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Recensione

Minecraft: Story Mode - Season Two - Episode I

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Avatar di Daniele Spelta

a cura di Daniele Spelta

Redattore

Pubblicato il 17/07/2017 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

6.5

Forse l’intenzione segreta di Telltale è quella di tradurre in avventura grafica qualsiasi opera proveniente dal mondo del cinema, dei fumetti o dei videogiochi, ma nell’attesa di scoprire se verrà mai creato un Cotto&Mangiato – A Telltale Games Series, l’opera più coraggiosa rimane senza ombra di dubbio Minecraft: Story Mode. Al netto di un andamento altalenante, con qualche episodio mal riuscito e un escamotage per allungare il brodo e scucire altre soldi, la prima stagione ha dimostrato come anche i cubetti pixelosi inventati da Markus “Notch” Persson abbiano un’anima e una storia da raccontare, fatta di avventure, malcapitati eroi, pericolose minacce e, ovviamente, blocchi da rompere. Come cantava Caparezza, il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un’artista: Minecraft: Story Mode – Season 2 sarà capace di alzare l’asticella oppure si limiterà a svolgere il solito compitino?
Cari vecchi ritorni
Innanzitutto qualche informazione di servizio: Minecraft: Story Mode – Season 2 offre la possibilità di importare il salvataggio della prima stagione, proseguendo così la propria storia carica di tutte le scelte fatte nel passato. Nel caso in cui siate sprovvisti dei file oppure abbiate saltato la scorsa stagione, con un sistema simile a quanto visto fra l’altro nell’ultimo The Witcher, vengono proposte alcune scelte chiave per creare un proprio background, oppure, nel caso in cui il passato lo vogliate del tutto ignorare, rimane comunque valida l’opzione di creare un’avventura ex novo. Pur non essendo un diretto prosieguo della storia, questo episodio – chiamato Hero in Residence – è carico di rimandi al passato e sono frequenti i richiami ai protagonisti, agli intrecci e ai luoghi visitati nelle precedenti avventure: la scena si apre su Jesse – ancora una volta protagonista dell’avventura – Olivia, Lukas e Axel, intenti a festeggiare il Founding Day a Beacon Town, l’insediamento cubettoso sorto in onore del defunto maialino Reuben. L’avvio non è certo dei più memorabili e la prima metà di questo episodio – della durata complessiva di due ore scarse – avanza senza colpo ferire, i sussulti latitano del tutto e i classici dialoghi a scelta multipla sono privi di quel senso di urgenza che solo nel finale dell’episodio inizia ad emergere: rispetto alle fasi conclusive della stagione precedente, i passi all’indietro sono parecchi, con un ritorno verso toni più leggeri, che inquadrano l’opera come un prodotto indicato per un target più giovane, lasciando spiazzata l’utenza più adulta, alla ricerca (vana) di tematiche più mature. La situazione rimane a galla grazie alla vena tipicamente humour della serie: non ci sono battute da crampi alla pancia, ma non mancano di certo il brio e il ritmo ai dialoghi, a loro volta impreziositi da un voice acting più che buono, capace di caratterizzare in profondità i vari personaggi. L’unico prezzo da pagare è la barriera linguistica: come tipico delle produzioni Telltale, l’italiano è assente e per capire tutte le sfumature dei dialoghi occorre una più che sufficiente conoscenza della lingua inglese. 
Cambio di marcia
Anche l’incontro con Petra, altra vecchia conoscenza per i giocatori della serie, almeno inizialmente, non si presenta come un punto di svolta: l’eroina è infatti intenta a portare avanti una quest all’apparenza futile, alla ricerca di un lama disperso nelle cavità di una miniera, popolata dai ben poco spaventosi zombie. Durante il recupero del quadrupede peloso qualcosa va storto e Jesse esce dalle miniere con un misterioso guanto sulla sua mano, dal quale proviene una poco rassicurante voce che continua a chiamare il suo nome. Da qui in avanti, l’episodio subisce una brusca accelerata, diventando una sorta di feticcio di un qualche film di Indiana Jones, con tanto di templi maledetti, antiche profezie e mostri – Creeper e non solo – alle calcagna da cui fuggire. Il vero cambio di passo avviene però con l’apparizione sulla scena di Jack, un cacciatore di tesori che guiderà Jesse e Petra verso la Structure Block, nascosta dentro una costruzione sita nelle profondità dell’oceano, raggiungibile solo grazie al guanto indossato dal protagonista. Dietro un’apparenza da duro, Jack nasconde però tutte le sue debolezze e insicurezze, figlie di un passato turbolento, e questo lo eleva come un personaggio meglio caratterizzato e più profondo psicologicamente, con un lato umano che cerca di nascondere sotto una voce roca e un occhio mancante. I ritmi più incalzanti culminano in un finale degno di nota, che inquadra l’apertura della seconda stagione come un’avventura a tutto tondo, un ottimo inizio indispensabile per catturare l’attenzione dei giocatori. L’unica vera pecca nella struttura narrativa è quella costante sensazione di impotenza che aleggia su tutte le scelte: i bivi sono davvero pochi e sono limitati alle battute conclusive, ma anche i dialoghi che dovrebbero segnare i rapporti con il cast di supporto non sembrano al fine così determinanti, aumentando il senso di impotenza verso un finale già scritto.
Fermi al palo
La falsa partenza dell’avventura dà l’impressione di trovarsi davanti ad un capitolo puramente introduttivo, ma il crescendo di cadute, corse e fughe precipitose fa ben presto cambiare idea. Purtroppo, sono ben poche le parole positive spendibili sul lato del giocato, ancorato ai classici stilemi del passato della serie e, più in generale, delle produzioni Telltale. Questo è un vero peccato, soprattutto perché le prime fasi danno l’illusione di trovarsi davanti a un qualcosa di più vicino alla tipica creatività che permea la creatura di Mojang: se si esclude la prima e libera costruzione da mettere in piedi, tutto il resto dell’avventura non è però che una pallida trasposizione dell’opera da cui deriva il gioco di Telltale, sterilmente ridotta alla pressione di un solo tasto, da cui magicamente prendono forma le varie strutture. Il discorso è analogo per quelle fasi di crafting che è difficile chiamare tali dove, davanti a un tavolo di lavoro, l’unico compito è quello di posizionare gli ingredienti nelle giuste caselle, con tanto di guida. Chi si aspettava un’evoluzione nel gameplay, non la troverà di certo in questo capitolo iniziale, ancorato agli ormai stantii quick time event, collegati alla pressione di pochi tasti e con tempi molto permissivi, a differenza ad esempio di quanto accade nei Batman targati Telltale Games. Nonostante qualche passo in avanti, la struttura dei pochi combattimenti presenti sottolinea nuovamente come Minecraft: Story Mode sia pensato e realizzato innanzitutto per soddisfare il pubblico più giovane, con un tasso di sfida del tutto assente. Medesimo discorso per i puzzle, anzi l’unico puzzle che appare nel finale, di certo non un ostacolo su cui sbattere la testa per più di un minuto e mezzo. Visivamente, anche la seconda stagione fa uso del motore di gioco di Minecraft, sfruttato a dovere per mettere sullo schermo alcuni scorci davvero ben realizzati, come Champion City, chiamata amichevolmente Llama City. Anche le animazioni paiono ora leggermente più fluide, considerando sempre la natura del titolo.

– Il finale è un continuo crescendo…

– Nuovi personaggi ben caratterizzati

– Ottimo doppiaggio in inglese

– Gettate solide basi per la stagione

– … Ma prima metà sottotono

– Nessuna evoluzione nel gameplay

– Le scelte per ora non paiono così decisive

6.5

La seconda stagione di Minecraft: Story Mode tutto sommato sufficiente, capace di riscattare un inizio poco promettente con una seconda parte ispirata e in cui si respira forte l’aria di una vera avventura. Le basi per i prossimi capitoli sono state piantate e paiono ben solide, al netto di una mancata evoluzione del gameplay, che i fan sperano sempre, ma a cui ormai hanno rinunciato.

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