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Recensione

Escape Goat 2

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Avatar di LoreSka

a cura di LoreSka

Pubblicato il 01/04/2014 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7

Nato come progetto gratuito, Escape Goat era davvero un bel gioco. Cercatelo in Google, la demo in flash è ancora giocabile, ed è uno dei titoli per browser più curati degli ultimi anni. Il gioco arrivò su Steam, dove ottenne un buon successo di critica, nonostante l’idea relativamente semplice. Il gioco, infatti, è un puzzle-platform in 2D dalle meccaniche basilari, in cui risolviamo enigmi di difficoltà crescente per uscire da una stanza. Il tutto, in compagnia di un caprone e di una grafica retrò.
Il seguito di questo gioco, previsto per il 2013, è in realtà arrivato solo qualche giorno fa, lanciato con un divertente slogan. Secondo gli sviluppatori, infatti, Escape Goat 2 è “l’unico gioco del 2014 a non essere ispirato a Dark Souls e senza contenuti procedurali”. Battuta a parte, anche in questo sequel troviamo la stessa qualità del primo capitolo. Ma i contenuti, questa volta, si sono espansi a vista d’occhio.
72 piccole sfide
Anche questa volta il titolo è caratterizzato dalle consuete meccaniche puzzle-platform del primo titolo. Il nostro caprone può saltare, dare testate per rompere i blocchi più fragili ed evocare un topolino che può arrampicarsi sulle pareti e raggiungere luoghi bloccati da un pertugio. Per risolvere i puzzle, spesso è sufficiente premere i pulsanti che si incontrano in ogni livello, sia con la capra che con il topo. In alcuni casi, però, è necessario chiedere al nostro amico roditore di addormentarsi su di un pulsante per tenerlo premuto, in altri casi dobbiamo premere i pulsanti in una giusta sequenza, e talvolta è necessario concatenare pulsanti, salti e testate con un tempismo quasi perfetto.
Il gioco ha l’ottima capacità di saper mescolare gli elementi platform con quelli che fanno grattare la testa, e i cambiamenti di ritmo sono costanti. Da questo punto di vista, Escape Goat 2 compie un passo avanti rispetto al suo predecessore introducendo una certa variazione non tanto nel gameplay, ma nella struttura dei livelli.
Tale variazione è accentuata dalla nuova mappa di gioco, costituita da 72 caselle che rappresentano altrettanti livelli. Lo scopo del gioco è fuggire da questo labirinto recuperando le anime di alcune pecore, che ci aprono la strada verso la libertà. Le mappe in alcuni casi presentano dei bivi, e ci consentono di esplorare diverse location. In questo modo, dal dungeon passiamo alla foresta, alla fabbrica e ad altre ambientazioni tipiche dei giochi di ruolo. Anche i nemici variano di luogo in luogo, e parte della sfida consiste nell’aggirarli o nel trovare un modo intelligente per metterli fuori combattimento. Il nostro caprone può infatti spingere dei blocchi e farli cadere rovinosamente sulla testa dei nemici, mentre in altri casi può sfruttare l’ambiente a suo vantaggio per fare in modo che i nemici – spesso dotati di un attacco incendiario – ci aprano un varco nel livello.
La difficoltà, purtroppo, non è calibrata in maniera perfetta: livelli facilissimi, risolvibili in meno di un minuto, si susseguono a sfide davvero complesse, che richiedono parecchi tentativi e molto intuito. Quando si risolvono queste fasi più complicate ci si sente molto soddisfatti, ma in più di un’occasione ci siamo ritrovati a prenderci una pausa dal gioco in preda alla frustrazione. Il tutorial, al contempo, non aiuta: il primo Escape Goat spiegava tutte le azioni con dei comodi cartelli, mentre questo secondo gioco sembra dare molte cose per scontato. Non vi è davvero nulla che non si possa comprendere in poco più di un quarto d’ora, ma in generale abbiamo trovato la curva di apprendimento di questo secondo capitolo un po’ più ripida rispetto al gioco originale che rende l’esperienza un po’ meno rilassante. Stiamo comunque parlando di un gioco costituito da brevi fasi, che nel complesso vi permetterà di trascorrere qualche momento senza pensieri. Frustrazione a parte.
Capre più dettagliate
Escape Goat 2 ha abbandonato in parte lo stile retrò del primo gioco. La grafica 8 bit, infatti, ha lasciato spazio a qualcosa di più dettagliato. Si tratta sempre di un gioco bidimensionale costituito da elementi grafici basilari, ma in parte si è perso un po’ del fascino del primo gioco. Al contempo, la nuova grafica ha permesso una maggiore caratterizzazione degli ambienti e, in un gioco che deve reiterare la stessa formula per ben 72 volte, questo è certamente un aspetto positivo.
Un po’ deludenti le musiche, che alternano dei temi rilassanti e quasi new-age a qualche esplosione elettronica un po’ fuori luogo. Probabilmente, la colonna sonora è l’unico aspetto su cui gli sviluppatori avrebbero dovuto investire un po’ di più.
Il gioco è completamente giocabile con la tastiera, ma verso le fasi più avanzate le sezioni platform si fanno così complesse da rendere di fatto necessario l’uso di un controller. Il gioco vi invita caldamente a utilizzare un pad prima di iniziare la partita, un consiglio che vi consigliamo di seguire. Nella seconda metà del gioco, altrimenti, la sfida diventa semplicemente troppo alta.

– Buona varietà di livelli

– A tratti impegnativo, dà soddisfazione

– Preciso nei controlli

– Musiche migliorabili

– Difficoltà non sempre calibrata bene

– Nulla di davvero originale

7.0

Escape Goat 2 è un buon platform-puzzle indie capace di intrattenere per un tempo relativamente lungo. Rispetto al primo episodio, caratterizzato da uno stile che rimandava i classici per NES, questo sequel si è spinto verso la modernità, mantenendo però quasi inalterate le meccaniche del primo titolo. Non vi è davvero nulla di originale in questo gioco, ma compie il suo dovere di intrattenerci, di farci ragionare e, in ultima analisi, di divertirci. Quello che ogni puzzle-platform dovrebbe sempre fare.

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