Recensione

Planet Coaster

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Dopo la calma arriva sempre la tempesta e se abbiamo dovuto aspettare più di dieci anni per avere il seguito di RollerCoaster Tycoon 3, ecco che nel giro di un paio di giorni escono i due successori più o meno legittimi pronti a contendersi l’eredità della più nota serie fra i gestionali a tema parco giochi. RollerCoaster Tycoon World, sotto l’ala protettrice della poco fortunata Atari nuova incarnazione, non ha di certo impressionato durante l’Early Access, mettendo in luce la poca preparazione dei ragazzi di Nvizzio Creations in questo ambito, mentre David Braben ed il team di Frontier Development hanno preferito mostrare il loro Planet Coaster con più parsimonia, ma già durante le brevi fasi di test era piuttosto chiaro che l’esperienza maturata dalla software house nel genere stava contribuendo a plasmare un gestionale degno del capostipite Theme Park, risalente ormai al 1994. L’attesa è ora finita, i cancelli sono finalmente aperti, i biglietti vengono strappati e noi possiamo scoprire se le giostre di Planet Coaster sono tirate a lucido oppure se scricchiolano sotto spessi strati di ruggine.
  
“E allora oh oh oh Gardaland”
La versione recapitataci dal publisher per effettuare la recensione non è quella su ciò voi potete mettere le vostre mani dal 17 novembre, ma si presentava incompleta in alcune piccole parti, come la mancanza dei video tutorial, utili per muovere i primi passi nel proprio parco giochi virtuale. Nonostante l’assenza di questo strumento, già dopo pochi minuti siamo stati in grado di districarci in tutti i compiti nei quali Planet Coaster richiede attenzioni, un po’ perché il genere riprende molti stilemi dei city builder e se si ha dimestichezza con titoli come Cities: Skyline tutto appare più lineare, ma soprattutto perché le interfacce, i menù e i pannelli sono stati implementati da Frontier Development in modo tale da rendere la vita al giocatore la più semplice possibile. Non è stato così affatto complicato iniziare a pianificare i percorsi stendendo le strade sullo scenario, creare piazze, ponti e scale e tutto questo perché, click dopo click, le vie si uniscono in modo armonioso e raramente creano quei fastidiosi effetti di zig zag che rendono tanto sgraziata la propria creatura. Certo, sulle prime è richiesta un po’ di manualità, soprattutto con la gestione della telecamera non sempre amichevole, ma sono bastati pochi minuti di pratica per evitare di creare vicoli ciechi, ingorghi o percorsi che terminassero nel nulla. Dopo aver predisposto i primi metri di parco al di là l’ingresso, per attirare i primi visitatori ed iniziare ad accumulare risorse, non abbiamo fatto altro che posizionare le prime attrattive. Queste ultime si suddividono in varie tipologie, come le montagne russe – d’acciaio, in legno o miste – i percorsi più lunghi come le cascate con i tronchi e tutta quella sfilza di giostre che vanno dalla più tranquilla e rilassata ruota panoramica fino ad arrivare alle strutture più adrenaliniche e anche da voltastomaco. Come suggerisce il nome stesso del gioco, il ruolo di attore protagonista spetta alle montagne russe e, se inizialmente ci si affida a quelle già contenute nel gioco per attirare i visitatori più coraggiosi, non passa molto tempo prima che ci si ritrovi a progettare rotaia dopo rotaia le proprie discese e giri della morte. L’editor creato da Frontier Development si è rivelato tanto potente quanto versatile, in grado di modificare in ogni suo aspetto il percorso, sia che si tratti di puri elementi estetici oppure delle parti meccaniche, come i motori per far accelerare i vagoni lungo le salite o i freni da porre alla fine della discesa per evitare di fare una bella frittata di passeggeri. Quando vi diciamo che si può fare di tutto, intendiamo letteralmente di tutto, incluso perforare una montagna o il terreno preliminarmente svuotato grazie all’editor della mappa e riempire poi questi fori con un sistema di luci tale da creare un trip psichedelico. Mouse alla mano, il sistema di click & drag implementato per aumentare le pendenze, le discese, le curve e le torsioni si è rivelato non sempre facile da maneggiare e non sono stati rari i casi in cui abbiamo dovuto fare e disfare più volte segmenti del percorso perché la situazione si era fatto troppo contorta. In questi momenti l’autocompletamento è stato il nostro più prezioso alleato e se la funzione gestita dall’IA di certo non produce spettacolari e complessi percorsi, se non altro riesce a risolvere le situazioni che stavano sfuggendo di mano, dove i trenini andavano sempre a schiantarsi al suolo oppure si bloccavano a testa in giù. Come accadeva in RollerCoaster Tycoon 3 ritorna anche in Planet Coaster la possibilità di testare la propria creazione e così capire se si è esagerato con l’altezza e se le leggi della fisica impediscono ai seggiolini di compiere per tre volte di seguito un giro della morte per poi precipitare con una inclinazione del 90%. Nella modalità di gioco sandbox – ovvero quella dove si ha il budget infinito – ci si può quindi sbizzarrire come meglio si crede e cercare di assemblare la montagna russa più esagerata che si sia mai vista, per poi salvare il modello e condividerlo sullo Steam Workshop: Planet Coaster supporta infatti fin dal lancio le mod interne dello store digitale di Valve, nel quale nei giorni post lancio si accumuleranno le creazioni della community, rendendo così le scelte inerenti alle attrattive e agli altri edifici praticamente infinite. Questo discorso non vale solo per le montagne russe, ma comprende anche quelle strutture più ornamentali che, partendo da quelle a tema piratesco, spaziale o medievale date di default, possono essere stravolte e ricreate come meglio piace. Se però credete di ribaltare tutto quanto o di ideare nuove attrazioni mozzafiato in pochi secondi, vi sbagliate di grosso: Planet Coaster è un gioco che richiede una buona dose di pazienza ed occorrono anche svariati minuti prima di riuscire a ricreare delle giostre o un castello che avete visto in qualche filmato ad opera del team di sviluppo.
Mi sono giunte lamentele che il vostro gioco è truccato
Planet Coaster non è solo editor di montagne russe, ma è gestione di un parco giochi sempre più grande, un parco che – se si è capaci e si ha la pazienza di lavorare di cesello – non è solo un sepolcro imbiancato, tanto bello da vedere quanto privo di anima, ma all’opposto è una creatura che vive in ogni singolo visitatore del parco, con le sue esigenze, i suoi desideri, ovviamente il suo portafoglio e anche il contenuto del suo stomaco rigettato fuori da una giostra. In Planet Coaster l’estetica si fonde con la funzionalità e così un parco giochi non deve solo garantire un piacevole colpo d’occhio, ma deve essere in grado di soddisfare ogni singolo fabbisogno di famiglie, adulti e ragazzi. Queste tre sono le classe in cui si suddividono i visitatori, ognuna delle quali ha le sue proprie esigenze e giostre preferite: tutte le informazioni di carattere manageriale sono racchiuse all’interno di un comodo ed intuitivo pannello dove, per quel che riguarda appunto i visitatori, vengono esplicati i loro pensieri: qual è la loro attrattiva preferita, dove non sopportano mettersi in coda o, ancora, se non sanno dove espellere i loro bisogni corporali o mangiare un hamburger. Saper leggere e interpretare le sensazioni è dunque necessario per non perdere pubblico e incassi e così, per assecondare i loro desideri, i bagni, i ristoranti e i negozi devono crescere di pari passo con le giostre. La componente gestionale non si riduce certamente ai soli visitatori, ma nei vari menù trovano spazio anche i conti economici, lo sviluppo e la ricerca delle nuove attrazioni, le eventuali campagne di marketing, i dipendenti del parco giochi e ovviamente i resoconti e gli status di montagne russe, giostre e di tutti gli altri servizi. Come detto in apertura – nonostante l’assenza della lingua italiana – le statistiche, le voci e tutti i contenuti delle interfacce sono di facile lettura e l’ambientazione fra i pannelli avviene immediatamente. Complessivamente parlando, Planet Coaster non brilla purtroppo dal punto di vista gestionale e, dopo i primi momenti passati a capire dove leggere e come interpretare i dati, si finisce con il procedere in modo mnemonico fra le varie azioni: la gente si lamenta della sporcizia o del vomito? Assumete un nuovo spazzino. Sono tutti assetati dopo aver ingurgitato un hamburger XL? Piazzate vicino alla panineria un rivenditore di milkshake. Anche il costo dei biglietti è un’altra variabile non da poco conto euna giusta via di mezzo tra tempi d’attesa e prezzi non esorbitanti è la chiave per ottenere il massimo da tutte le strutture. Non dimenticate poi di avere sempre attiva almeno una voce spesa per lo studio di una nuova attrattiva e di consultare puntualmente il pannello riassuntivo delle entrate e delle uscite derivate dai servizi. Proprio su quest’ultimo punto sorgono però i principali dubbi e fa un po’ specie parlarne in queste sede dato che si tratta della stessa problematica con cui avevamo a che fare oltre dieci anni fa con RollerCoaster Tycoon 3. Il parco giochi cresce, avete appena inaugurato la montagna russa più paurosa di sempre, tutto va bene e le casse continuano a riempirsi. Poi, tutto d’un tratto, il giocattolino si rompe, cominciano a guastarsi le prime attrazioni, seguite poi a catena da tutte le altre giostre, che inizieranno a scricchiolare in modo ciclico e continuativo, facendo così lievitare i costi di manutenzione. Come se non bastasse, senza un vero e proprio motivo, il carosello o la giostra con le tazze che portavano lauti introiti iniziano ad essere snobbati dal pubblico, diventano solo dei buchi di bilancio ed il tentativo di rilanciarle sfruttando qualche intrattenitore o rendendo più appealing la coda servono a ben poco. Il bello di Cities: Skyline e la sua sfida non erano dovute ad improvvise crisi energetiche o a crolli da acquedotti, ma la complessità cresceva mano a mano che l’insediamento si ingrandiva, la viabilità doveva essere modificata e reinventata, subentravano nuove variabili come la criminalità, il tasso d’inquinamento o, ancora, la specializzazione dei distretti, ed è proprio sul mancato cambio di passo tra il piccolo parco giochi e la ricostruzione di un ipotetico Walt Disney World Resort virtuale che scivola Planet Coaster, dove una dimensione del parco sempre più imponente non si accompagna ad una gestione più articolata e stratificata delle sue singole parti. Il risultato è quindi questa difficoltà creata in modo artificioso, che può essere tranquillamente tamponata ma mai del tutto arginata, che viene risolta più che altro per tentativi, ma che soprattutto rischia di offuscare la necessaria pianificazione richiesta da Planet Coaster, un gioco che obbliga il giocatore a studiare la mappa, a capire se valga la pena o meno piazzare una vertiginoso pilone per la caduta libera alto 30 metri vicino alla rilassante ruota panoramica, senza che si tenga a mente la profonda differenza tra i plausibili usufruitori dell’uno e dell’altra. Con questo non vogliamo dire che giunti ad sul più bello tutto caschi come un castello fatto di carte, perché complessivamente, nonostante questa poco fortunata trovata, il livello di difficoltà in Planet Coaster rasenta lo zero.
Cosa unisce le navicelle ed i combattimenti spaziali ad un gestionale di parchi giochi? La risposta è il motore di gioco perché, per chi non lo sapesse, Frontier Development è anche il team di sviluppo alle spalle di Elite Dangerous, titolo mosso dal Cobra Engine, la cui ultima incarnazione è stata utilizzata anche per Planet Coaster. Il gioco soffre solo per qualche problema di aliasing, ma tecnicamente parlando il risultato è davvero ottimo, soprattutto per la cura verso i dettagli riposta dagli sviluppatori. Se ingrandendo al massimo lo zoom si viene colpiti dalla grandezza delle giostra, dalla varietà degli scenari ricreati grazie all’editor, dalla ricca vegetazione, dagli effetti speciali come fuochi d’artificio o giochi d’acqua, dallo spettacolo di luci che appare non appena cala il buio, è quando si scende a livello del terreno che si scopre tutta la bellezza visiva di Planet Coaster. È vero che ogni tanto i visitatori seguono percorsi senza una vera logica o che si formano ammassi di persone dotati di una propria gravità capace di inglobare altri uomini, donne o bambini, ma questi difetti, soprattutto quando il parco ospita centinaia di migliaia di visitatori, ognuno con un suo comportamento, piegati in due se con problemi di stomaco o felici e sorridenti se entusiasti dell’ultimo giro sull’ottovolante, vengono dimenticati in tutta fretta. Infine, il rischio di un eccessivo riciclo dei modelli è effettivamente confermato, ma quando contemporaneamente si trova all’interno del parco una marea di pubblico, questo è un difetto anche perdonabile. Il tocco di classe, come già in RollerCoaster Tycoon 3, è la visuale in prima persona che si attiva quando si sale sulle montagne russe o sulle altre strutture, capace di trasmettere la stessa sensazione di velocità o di giramento di capo data dai loro corrispettivi fisici. Sotto la supervisione di John Laws, anche la direzione artistica convince pienamente e lo stile cartoon accompagnato da tinte leggere si sposa alla perfezione con un gioco dai toni scanzonati. La colonna sonora composta da Jim Guthrie si fonde anche essa perfettamente all’interno di Planet Coaster, ma ancora una volta, solo quando si vive da vicino il parco divertimenti si colgono i particolari che impreziosiscono il lavoro svolto da Frontier Development: ogni giostra ha infatti svariati temi musicali a sua disposizione e il volume può essere regolato a piacimento, ma quello che più colpisce è l’operazione di sound design necessaria per ricreare virtualmente le urla delle persone, l’effetto di accelerazione, decelerazione e della forza di gravità e come questi elementi si riflettono sui passeggeri a bordo delle giostre. Inoltre, per rendere più realistici i rumori delle rotaie o degli schizzi d’acqua che si sollevano alle fine della cascata, i ragazzi di Frontier Development hanno campionato i suoni emessi dalle strutture reali ed il risultato sono effetti audio credibili ed immersivi. Infine, nel caso in cui vi chiediate che lingua parlino i visitatori di Planet Coaster, quella che sentite quando vi avvicinate ad un chiosco di panini o ad una coda è un idioma creato ad hoc, chiamato Planco e che non si riduce ad essere una serie di sillabe sgraziate, ma è all’opposto un insieme di suoni buffi ma armoniosi. 

HARDWARE

Requisiti minimi:– Sistema operativo: Windows 7 (SP1+)/8.1/10 64bit – Processore: Intel i5-2300/AMD FX-4300 – Memoria: 8 GB di RAM – Scheda video: nVidia GTX 560 (2GB)/AMD Radeon 7850 (2GB) – DirectX: Versione 11 – Memoria: 8 GB di spazio disponibile

Requisiti consigliati: – Sistema operativo: Windows 7 (SP1+)/8.1/10 64bit – Processore: Intel i7-4770/AMD FX-8350 – Memoria: 12 GB di RAM – Scheda video: nVidia GTX 980 (4GB)/AMD R9 380 (4GB) – DirectX: Versione 11 – Memoria: 8 GB di spazio disponibile

– L’unico limite alla creazione delle attrazioni è la fantasia

– Supporto al day one per lo Steam Worshop

– Ricchissimo di dettagli

– Le interfacce agevolano molto il lato gestionale…

-… Che però non spicca per profondità

– Difficoltà creata artificiosamente

– Manca il cambio di passo tra il piccolo parco ed uno enorme

– Qualche difficoltà nella creazione delle montagne russe

8.0

Nell’attesa di mettere le mani anche su RollerCoaster Tycoon, possiamo dire che Planet Coaster si è giocato bene le sue carte e si aggiudica il primo round nella corsa al titolo di miglior gestionale di parco divertimenti dell’anno. Il titolo sviluppato da Frontier Development mette nelle mani del giocatore infinite possibilità e l’unico limite alla creazione della prossima montagna russa è la sua fantasia, oppure la pazienza di dedicarsi a ogni singolo ingranaggio della rotaia. Anche il lato manageriale parte con il piede giusto, i fattori da tenere sotto controllo danno l’idea di poter gestire in ogni singolo elemento il parco giochi, ma purtroppo manca un vero e proprio senso di progressione e questa mancanza ha come diretta conseguenza l’assenza di sfide derivanti dalla crescita della superficie. Purtroppo la difficoltà in Planet Coaster è solo dovuta da inspiegabili rotture sempre più frequenti nelle attrazioni. Infine, salvo qualche piccolo neo, il gioco spicca sia per il suo lato tecnico che per quello artistico, senza dimenticare l’eccellente lavoro fatto per il comparto audio.

Voto Recensione di Planet Coaster - Recensione


8

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