Scrolls”, dando così inavvertitamente il via al marchio. 
Cominciando Arena non è difficile vedere da dove hanno preso le loro caratteristiche gli ultimi capitoli della serie, anche per chi ha cominciato da Oblivion o Skyrim. Si inizia in un dungeon oscuro, dove persino Goblin e ratti rappresentano nemici feroci e pericolosi, e trovare una via d’uscita basandosi su delle indicazioni approssimative ottenute dalla cutscene iniziale non è una passeggiata. A stupire però non è tanto la difficoltà, bensì l’enormità del mondo di gioco una volta usciti dai meandri della terra. Arena è molto, ma molto più grande di Skyrim, Oblivion e Morrowind fusi assieme. 
Vi sembra impossibile vero? Eppure è così, il tool di programmazione utilizzato inizialmente dopotutto generava randomicamente il mondo di gioco, tolti un numero limitato di dungeon correlati alla quest principale e buona parte delle città (strutturalmente piuttosto semplici).
Vista l’enormità della mappa del mondo, c’è il fast travel, ed è indispensabile per completare l’avventura. Farlo solo camminando è praticamente improponibile.
Gli anni sono passati imperterriti per Arena, e si nota subito quanto rozzo e impreciso sia il sistema di combattimento, seppur sempre vicino alle radici di tutti gli Elder Scrolls. Di certo è l’opera più arretrata del gruppo, ma merita indubbiamente di venir esplorata e sperimentata, se non altro per rendersi conto di quanto complesso e originale fosse il titolo al momento dell’uscita. Il sistema di sviluppo del personaggio era già notevolmente approfondito, le opzioni di dialogo moltissime, e le classi tante e variegate, oltre che discretamente flessibili. In questa collection Arena è giocabile grazie all’uso di DOSBox, automatizzato dopo l’installazione, ma per il resto le opzioni grafiche e lo stato del gioco sono rimasti praticamente invariati. Bethesda non ha fatto altro che riportare il titolo paro paro nella collection, senza ritocchi di sorta. Giusto per i nostalgici, ma si tratta comunque di un lavoro ricco di bug e problemi vari già alla nascita, che forse una ripulita l’avrebbe meritata. 
Daggerfall
Parlando di bug, forse il titolo Bethesda più piagato in assoluto fu Daggerfall, che riuscì però a risultare comunque un grande successo di pubblico per la sua enormità e la netta evoluzione dal predecessore. Il problema di Daggerfall fu forse quello di essere troppo ambizioso. Oltre all’immenso mondo di gioco, che permetteva praticamente di esplorare tutto Tamriel, il titolo conteneva un complesso sistema di creazione delle magie, che spesso tendeva a non funzionare o a incrinarsi. La libertà d’azione, tuttavia, rimaneva totale, e al giocatore era concesso di interpretare qualunque personaggio e di non curarsi affatto della quest primaria. 
Daggerfall era meno esteso di Arena, ma con i suoi oltre 160mila km quadrati restava praticamente impossibile da esplorare con calma. Una comoda auto-map accompagnava il giocatore nelle sue scorribande, peraltro piuttosto monotone (specie se rigiocate ora), vista la similarità tra le cittadine e i dungeon non poi così variegati. 
Questo titolo fu anche il primo della serie a venir pesantemente moddato, pur non arrivando nelle case con un tool di programmazione. In questa riedizione nessuna delle patch dei fan è stata implementata, né sembra che le problematiche principali siano state corrette, dunque avrete ancora a che fare con dei controlli piuttosto imprecisi, con sistemi di sviluppo inefficienti, miglioramento delle caratteristiche con la tendenza a bloccarsi ad ogni livello, e tanti altre meravigliosi babbà. 
Nel caso voleste realmente riaffrontare questa lunghissima avventura, magari puntando direttamente alla quest principale, non dubitiamo che rimarrete stupiti dalla scala e dai miglioramenti alla formula, ma difficilmente l’esperienza vi esalterà. Gli anni si fanno sentire pure qui, senza pietà. 
Avremmo voluto ritocchi più sensibili? Forse, ma è un’esperienza da provare se siete fan della saga di Bethesda.
Morrowind
Ecco, qui si comincia a ragionare. Secondo molti ancora uno dei titoli più significativi della serie The Elder Scrolls, Morrowind è un capolavoro senza tempo, che tracciò solidissime linee guida per i due capitoli seguenti.
Completamente in 3D, Morrowind si basa su di un sistema di combattimento nettamente più preciso e raffinato dei suoi predecessori, e un’originale evoluzione del sistema di sviluppo basata sull’uso costante delle proprie abilità (Pur mantenendo la possibilità di allenare le skill con lo studio di libri o con del sano denaro sonante).
Come sempre l’esperienza è apertissima, quasi disarmante. Al giocatore è lasciata completa libertà di scelta di razza e classe, con un editor ben più complesso del vecchio menù a soluzioni multiple, e la solita possibilità di fregarsene altamente della quest principale per esplorare il mondo di gioco. 
Nonostante le dimensioni della mappa di Morrowind siano minuscole rispetto a Daggerfall e Arena, il titolo è infinitamente più piacevole, per via di città più originali e uniche, dungeon meglio studiati, quest più elaborate e una main quest in generale strutturata molto meglio. Morrowind arrivò anche con un “Construction Set”, pane per modder che permise di ritoccare ampiamente il codice ed è ovviamente contenuto nell’Anthology. Le modifiche non tardarono ad arrivare, poiché il gioco era ancora una volta piagato da qualche bug di troppo, seppur nettamente più stabile di Daggerfall.
Contrariamente a quanto si possa credere, le espansioni migliori non arrivarono dai modder, bensì da Bethesda stessa, che pubblico Tribunal e Bloodmoon. La seconda introdusse in Morrowind la licantropia, probabilmente a causa del notevole successo riscosso dal vampirismo che era possibile contrarre nella campagna principale, era ricca di nuove armature, zone e cittadine, e dotata di una trama godibile anche senza una correlazione diretta a quella del titolo base. La prima venne invece calcolata come una continuazione dell’avventura primaria ambientata nella città di Mournhold, distaccata dalla mappa iniziale. 
Tribunal vantava parecchi miglioramenti, tra cui un diario finalmente in grado di ordinare le quest cronologicamente, e una storyline correlata parzialmente alla Dark Brotherhood  e alla continuazione delle profezie del Nerevarine. Qui potrete godervi tutte e tre le storie, che insieme offrono dozzine e dozzine di ore di gameplay. Ancora una volta, la giocabilità non è invecchiata benone, ma sicuramente l’esperienza è più piacevole e moderna, al punto da poter convincere buona parte dei fan a rituffarsi in una run completa nonostante siano passati oltre 11 anni dall’uscita. Purtroppo sempre niente bug check né modifiche tecniche, ma complessivamente l’unione dell’edizione completa e del Construction Set vale da sola il prezzo del biglietto.
La soundtrack ad opera di Jeremy Soule viene tutt’oggi ricordata come una delle migliori in assoluto tra i gdr.
Oblivion
Come rendere i The Elder Scrolls ancora più epici dopo Morrowind? Semplice, fare tutto meglio. Oblivion vi mette nei panni di un fortunato (o sfortunato, dipende da come la si guarda) prigioniero, che dopo un incontro dettato dal fato con l’imperatore si ritrova a dover salvare Tamriel da forze oscure ben più grandi di lui, o di chiunque altro…
Oblivion alzò davvero l’asticella del genere e della serie, migliorando ulteriormente il gameplay, offrendo fazioni elaborate con quest line studiate nel dettaglio, un’avventura epica e dall’impatto nettamente maggiore rispetto a quelle vissute in precedenza, e una personalizzazione del personaggio ulteriormente ampliata, il tutto in un mondo di gioco più grande ed elaborato di quello di Morrowind. Oblivion ha anche un peccato mortale da confessare: fu infatti uno dei giochi che diedero il via al boom dei dlc, dopo il successo inaspettato e imprevedibile dell’horse armor pack, un’armatura da cavallo venduta per un paio di dollari. 
Passato macchiato a parte, si tratta ancora oggi di un gran gioco, con un combat system piuttosto semplice, ma coadiuvato dal solito complesso sistema di sviluppo del marchio e dall’uso del Radiant A.I. System, che rese più vivi e vibranti npc e nemici nel gioco.
Che si tratti di una super produzione non lo si coglie solo dalle splendide musiche e dal netto miglioramento grafico rispetto al passato, basta ascoltare le voci. Ci sono doppiatori del calibro di Patrick Stewart e Sean Bean coinvolti in Oblivion, le cui interpretazioni favoriscono non poco l’immersione del giocatore. Ok, c’erano ancora problemi tecnici, e ok, non tutto era impeccabile: a partire dalle battaglie che alla lunga potevano divenire un po’ noiosette, fino a certe quest line non ben studiate quanto altre, ma Oblivion ai tempi fu un fulmine a ciel sereno, e anche ai giorni nostri si capisce subito perché sia divenuto un titolo di culto. Se non vi bastasse, potete sempre giocarvi Shivering Isles e Knights of the Nine, inseriti nella raccolta. La prima espansione viene spesso messa in campo nelle discussioni legate alla qualità dei dlc, ed è considerata uno degli add-on più portentosi e completi in assoluto. Si parla di quasi 40 ore di gameplay aggiunto, oltre a una serie di interessantissimi nuovi poteri magici e fazioni. Per un dlc è qualcosa di titanico. 
Knights of the Nine, dal canto suo, non era altrettanto esteso, ma venne comunque apprezzato, pur cambiando poco o niente della struttura di Oblivion.
Nell’Anthology tutto questo ben di dio è pronto per essere giocato, e senza drm di sorta. Mancano ancora una volta modifiche di alcun tipo, ma noi non abbiamo avuto problemi a far partire il gioco, né particolari singhiozzi o crash usando DirectX aggiornate. Ogni cosa dovrebbe essere ottimizzata a dovere.
Skyrim
Skyrim ha vinto ogni genere di riconoscimento e premio, ha venduto milioni di copie, e viene quasi all’unanimità considerato il titolo più indimenticabile, evoluto e rifinito della saga. Il motivo? Tanti miglioramenti applicati alla notevole formula di Oblivion, tra cui l’eliminazione totale delle classi in favore di un sistema ancora più sciolto e ricco di possibilità, con tanto di perks tra cui scegliere per ogni specializzazione, e un combat system “doppio”, che permette al giocatore di usare un peculiare dual wield di armi e magie.
In verità il gioco è stato per certi versi semplificato, e sia l’interfaccia che il sistema di magie risultano più intuitivi e indicati per essere utilizzati su console. La sua reale forza, oltre alla solita enorme scala, è la cura riposta nelle quest line, praticamente tutte elettrizzanti e capaci di catturare senza pietà il giocatore per ore ed ore. 
Skyrim usa inoltre una versione riveduta e corretta del Radiant System di Oblivion, genera quest casuali appaiate a quelle primarie, e rappresenta un grosso balzo tecnico nella serie, pur non vantando una grafica eccezionale.
Nel caso le texture non stratosferiche e le semplificazioni non vi vadano troppo a genio, ricordate comunque che parliamo di un The Elder Scrolls e che pertanto le mod per il gioco sono un quantitativo sconfinato. Skyrim su console è sicuramente un gran titolo, se si ignorano le terribili magagne della versione Ps3, ma è su PC che dà davvero il meglio di sé, per via di innumerevoli contenuti extra gratuiti creati dagli utenti, modificazioni grafiche capaci di renderlo assolutamente splendido su macchine di fascia altissima, e tutta una serie di ritocchi alle meccaniche creati dai fan che ne perfezionano ogni singolo elemento. I bug ci sono ancora, come prevedibile, ma tra patch dei modder e ufficiali al momento l’opera magna di Bethesda è riuscita a diventare piuttosto stabile. Qualche drago che vola al contrario non basta certo a sminuirla.  
La cosa paradossale è che per certi versi i contenuti creati dalla community sono migliori di quelli sfornati da Bethesda stessa: nell’Anthology troviamo tutte le espansioni ufficiali, Hearthfire, Dawnguard e Dragonborn, ma solo l’ultima delle contenutistiche riesce davvero a brillare per qualità. Hearthfire è poco più di un add-on abbozzato, inferiore a molte delle abitazioni personalizzabili create dall’utenza, e Dawnguard, pur offrendo una nuova forma di vampiro potenziata e una storyline interessante, è un’avventura piuttosto breve che stupisce meno di certi dungeon e serie di quest amatoriali. Dragonborn, al contrario, offre nuove ambientazioni molto ispirate e una quest line grandiosa. Ci si aspettava di più da fattori quali il volo in groppa ai draghi e la longevità, ma resta la migliore espansione per l’ultimo esponente della saga.
In questa Anthology Skyrim è l’unico titolo che forza ad installare un drm, ma si tratta di Steam, e pertanto il gioco è l’unico pezzo della collection ad essere completamente aggiornato. 

– Tutta la saga di The Elder Scrolls, dunque migliaia di ore di gioco

– Prezzo contenuto

– Daggerfall e Arena funzionano degnamente nonostante l’età

– La collection contiene varie mappe di Tamriel

– Praticamente nessuna modifica alle opere originarie

– Non tutti hanno a disposizione migliaia di ore di tempo libero

– I primi titoli non sono invecchiati alla grandissima

9.0

Normalmente non è facile valutare una collection di titoli. Da una parte vanno prese in considerazione le modifiche fatte e i perfezionamenti tecnici, dall’altra la qualità delle opere contenute nel pacchetto e il prezzo complessivo. Qui di modifiche praticamente non ce ne sono, ma sarebbe comunque impossibile dare un voto negativo a una raccolta così imponente. Parliamo dell’intera serie The Elder Scrolls, migliaia di ore di gameplay contenute in una bella scatola ricca di primizie, al prezzo di un singolo gioco completo. Per i fan dell’indimenticabile saga creata da Bethesda e per tutti coloro che non hanno avuto modo di provare i primi capitoli, questo titolo è il modo in assoluto migliore per godere di ogni opera della casa, e di accumulare tutti i contenuti extra usciti finora. Bug o no, resta un affarone.

Voto Recensione di The Elder Scrolls Anthology - Recensione


9