Il Verdetto di SpazioGames
Esisteva un tempo in cui una compagnia chiamata Bullfrog era capace di sfornare di anno in anno titoli di incredibile qualità ed inventiva: dai simulatori di divinità alle guerre tra clan, dagli onirici viaggi sui tappeti volanti ai simulatori di parchi a tema. Tra questi titoli ve ne fu uno in particolare, che per il suo concept innovativo e la pervadente ironia assurse subito allo status di gioco cult: Dungeon Keeper. Dopo oltre dieci anni, e innumerevoli richieste dei fan, Kalypso Media ha creato Dungeons, titolo che pur non chiamandosi Dungeon Keeper 3 ne eredita lo spirito e l’ironia, oltre che alcune meccaniche, riuscendo però a inserire alcuni nuovi elementi all’amalgama e formando una personalità propria e indipendente. Addentriamoci quindi in antri malevoli abitati da folletti e Demoni Biliosi, per capire se le segrete del signore del male sono ancora accoglienti come ce le ricordavamo.
Sim DungeonIniziamo con un piccolo ripasso per le nuove leve: in Dungeon Keeper, partorito da un giovane, ma già esperto Peter Molyneux, anzichè impersonare il solito bianco cavaliere dall’armatura splendente vestivamo i panni di un sordido signore del male, impegnato a infestare, partendo dal sottosuolo, le ridenti vallate abitate da uomini puri e giusti. Come veri e proprio imprenditori del male era nostro preciso compito creare l’ambiente adatto per favorire la venuta dei mostri che avrebbero abitato i nostri cunicoli e ucciso gli Eroi: se volevamo dei maghi dovevamo costruire biblioteche, per i troll le officine, per le Misstress le sale di tortura e così via. Una volta assoldati i mostri, e risolti gli inevitabili problemi di convivenza (ricordate: mosche e ragni nella stessa tana difficilmente andranno d’accordo), potevamo rinforzare il nostro dungeon con sale di addestramento o mandare i piccoli folletti ad esplorare nuove aree, che ci avrebbero dato nuove ricchezze da investire nel miglioramento del labirinto. Tutto questo serviva poi per sconfiggere il piccolo esercito di eroi che sarebbe venuto a reclamare le terre di cui noi ci siamo impossessati, ma che raramente riusciva sopravvivere alla nostra orda di feroci mostri assetati di sangue. In tutto questo, noi eravamo il deus ex machina della situazione, rappresentato da una mano in grado di elargire sonori schiaffoni alle creature (per aumentarne la produttività, o anche solo per puro sadismo), oppure di impossessarsi di loro tramite apposite magie. Un ruolo discreto insomma, ma ovviamente determinante.
Del dungeon e di altri demoniDi Dungeon Keeper, Dungeons alla fine ne prende solo il plot, creando un gameplay nuovo che ha molto meno da spartire con il titolo al quale si ispira di quanto si potrebbe immaginare. Come detto infatti il titolo Bullfrog era un vero e proprio gestionale, mentre Dungeons è più un incrocio tra un RPG e un gestionale, con alcuni elementi bizzarri da tower defence. Tutto infatti ruota intorno agli Eroi, e nello specifico intorno al loro sfruttamento: questi infatti entreranno nel nostro dungeon molto presto e, prima di ucciderli, il nostro compito sarà quello di compiacerli, facendogli trovare oro, statue, oggetti speciali e ammennicoli vari che ne riempiano l’ego e il valore di energia spirituale. Una volta che questo sarà al massimo, allora potremo uccidere o catturare l’eroe, oltre che prosciugarlo per bene nelle segrete del nostro labirinto. Cambia quindi totalmente l’approccio all’azione: dovremo infatti essere in grado di costruire un dungeon che soddisfi gli eroi il più possibile, ma che li tenga al contempo lontani dal Cuore, distrutto il quale anche noi torneremo a far compagnia alle anime prosciugate nel mondo dei morti. Altro profondo cambiamento è la microgestione del nostro alter ego, che passa dall’essere una semplice mano che dispensava ceffoni ad un vero e proprio avatar in grado di compiere magie e sferrare attacchi fisici, e di cui potremo sviluppare alcuni parametri chiave, come forza, costituzione, agilità e intelligenza, oltre che specializzarlo in una delle sue tre specialità: costruzione, efficienza e combattimento, che faranno propendere ovviamente le nostre abilità, e il gameplay di conseguenza, verso una di queste macro aree. Questa grande attenzione rivolta alla gestione del nostro signore del male in cerca di riscatto (è stato infatti detronizzato dalla sua ex-fidanzata, e si sospetta inoltre che sia proprio lei a indirizzare le orde di cavalieri verso i nostri possedimenti) rappresenta la croce e la delizia dei player che si affacciano al titolo Kalypso Media: se infatti poter guidare il nostro (anti)eroe ci regala una certa soddisfazione, il suo peso all’interno dell’economia del titolo è invero troppo determinante, in quanto ci si renderà presto conto che le creature che riusciremo ad attirare nel nostro dungeon altro non saranno che semplici comprimari, utili solo a far perdere qualche minuto all’eroe in cerca di ricchezze. Cade inoltre il legame tra le strutture costruite e i mostri in arrivo, che appariranno infatti in maniera quasi randomica, legati ad altri parametri rispetto a quelli del titolo originale. Come dicevamo, in alcuni momenti la gestione del Signore del Male si fa caotica e confusa: potendo contare molto poco sui nostri sgherri infatti dovremo correre da un lato all’altro dei nostri possedimenti per “intrattenere” gli invasori, abbattendoli, o meglio imprigionandoli, attraverso le nostre abilità in combattimento o le magie imparate nello sviluppo dell’avatar. Il miglior approccio possibile infatti è proprio quello di capire le esigenze dell’eroe entrato nelle nostre segrete (che varieranno dalla semplice voglia di combattere per alcuni, alla ricerca di biblioteche fornite per altri e alla presenza di particolari attrazioni per altri ancora), e compiacerlo fino al riempimento del suo indicatore di soddisfazione, per poi catturarlo e prosciugarlo lentamente in prigione. L’energia spirituale accumulata ci permetterà di costruire nuove attrazioni sempre più arroganti e rare, che aumenteranno il prestigio del Dungeon richiamando eroi sempre più avidi (e ricchi).Superato il lunghissimo tutorial iniziale, graziato però dalla simpatia di un folletto fuori dal comune, le prime ore in compagnia del titolo saranno piacevoli e sopratutto varie. Ci abitueremo alla gestione dei nostri possedimenti, capiremo come gestire gli eroi e soddisfaremo qualche sotto quest adempiendo a specifiche rischieste, procedendo nella lunga campagna single player che consta di una ventina di missioni. I primi problemi però si noteranno superato il giro di boa, quando in sostanza avremo già avuto accesso a tutti gli upgrade, le attrazioni e le magie, e alcune missioni sfoceranno purtroppo in una prematura ripetitività. Da rivedere anche la gestione del dungeon all’interno delle missioni, troppo spesso discontinua, con periodi di frenetica attività causata dalla gestione degli eroi in arrivo, ad altri di noia dovuti invece alla mancanza degli stessi. Puntando inoltre così tanto sulla gestione del nostro avatar, il comparto gestionale risulta eccessivamente castrato, sembrando di fatto un orpello superficiale creato forse per avere un richiamo più forte con il titolo a cui si ispira.
La simpatia non bastaDiciamolo chiaramente, Dungeons non fa certo dell’aspetto prettamente tecnico il suo punto di forza. L’impatto visivo è appena discreto, con richiami più che evidenti ai titoli ai quali si ispira e un generale tono scanzonato ed eccessivo, che si riflette però solamente sui modelli poligonali dei personaggi, tutto sommato buoni e bene animati, e non sulle ambientazioni, alla lunga monotone, piatte, e con pochissimo da dire. Bisogna dare comunque atto agli sviluppatori che nemmeno Dungeon Keeper era un mostro di grafica, e che in generale tutto è funzionale al gameplay. In questa tipologia di giochi infatti l’aspetto grafico non è così determinante come in altre, anche se alcune texture e alcune scelte appaiono improntate quasi al risparmio, senza nemmeno provare a dipingere un quadro un po’ più personale delle avventure del nostro Signore del Male. L’interfaccia inoltre risulta, sopratutto all’inizio, caotica e dispersiva, e in alcune fasi, sopratutto le più concitate, sarà necessario ricorrere allo zoom per poter interagire con gli elementi del livello, altrimenti inaccessibili causa area di interazione decisamente ridotta. Anche le musiche non incidono minimamente, con musiche ed effetti sonori simpatici, ma di cui ci si accorge solo nelle scenette di intermezzo, visto che nel corso della partita fungeranno da semplice tappeto musicale.
HARDWARE
Minimum System RequirementsOperating System: Windows 7/Vista/ XP SP2CPU: 2.0 GHz Dual Core ProcessorRAM: 2 GBGraphics Card: 256 MB DirectX 9.0c Graphics card with Shader Model 3.0Hard Drive: 2 GB free HDDSound: Windows-compatible Soundcard
– Clima azzeccato e personaggi ben caratterizzati
– Concept divertente
– Ripetitivo dopo appena poche ore
– Componente gestionale troppo sacrificata
– Ambientazioni e elementi di contorno poco ispirati
6.3
Bisogna dare atto a Kalypso Media e Realmforge quantomeno di averci provato. La loro operazione infatti non punta a sfruttare biecamente un brand storico come Dungeon Keeper, ma anzi a rinnovarlo con idee proprie in alcuni casi anche brillanti, creando quasi il prototipo di un nuovo genere di videogiochi. Il problema di questo Dungeons però, e di conseguenza dell’intera operazione che lo sostiene, è la mancanza di rifinitura del prodotto, che può come detto contare su buone idee, ma non su una ottimizzazione generale necessaria a titoli di questo genere. L’inutilità delle creature evocate, la gestione non perfetta dei tempi ludici all’interno del livello, una scialba caratterizzazione degli elementi architettonici e un’interfaccia troppo caotica ne fanno un titolo dalle buone potenzialità che regalerà in ogni caso momenti divertenti e soddisfacenti, ma che lascerà a molti l’amaro in bocca per l’ottima occasione sprecata.