Gli strategici sono ormai da anni vittime di una morìa inarrestabile. Marchi poderosi sono caduti sotto ai colpi del mercato, troppo complessi per essere apprezzati dalle masse, e troppo impegnativi per essere goduti fino in fondo da chi desidera dedicarsi a più titoli. Tanti hanno tentato di mutarli o risollevarli per vie traverse, quasi tutti hanno fallito.
Con l’avanzata incontenibile dei Dota-like, che sembrano sempre più esser divenuti i sostituti “aperti a tutti” degli rts tradizionali, l’unica casa ad esser rimasta sulla cresta dell’onda è l’inossidabile Blizzard. Starcraft II: Wings of Liberty ha consolidato il dominio del colosso americano su un genere il cui ritorno all’antico splendore pare sempre più difficile (basti pensare che gli sfidanti futuri sembrano quasi tutti voler seguire la strada del free to play). Osannato tra gli E-sports e forte di una community composta da milioni di giocatori appassionati, il titolo ha sicuramente raggiunto un’importanza degna del suo leggendario predecessore, ma non è riuscito a scalzarlo del tutto dal cuore degli appassionati. Forse perché dall’unico grande strategico rimasto ci si aspettano tattiche sempre nuove nei match online, o unicità capaci di tracciare una netta linea evolutiva rispetto al passato… fatto sta che i giocatori da tempo aspettavano il secondo pezzo del puzzle, quel Heart of the Swarm che avrebbe dovuto forgiare nel fuoco la personalità dell’opera di Blizzard con nuove unità, una campagna ancor più curata della precedente, e tante feature aggiuntive per gli aspiranti generali che popolano Battle.net.
Gloria alla regina delle lame? Scopriamo se è il caso di inchinarci.
Ritorno allo sciame
Heart of the Swarm parte poco dopo la conclusione di Wings of Liberty. Dopo un’odissea galattica che l’ha portato a vincere dozzine di battaglie apparentemente impossibili, Jim Raynor è riuscito a riabbracciare Sarah Kerrigan e a eliminare quasi completamente le influenze Zerg che la dominavano. L’ex regina delle lame, tuttavia, non ha dimenticato il responsabile di tutte le sofferenze patite: Arcturus Mengsk, imperatore dei Terran. Rinchiusa temporaneamente per precauzione dal figlio del suo nemico mortale in un laboratorio di ricerca, Sarah si trova coinvolta in un attacco del dominio proprio durante l’ultimo giorno di test. E’ l’inizio di una lunga strada verso la vendetta che la porterà di nuovo ad assumere il controllo dello sciame.
La narrativa della “seconda parte” di Starcraft II ha un tono molto più dark rispetto a quanto visto in Wings of Liberty, e come nel predecessore è sorretta quasi totalmente dai personaggi coinvolti, Kerrigan in primis. La regina delle lame è indubbiamente una delle protagoniste femminili più carismatiche, riconoscibili e forti in circolazione, ma i suoi tormenti e i dilemmi morali che si trova ad affrontare non bastano a sollevare una trama piuttosto blanda. Gli sceneggiatori di Blizzard non hanno voluto addentrarsi eccessivamente nell’oscurità della protagonista, e sono andati sul sicuro con un intreccio abbastanza prevedibile. Tutto scorre comunque con piacere, grazie anche all’ottimo lavoro dei doppiatori e all’azzeccato cast, eppure fino alla fine rimane l’impressione che si sarebbe potuto fare di meglio. La campagna inoltre non presenta i bivi visti in Wings of Liberty, e gli eventi vissuti mutano solo marginalmente a seconda delle scelte fatte nella precedente avventura. E’ chiaro come il team di sviluppo abbia optato per una singola linea temporale, così da introdurre più facilmente gli eventi di Legacy of the Void, il futuro capitolo conclusivo della saga.
Il cambiamento è forza
A livello di gameplay fondamentale nulla è cambiato in Heart of the Swarm, ma nella struttura della campagna i mutamenti sono stati enormi. Wings of Liberty proponeva numerose missioni dalla struttura classica, intervallate da fasi nelle quali si controllavano vari eroi e da battaglie miste. In Heart si è voluto invece concentrare tutto proprio sugli eroi, inserendo un personaggio eroico praticamente in ogni singola missione principale. Miss Kerrigan sarà chiaramente il fulcro delle vicende, e le sue abilità vi accompagneranno per il 90% della campagna. Per questo motivo di missione in missione sarà possibile evolvere le abilità dell’eroina in un comodo menu di sviluppo, che permette di selezionare a piacere svariati poteri attivi e passivi utilizzabili in combattimento. Si va da semplici attacchi diretti a evocazioni di mostri enormi, e salendo di livello Kerrigan non ci mette molto a divenire una forza della natura.
La presenza costante della protagonista dà a Heart una struttura parzialmente accomunabile a quella di Warcraft 3: senza creep neutrali e livelli che salgono durante i compiti, ma con il giocatore che viene spinto a muovere il grosso della sua armata sempre in compagnia di un personaggio eroico, in modo da avere un costante vantaggio nelle battaglie.
Le missioni congegnate da Blizzard sono di prima categoria, vantano una varietà superlativa e ravvivano continuamente l’esperienza offrendo con costanza nuove situazioni, obiettivi extra e qualche eroe alternativo dotato di abilità uniche. La difficoltà in normal è, purtroppo, eccessivamente bassa, anche per via di consigli fin troppo precisi che indicano sempre al giocatore come agire. Ad ogni modo in Hard e Brutale la sfida cresce sensibilmente, al punto da poter divertire persino i giocatori più esperti.
Non è solo Kerrigan a evolversi durante la campagna, gli Zerg sono infatti una razza che fa del continuo adattamento la sua forza, e in Heart of the Swarm gli sviluppatori hanno pensato bene di dimostrarlo introducendo la fossa evolutiva, una zona del gigantesco Leviatano che fa da quartier generale alla protagonista e ai suoi comprimari ove è possibile modificare le unità a disposizione degli xenomorfi. La fossa funziona in modo simile all’armeria vista in Wings of Liberty, e permette di selezionare uno tra più potenziamenti per ogni creatura, una volta sbloccata. Non finisce però qui, sono infatti disponibili anche delle missioni evolutive, atte a introdurre delle speciali mutazioni mutualmente esclusive delle unità primarie, e a farle testare al giocatore prima di scegliere quale utilizzare.
L’idea è interessante, ma non perfettamente riuscita, poiché le missioni evolutive sono in realtà semplici assalti lineari la cui unica reale funzione è quella di essere una breve dimostrazione delle capacità degli xenomorfi evoluti. Si potevano congegnare situazioni più curiose per sbizzarrirsi con le nuove evoluzioni Zerg.
Into the multiplayer void
Contrariamente alla campagna singleplayer, che offre dozzine di nuove mutazioni e unità, il multiplayer ci va molto più piano con le new entry. La motivazione è tanto semplice quanto importante: Starcraft 2 ha fatto del bilanciamento uno dei suoi principali punti di forza, arrivando a raggiungere una percentuale di vittorie quasi equamente divisa tra le tre razze utilizzabili dai giocatori, e una finezza tattica irraggiungibile per ogni altro sfidante tra gli rts. Un tale equilibrio è ammirevole, ma come ogni cosa finemente levigata e delicata può cadere in pezzi con un tocco, anche il bilanciamento del gioco può disintegrarsi con l’introduzione di un paio di nuove unità, o con la modifica di alcuni valori. Per evitare stravolgimenti eccessivi, Blizzard ha lavorato a stretto contatto con la community competitiva, analizzando nel dettaglio i dati della beta per inserire al meglio le truppe aggiuntive, ed è arrivata al punto di eliminare in toto alcune novità eccessivamente potenti (come i Warhound per i Terran) o modificare alcune abilità troppo utili. I sopravvissuti di questo processo selettivo sono due unità extra per Terran e Zerg, e tre novità per i Protoss. Potrà sembrare poco, ma in realtà vi assicuriamo che queste truppe fresche hanno mutato completamente il metagame, portando i giocatori esperti a congegnare quasi istantaneamente nuove strategie. I Terran hanno acquisito le Widow Mine, fastidiosissime mine dal raggio limitato che attaccano con proiettili esplosivi dopo essersi sotterrate e sono diventate la base di molte nuove tattiche, e gli Hellbat, fanteria dotata di lanciafiamme che può trasformarsi partendo dagli Hellion e risulta incredibilmente efficace contro le unità leggere. I Protoss hanno invece acquisito nuovi velivoli con il Tempest, caccia a lungo raggio inizialmente concepito come sostituto della Carrier, l’Oracle, utile unità rivelatrice particolarmente efficiente nel fare harass, e il Mothership Core, una nave madre incompleta dotata di abilità validissime, che può venir upgradata nella sua forma finale a partita inoltrata.
Gli Zerg, contrariamente alle aspettative, escono dall’espansione con solo una coppia di nuove unità di spicco, il Viper, un caster volante che può accecare le unità nemiche impedendogli di sparare o attirarle a se, e lo Swarm Host, un pericoloso xenomorfo in grado di generare continuamente locuste.
Con le aggiunte da tenere in considerazione, la software house ha messo mano a molti dei potenziamenti e delle unità preesistenti, stravolgendo il gameplay quanto basta da distinguere Heart da Wings of Liberty tanto quanto Brood War si distingueva dal primo Starcraft. Si iniziano già ora a levare le solite voci che ritengono troppo efficaci i postbruciatori piazzati sui Medivac Terran, eccessivo il danno degli Oracle, o esagerata la velocità d’espansione Zerg, ma è ordinaria amministrazione. Siamo davanti a un gioco che riesce ad essere fin dall’uscita estremamente ben bilanciato e che sarà ritoccato di continuo in base alle scoperte dei giocatori. I pro possono stare tranquilli.
I ragazzi di Blizzard non si sono poi limitati a un perfezionamento del gameplay pensato esclusivamente per i giocatori di alto livello. Heart of the Swarm contiene molteplici trovate per favorire l’apprendimento delle meccaniche ai neofiti. Oltre alla campagna, che funziona discretamente bene da introduzione alle basi, Sono state inserite opzioni di addestramento divise in fasi nel menu multigiocatore. Queste introducono i novellini alle build order, consigliando come e quando produrre le unità e le strutture fondamentali. Ottima mossa, che unita ai cambiamenti apportati ai ranking (ora si entra più facilmente nella lega argento) rende meno traumatico il primo impatto con il multiplayer.
Se invece proprio non doveste riuscire a trovare un posto nel duro mondo delle competizioni online, per voi c’è sempre l’Arcade, un magico luogo di fuga ove Starcraft si trasforma in una miriade di giochi diversi. La comunità Blizzard è pur sempre una delle più nutrite e attive in assoluto, pertanto non stupisce che, dopo qualche anno di attività, abbia sfornato dozzine e dozzine di ottime mod amatoriali e non. Bazzicando in Arcade si ha a che fare con sottogiochi spesso geniali, tra cui vi sono addirittura giochi di carte, dota-like modificati e un simil mmo. L’online competitivo proprio non vi piace? Potrete tranquillamente perdere ore e ore qui, o dedicarvi al complesso editor del gioco e creare la vostra mappa personalizzata.
Tornando momentaneamente alle funzioni dedicate alle sfide in rete, Blizzard ha pensato bene di ampliare notevolmente gli aspetti social di Battle.net in game con l’introduzione dei club. In pratica, tramite una comoda finestrella, potrete visionare in qualunque momento i club più influenti, e dividerli in base alla lingua. A quel punto potrete unirvi a uno qualunque di questi gruppi di giocatori a seconda dei vostri interessi, e utilizzarli come hub sociali per organizzare partite e quant’altro. Nel gioco sono presenti anche i clan, gruppi più minuti che attualmente hanno funzioni simili ai club, ma guadagneranno numerose chicche con il passare del tempo.
Ultime, ma non per importanza, novità introdotte sono il global play e i replay interattivi. Sì, avete capito bene, nel caso abbiate sempre sognato di venir massacrati dai migliori giocatori coreani, americani e cinesi ora potrete buttarvi nel tritacarne senza problematiche di sorta. I replay dal canto loro hanno subito una modifica minore, ma comunque molto gustosa per i giocatori veterani. Sarà infatti possibile vederli con un amico e interromperli in qualsiasi momento prendendo il controllo dei giocatori coinvolti. Un utile modo per affrontare le situazioni in cui si sono venuti a trovare i professionisti più noti durante i tornei (ovviamente ogni interruzione dovrà essere contro un altro giocatore umano, l’I.A. non prenderà il controllo dell’avversario).
E’ una bella serie di modifiche, che amplia ulteriormente il già notevole spettro di Starcraft II online, tuttavia troviamo ancora piuttosto limitante il non poter visionare in tempo reale una lista delle partite in corso o l’assenza di un sistema che raccoglie i replay di alto livello interno al gioco. Vero che i siti dedicati ai replay del titolo non mancano, ma dopo aver visto l’impressionante Spectator Mode di Dota 2 ci aspettavamo cambiamenti più rivoluzionari da questo punto di vista.
Zergsplosion!
Tecnicamente il titolo Blizzard è stato sensibilmente modificato, e i miglioramenti si notano da subito. Innanzitutto è stata introdotta un’opzione per l’antialiasing che migliora non poco l’impatto visivo dei modelli, poi sono stati migliorati gli effetti ambientali, con tanto di creep che si attacca agli edifici quando li raggiunge. Texture e riflessi sono imbelliti in modo simile, così come aumentati sono i dettagli delle mappe e perfezionate le animazioni. Addirittura il pathfinding delle unità pare migliorato sensibilmente, con molti meno episodi in cui la fanteria si “incarta” durante un attacco.
L’elemento cambiato maggiormente è il motore fisico, molto più spettacolare rispetto al passato. Ora i nemici esplodono in mille pezzi, e i modelli reagiscono alle onde d’urto in modo simile a quanto visto in Diablo 3, è un effetto che migliora notevolmente il comparto visivo.
Stratosferico come sempre il sonoro, con musiche epiche e doppiaggi di altissimo livello. Anche gli attori nostrani hanno fatto un lavoro sopraffino, nonostante qualche raro disturbo delle voci durante certi dialoghi.
Buona la longevità, grazie a una campagna della durata di circa 11 ore che possono aumentare all’infinito grazie al multiplayer e alle creazioni della community.
– Campagna variegata e curatissima
– Motore grafico migliorato e sonoro stratosferico
– Multiplayer stravolto dalle nuove unità, ma sempre molto ben bilanciato
– Nuove funzioni social e maggior supporto alle creazioni della community
– Narrativa piuttosto blanda
– Manca ancora uno spectator mode “live” di alto livello
– Le missioni evolutive non aggiungono nulla alla campagna
– Non è un’espansione standalone
Heart of the Swarm mette in tavola tutto quello che i fan della serie aspettavano da tempo: una campagna di altissima qualità, nuove unità ben calcolate che modificano sensibilmente le strategie delle partite online, e nuove opzioni social che facilitano la creazione di gruppi di giocatori, il tutto in un insieme perfettamente rifinito, bilanciato e ripulito. Questa espansione è qualitativamente impeccabile, e non fa altro che consolidare ulteriormente la già stabile posizione di re degli rts di Starcraft II. Forse si poteva fare di più per quanto riguarda lo spectator mode, o osare maggiormente nella narrativa, ma il seguito di Wings of Liberty rimane un titolo eccellente e in continuo mutamento come gli Zerg su cui si concentra, quindi chissà quali altri enormi miglioramenti ci aspettano in futuro.