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Recensione

The Awakened Fate Ultimatum

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Editor

Pubblicato il 08/04/2015 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

6

A differenza dei Xbox 360, abbandonata da Microsoft ben prima del lancio di Xbox One, Playstation 3 continua a vedere produzioni giapponesi in grande quantità, spesso nella forma di titoli di nicchia che, assieme ai multipiattaforma, hanno tenuto a galla la vecchia console Sony fino a tutto il 2014.The Awakened Fate Ultimatum rientra a pieno titolo in questa categoria, configurandosi come un dungeon crawler di quelli che piacciono tanto ai giapponesi, portato in occidente da NIS a beneficio di tutti gli appassionati con gli occhi non a mandorla.Vediamo se ne vale la pena.

Angeli e demoniIl protagonista di The Awakened Fate Ultimatum è uno dei più sfortunati in cui mi sia imbattuto negli ultimi mesi: innanzitutto perché si chiama Shin Kamikaze (!?!), un nome non esattamente felicissimo, e, secondariamente, perché un bel giorno come tanti altri, di ritorno da scuola, si imbatte in degli strani essere alati, dalle sembianze ultraterrene, che, senza troppi complimenti, lo trafiggono a morte, in maniera apparentemente inspiegabile.Proprio sul punto di trapassare, al nostro appare per un secondo una figura meno minacciosa delle altre, prima del buio: al suo risveglio, Shin capirà in quale grosso guaio si è andata a cacciare, suo malgrado.La guerra eterna tra le forze demoniache e quelle angeliche, che si combatte da eoni e della quale la razza umana sembra del tutto ignara, sta pendendo pesantemente dalla parte dei demoni, che adesso osano spingersi sulla terra e massacrare innocenti, proprio come hanno fatto con Shin, il quale dovrà vestire, volente o nolente, il ruolo di ago della bilancia, decidendo con quale fazione schierarsi.I due volti della medaglia hanno le fattezze di Junpiel, angelica salvatrice del nostro, e dell’enigmatica Ariel, diavolessa meno crudele di quanto vorrebbe far credere: le due accompagneranno il giocatore lungo il cammino, con siparietti gustosi ma anche una quantità decisamente eccessiva di dialoghi, difetto congenito di molte produzioni Nippon Ichi.L’aspetto più interessante del gioco, purtroppo, si rivela anche essere uno dei più deludenti: durante la corposa avventura, al giocatore saranno sottoposte una serie di scelte, apparentemente determinanti per gli snodi narrativi successivi, che invece si rivelano assolutamente effimere.Un esempio chiaro: nelle prime fasi della storia principale, gli angeli catturano un demone, e, dopo averlo sottoposto ad interrogatorio, lo lasciano alla mercé del giocatore, che potrà scegliere se giustiziarlo o lasciarlo andare; durante la fase preparatoria, la decisione sembra ben presentata e difficile, visto che il diavolo è “solo” un soldato, che combatte per la sua bandiera e che è atteso a casa da una famiglia.Essendomi schierato prevalentemente con le forze angeliche durante il playthrough di test, ho deciso di condannare a morte il diavolo, solo per poi vedere Shin agire di testa propria e lasciarlo andare, sconfessando la mia decisione.Perché, allora, irridere il giocatore offrendogli una scelta illusoria?

RogueliteRispettivamente nipote e figlio di due titoli poco conosciuti quali Z.H.P. Unlosing Ranger (PSP, 2010) e The Guided Fate Paradox (PS3, 2013), il gameplay di The Awakened Fate Ultimatum potrebbe essere definito come un “roguelite”, ovvero un roguelike con dungeon casuali ma dalla difficoltà e dall’accessibilità decisamente più clementi nei confronti dei neofiti del genere, ostico per definizione.Al di fuori delle lunghe fasi parlate, il giocatore sarà chiamato ad esplorare una serie di dungeon sempre più intricati, con il numero di piani che aumenterà progressivamente: la visuale è dall’alto, leggermente inclinata, e lo stile grafico chibi potrebbe trarre in inganno i più incauti: quando ho detto che la curva di apprendimento è meno ripida di quella di molti congeneri, infatti, non intendevo affatto etichettare l’ultima fatica NIS come un gioco semplice. Tutt’altro.L’esplorazione sarà regolata dalla solita barra consumabile, che costringe il giocatore a riemergere in superficie di quando in quando, o, in alternativa, a fare scorta di oggetti che possano placarne la fame: gli scontri con i nemici sono a turni, con il personaggio che risponde direttamente ai comandi impartiti dal giocatore ma alterna il suo turno a quello del nemico, finché la barra vitale di uno dei due non si sia esaurita.L’avventuriero incauto si troverà spesso a dover fronteggiare più nemici contemporaneamente, però, compresi quelli situati in diagonale rispetto al personaggio, e questo significherà, nella maggioranza dei casi, una rapida dipartita, dopo la quale il giocatore sarà punito con la perdita di tutto l’equipaggiamento che portava con sé nel momento del passaggio a miglior vita.Questa dinamica, apparentemente meno punitiva del titolo precedente che invece riportava il giocatore al primo livello d’esperienza, si rivela in realtà assai seccante, perché può costringere, anche nelle fasi più avanzate dell’avventura, a sorbirsi pesanti dosi di backtracking alla ricerca di equipaggiamento sostitutivo di quello che si è appena perso sul campo.A seconda delle decisioni prese durante la storia (quelle senza conseguenze di cui sopra…), il giocatore potrà spendere punti angelici o demoniaci, per acquisire abilità aggiuntive per entrambe le forme, cui potrà accedere in ogni momento tramite pressione dei dorsali del pad di PS3: a seconda dei nemici e della loro affinità, una forma si rivelerà più o meno efficace dell’altra, e starà al giocatore sperimentare, ma sempre con l’ombra del fallimento dietro l’angolo.In compenso, il giocatore viene alleggerito nella scelta del vestiario e delle armi, disponibili in numero inferiore rispetto al passato, in nemici meno incisivi, quantomeno nella prima parte dell’avventura, e nella semplificazione dei parametri classici del genere, che non rallenteranno più di tanto l’evoluzione del protagonista.

CutenessA fronte di un comparto tecnico appena sufficiente, con dungeon spogli e ripetitivi e un set di animazioni limitato, quantomeno la direzione artistica, pur nella sua genericità, riesce a compiacere l’occhio, grazie a colori vividi e alle buffe proporzioni del protagonista.Cionondimeno, nella seconda metà dell’avventura, ( a proposito, dovreste impiegare tra le venticinque e le quaranta ore a portarla a termine, a seconda del numero di volte in cui ci lascerete le penne) il riciclo di ambientazioni e la scarsa personalità che caratterizza i giochi con dungeon generati proceduralmente si faranno sentire.Certo, con PS4 sotto la televisione, si tende a giustificare un comparto tecnico scialbo su Playstation 3, ma stiamo parlando pur sempre della console su cui girava The Last of us, insomma.

– Discreta narrativa

– Maggiormente accessibile rispetto alla norma del suo genere

– Scelte del giocatore praticamente ininfluenti

– Verboso

– Tecnicamente scialbo

– Grindare per rifarsi un equipaggiamento annoia presto

6.0

Nel tentativo di rendere il genere roguelike meno impegnativo e proibitivo per le masse, Nippon Ichi sforna uno strano ibrido, che finisce con lo scontentare tanto i veterani del genere, che potrebbero non apprezzare il livello di difficoltà più malleabile, quanto i neofiti, che mal digeriranno lo scarsissimo impatto delle scelte sul prosieguo della trama e la necessità di ricomprare l’intero inventario ad ogni morte.

Tra tanti capolavori firmati NIS, un titolo dimenticabile può starci: dategli una possibilità solo se i dungeon casuali sono il vostro pane quotidiano.

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