Recensione

Life Animated, quando Walt Disney provò a curare l'autismo

Avatar

a cura di Gottlieb

Walter Elias Disney è stato un buon animatore, un lungimirante imprenditore, un onesto disegnatore, un fantastico cineasta, un doppiatore amatoriale e un eccentrico produttore cinematografico, ma anche uno dei più grandi visionari e artisti del XX secolo nel campo dell’intrattenimento. Disney, attraverso quanto abbiano potuto trasmettere coloro i quali gli stavano attorno e hanno provato a raccontarne le gesta e l’estro e la fantasia di uno degli uomini che più ha permesso alle generazioni venute dopo di sognare a occhi aperti, aveva fatto tutto per un solo grande scopo: ottenere l’immortalità. Nel suo perseguire questo obiettivo, però, Walt Disney è riuscito a ottenere tantissimi altri successi, e non parlo di tutti gli Oscar vinti in carriera, che gli valgono ancora oggi il record di vittorie dinanzi all’Academy, ma di tutti quei traguardi raggiunti con la sua arte, che ha incantato, stupito, curato. Un commovente e drammatico esempio ce l’ha dato Ron Suskind, un noto giornalista americano, che nel 2014 ha pubblicato Life, Animated: A Story of Sidekicks, Heroes and Autism, libro dal quale nel 2016 è stato realizzato un documentario: Life, Animated. Un film che racconta come Walter Elias Disney, circa cinquanta anni dopo la sua morte, sia riuscito a curare l’autismo.

Owen, la spalla degli eroiOwen Suskind nasce all’inizio degli anni ’90 in una famiglia benestante: il padre è un giornalista abbastanza conosciuto negli Stati Uniti. Owen ha un fratello di nome Walter, di poco più grande, col quale condivide molte delle attività fanciullesche: lo stesso rapporto con il padre è molto affettuoso, tanto che i due trascorrono moltissimo tempo insieme, spesso replicando scene di battaglie viste in Peter Pan, interpretando vicendevolmente James Hook o il folletto ideato da James M. Barrie. Un giorno, però, all’età di tre anni, in maniera inaspettata, Owen regredisce completamente in quelle che sono le sue funzioni celebrali: si chiude al mondo esterno e vede diminuire le sue capacità tanto motorie che intellettuali. La diagnosi è quella di autismo. Mentre i genitori si ritrovano, quindi, completamente scacciati dal mondo che si è ricreato il piccolo Owen, incapaci di rivolgergli la parola e di comunicare con lui, il ragazzo trova ricovero e asilo nei cartoni animati di Walt Disney: attraverso i lavori della Disney, Owen riesce ad aprire un canale di comunicazione con i genitori, che imparano ad assecondare i suoi modi di dire e apprendono le frasi salienti dei Classici, riuscendo così a creare spesso un dialogo. Con un grande sforzo da parte dei genitori e dei terapisti, il più giovane della famiglia Suskind riesce, all’età di 23 anni, a ottenere il diploma, grazie a un lavoro di crescita intellettuale che in vent’anni gli ha permesso, grazie ai cartoni animati della Disney, di comunicare con il mondo esterno. L’intero documentario vede protagonista la famiglia Suskind, che racconta la vicenda che oramai appartiene a vent’anni fa: dalle parole del padre, Ron, traspare tutto lo spavento che un genitore inerme dinanzi agli sviluppi dell’infausta natura deve sopportare. Poi, però, la rivelazione, che parte incredibilmente da Aladdin, dall’effetto che Owen sviluppa nei confronti dei personaggi-spalla e, in particolare, per Iago, il pappagallo che assiste Jafar nella sua rincorsa al potere. Con il rosso pennuto il ragazzino riesce ad aprirsi, a comunicare, a spiegare cosa accade nella sua testa: lo vede come un amico. È una specie di magia che prende vita dinanzi ai nostri occhi, senza che possa esserci alcuna spiegazione scientifica: semplicemente Owen riporta le situazioni dei cartoni animati nella vita reale e riesce a replicare le frasi che ascolta, che impara riutilizzandole nei medesimi contesti reali. In 90 minuti di documentario Ron Suskind, insieme con l’altro suo figlio Walter, racconta il viaggio della famiglia attraverso il mondo Disney, che ha arricchito non solo Owen, ma tutti quanti.

Le domande che non devi portiLife, Animated ha dalla sua tantissimi pregi, nell’andare a raccontare una storia così toccante. Da un lato ha la forza di riuscire a farci entrare nel mondo dell’autismo e comprendere le difficoltà che tale realtà comporta in una famiglia, ma successivamente riesce anche a raccontare la forza con la quale si prova a reagire. Ci sono delle domande, purtroppo, che non possono avere risposte: tra queste il perché del regredire di Owen sia a livello intellettuale che motorio, ma la resistenza fatta dalla famiglia Suskind nei confronti della malattia è esemplare, così come l’essere riusciti a trovare un canale di comunicazione talmente forte da permettere al loro figlio più giovane di trovare uno spiraglio in quel mondo dal quale aveva deciso di separarsi. Allo stesso modo la passione per i personaggi-spalla da parte di Owen è resa perfettamente: grazie alle animazioni di Mac Guff, autore di alcune delle sequenze di Cattivissimo Me e Lorax per la Illumination Entertainment, il protagonista di Life, Animated diventa un personaggio animato, un eroe pronto a supportare Baloo, Timon, Iago, Sebastian e così via, tutte quelle spalle che vivono della gioia di supportare il protagonista. Non sembra esserci una stretta correlazione tra l’autismo di Owen e questa passione, ma il documentario non si concentra prettamente sul dare risposte a domande specifiche, bensì a raccontare il viaggio compiuto dai Suskind. D’altronde le domande, se volessimo, sarebbero tante: all’età di 23 anni, subito dopo il diploma, al ragazzo viene concessa la possibilità di andare a vivere da solo, in un agglomerato cittadino controllato e sorvegliato, ma i rapporti sentimentali, il lavoro, tutto ciò che accadrà dopo resta molto fumoso. Però il punto di Life, Animated non è questo: non è il farci raccontare come vive un ragazzo autistico nella quotidianità della vita e come si manterrà da solo, una volta che i genitori saranno morti. L’obiettivo è di toccare delle corde ben precise dell’animo umano e fargli capire che anche se il giovane Owen non guarirà mai dall’autismo potrà vivere nel mondo reale grazie alla sua genuina visione della vita, condizionata da quella magia chiamata Walt Disney Pictures.

– La magia Disney prende vita

– Ottimo connubio di realtà e animazione

– Una vicenda che tocca corde uniche

– Non ci sono spiegazioni scientifiche a supporto

– Molte domande restano irrisolte

8.0

Life, Animated è stato un esempio davvero eclatante di quello che la produzione di Walt Disney ha creato nel corso degli anni: anche senza il suo fondatore, morto oramai da più di cinquant’anni, il messaggio è rimasto, forte e chiaro. Candidato anche agli Oscar come miglior documentario lo scorso anno, il film che racconta le vicende della famiglia Suskind rappresenta uno spaccato meraviglioso di come l’animazione può aiutare le persone che soffrono di malattie specifiche. Diamo un’opportunità a Life, Animated e interroghiamoci su ciò che accade nella testa di un ragazzo autistico e trova asilo in Walt Disney.

Voto Recensione di Life Animated, quando Walt Disney provò a curare l'autismo - Recensione


8