Il Verdetto di SpazioGames
Sin dal suo primo annuncio Dead Island è stato un esempio di marketing riuscito: il primo bellissimo trailer ha ammaliato decine di migliaia di giocatori, infiammando i forum e l’onnipresente Facebook. Appurato che l’atmosfera del gioco vero e proprio era ben differente dalle emozioni restituite da quel primo teaser, la domanda si è fatta ancor più pressante: cosa c’era dietro a quei pochi minuti di pianoforte ed immagini riavvolte al rallentatore? Solo una straordinaria campagna promozionale, un fenomeno dell’hype, o un gioco in grado di rivaleggiare con i big in uscita questo autunno?
Io l’ho guardata negli occhi quest’isola. E quello che ho visto…Dead Island è chiaramente un prodotto derivativo, sensazione già maturata durante le prove preliminari e definitivamente confermata in sede di recensione: l’intero impianto di gioco, cooperativo e single player, strizza fortemente l’occhio a Borderlands, la possibilità di creare armi sopra le righe è chiaramente ispirata a Dead Rising e la cooperativa a quattro giocatori si rifà ovviamente a Left 4 Dead. Eppure, nonostante questo evidente lavoro di collage contenutistico, il titolo Techland riesce a spuntare una propria personalità, dovuta alla perseveranza degli sviluppatori nel rimanere fedeli ad un combat system non tradizionale per un titolo in prima persona.L’impianto narrativo di Dead Island, con buona pace delle atmosfere del famoso trailer, è tutto sommato decisamente stringato: nei panni di uno dei quattro personaggi selezionabili ad inizio avventura il giocatore si troverà principalmente a sopravvivere, cercando un modo per fuggire dall’isola e aiutando nel contempo le diverse comunità di superstiti. Per quanto vi siano cut scene e momenti dedicati al dialogo, la bidimensionalità dei personaggi – principali e secondari – ed il bizzarro mix tra l’ostentato realismo e l’assurdità di certe situazioni non fa della componente narrativa una delle meglio riuscite. Se dunque la storia non è l’elemento trascinante delle venticinque e più ore di campagna, il perpetuo massacro di zombie e l’assemblaggio di assurdi strumenti di distruzione fanno abbondante ammenda.
Quattro pagaie e una marea di zombieLa selezione iniziale del personaggio non si limita al fattore estetico, ma giunge accompagnata da bonus e debolezze: la nostra scelta ad esempio, il rapper Sam B, si comportava come il classico tank, efficiente con le armi contundenti e particolarmente coriaceo. Xiai Mei trova la sua specialità nelle lame, Purna è efficace con le armi da fuoco e Logan è un esperto nel lancio dei ferri del mestiere. Tolte queste differenze, complessivamente più sottili di quanto ci si potrebbe aspettare, i personaggi si comportano sostanzialmente nella stessa maniera: il combat system di Dead Island è infatti costituito in buona parte dall’attacco corpo a corpo di base unito al calcio, in grado di allontanare i nemici e stordirli per qualche istante. Considerata l’attitudine del titolo a scagliare contro il giocatore piccoli gruppi di nemici, nell’ordine dei quattro o cinque non-morti alla volta, quello che ne risulta è un frenetico hack’n’slash, che riesce egregiamente ad immergere grazie alla prima persona. E’ stato implementato anche un sistema di danneggiamento localizzato, che permette grazie al puntatore dinamico di mirare alle braccia, alle gambe ed alla testa, rompendo i singoli arti e mettendoli fuori uso (o provocando maggiori quantità di danno puntando al volto). Una buona idea, che purtroppo non trova piena soddisfazione a causa di due fattori inficianti: in primis le hitbox si rivelano ben poco precise, favorendo lo schiacciatasti furioso piuttosto che il danneggiamento metodico, secondariamente la frenesia degli scontri di gruppo non permette di sfruttare appieno la meccanica, laddove la soluzione migliore risulta mantenere la visuale sempre spostata verso l’alto, sperando in efficaci colpi alla testa. Come variazioni a questo clichè si fanno notare la possibilità di lanciare qualunque arma e la mossa speciale a disposizione di ognuno dei personaggi, definita Furia: legata come di consueto al caricamento di un’apposita barra, essa si manifesterà diversamente per ognuno dei protagonisti (Sam B indossa un tirapugni e mena cazzotti, Purna sfodera un’arma da fuoco e via discorrendo), ma solo dal punto di vista visivo. In sostanza si tratterà di qualche secondo di danni aumentati, da gestire bene in quanto non frequentissimi, magari in prossimità di gruppi particolarmente numerosi o boss.Il livello di difficoltà rimane piuttosto basso per le prime tre o quattro ore di gioco per poi elevarsi nettamente, sia per la periodica scarsità di armi, munizioni o denaro, sia per il presentarsi di gruppi di nemici sempre più vari e nutriti: peraltro, la morte in Dead Island vi porterà via solamente qualche secondo e un certo quantitativo di denaro ed esperienza, permettendo il respawn immediato del giocatore in stile “Camere della Vita” di Bioshock.Non senza i suoi problemi, il combattimento di Dead Island risulta comunque divertente nonostante la scarsità di opzioni, e riesce anche a riservare qualche sorpresa: per quanto le armi da fuoco si presentino raramente, il loro utilizzo si rivela divertente, a metà tra l’FPS ed il GDR (in pieno stile Borderlands).Degne di nota anche alcune abilità, passive ed attive, sbloccabili tramite l’accumulo di punti esperienza e divise in tre classici alberi: il primo dedicato alla Furia, il secondo al combattimento corpo a corpo, il terzo alla sopravvivenza, ovvero bonus passivi legati al ritrovamento di beni di sussistenza.Dove comunque gli sviluppatori si sono davvero sbizzarriti è nella creazione di un sistema di modifica delle armi, non esuberante e caciarone come quello di Dead Rising, ma comunque molto efficace.
Passione bricolageLa raccolta del loot è un’attività fondamentale in Dead Island: oltre a fornire un continuo ricambio di oggetti contundenti o da lancio – necessario dato il loro rapido deteriorarsi – essa permette infatti di accumulare denaro e soprattutto pezzi per la modifica delle armi. Del tutto inutili se presi singolarmente, questi ultimi possono essere assemblati presso gli appositi tavoli da lavoro per creare un gran numero di oggetti contundenti (le armi da fuoco non potranno infatti essere in alcun modo customizzate), modificati nei modi più assurdi. Svelare nel dettaglio quanti e quali essi siano sarebbe un gran peccato, così come suggerirne gli effetti sugli zombie: sebbene non si possa parlare di sperimentazione, in quanto la creazione richiederà prima il rinvenimento di apposite “ricette”, la scoperta delle modifiche più avanzate e delle conseguenze dell’utilizzo sui non morti rappresenta una parte fondamentale dell’intrattenimento offerto dal gioco. Oltre alle modifiche, i tavoli permetteranno anche di riparare gli oggetti, pratica utile con quelli più preziosi e meglio personalizzati, e di aumentarne il danno e la resistenza, il tutto dietro esborso in denaro.
Banoi all-inclusiveLa mappa di gioco di Dead Island si divide idealmente in due aree principali: il resort vacanziero ed un vicino villaggio, un tempo abitato da autoctoni. L’estensione complessiva non è eccezionale, ma la varietà non manca, grazie alla possibilità di esplorare anche diverse location in interni e persino nel sottosuolo. Le quest, principali e secondarie, verranno sempre affidate al giocatore dai vari superstiti, divisi in gruppi ed ognuno dotato di una propria “base” improvvisata: si nota purtroppo una certa ripetitività dei compiti da completare, i quali, con poche eccezioni, si limiteranno a recarsi in una determinata location, recuperare uno o più oggetti, e tornare sui propri passi. Il lato positivo è invece rappresentato dall’assoluta libertà in fatto d’approcci alle varie situazioni, le quali presenteranno spesso più di una via per essere completate. A favorire la componente esplorativa ci pensano i veicoli, che spaziano dalle jeep a soluzioni più corazzate, ed il fast travel, che collega i quartier generali dei diversi gruppi di sopravvissuti.
Chi non mazzula in compagnia…La cooperativa per quattro giocatori è senza dubbio uno dei punti di forza della produzione Techland: per quanto non vi sia nella formula di gioco nessun vero elemento che la incoraggi, essa si rivela molto divertente. Il massacro in compagnia, soprattutto una volta acquisite le armi più “fantasiose” è un’attività ricreativa di tutto rispetto. Tuttavia Dead Island non è un titolo da affrontare necessariamente in compagnia: i nemici non diventano più forti né aumentano di numero e le quest si completano esattamente nella stessa maniera. Si tratta più che altro di una componente online rapida e non troppo supportata, in grado di aumentare il divertimento senza però incidere fortemente sulle caratteristiche dell’esperienza.Si notano purtroppo alcune sbavature nella fruibilità: la prima e più fastidiosa è la necessaria presenza di tutti i giocatori all’interno di un’area molto limitata per far partire ogni nuova missione, la quale porta talvolta a lunghe attese in caso di disconnessioni o utenti AFK. La seconda è la possibilità di unirsi solo a partite hostate da giocatori di livello pari o inferiore al vostro, e che si trovino nello stesso capitolo della trama o in uno precedente, meno grave ma comunque limitativa. Per quanto riguarda il sistema di salvataggio, nel caso una volta iniziata una cooperativa si superi l’ultimo checkpoint raggiunto giocando offline, esso andrà a sostituire il precedente salvataggio, mentre in caso contrario una volta disconnessi si tornerà alla propria partita singleplayer, ulteriore conferma della natura “occasionale” del gioco cooperativo.
Comparto tecnicoMade in Techland, così potremmo definire la componente audiovisiva di Dead Island. A fronte di un design accattivante pur nel suo realismo, il Chrome Engine presenta infatti i consueti pregi e difetti: l’ampiezza della mappa, la discreta densità poligonale e le texture quasi sempre nella media vengono compensati con un frame rate decisamente ballerino, soprattutto su console, dalla mancanza di vertical sync (inspiegabilmente anche su PC, a patto di non “forzarlo”) e dal diffuso pop up delle texture. Difetti veniali, che non rovinano l’esperienza, ma risultano comunque parte integrante di un lavoro di rifinitura decisamente superficiale. Stesso dicasi per le cut scene, spesso goffe e mal girate. Buono invece il lavoro svolto sulle animazioni del corpo del protagonista, soprattutto durante le cadute ed il combattimento ravvicinato, ed in generale il sonoro, graziato da musiche di contorno nella media ed un’effettistica coinvolgente.
– Combattimento frenetico e divertente
– Modifica delle armi ben supportata
– Varietà di ambientazioni
– Longevo
– Quest ripetitive
– Poco rifinito, anche tecnicamente
– Non tutte le idee sfruttate al meglio
8.0
Dead Island è un titolo che va compreso, prima di essere acquistato a scatola chiusa. Il marketing, per quanto efficace, ha infatti restituito un’immagine distorta del prodotto e potrebbe trarre in inganno un buon numero di giocatori. Il combattimento corpo a corpo non tradizionale, caotico, viscerale e coinvolgente rappresenta la maggior parte dell’offerta ludica, aiutato ed approfondito dalla creazione delle armi (e relativa raccolta del loot) e dall’esplorazione dell’isola, non enorme ma comunque ben assortita. Il tutto, soprattutto se affrontato in cooperativa, risulta divertente ed in grado di incollare allo schermo per un buon numero di ore.
A mancare sono un buon livello di sfida (se siete in cerca di questo c’è già Left 4 Dead) ed un’ibridazione con il GDR più approfondita (vedi Borderlands). Il lavoro dei ragazzi di Techland si è infatti concentrato su una forma d’intrattenimento più leggera ed immediata, confezionata con il loro tipico stile: tanta sostanza ma poche rifiniture.
Per capire se Dead Island potrebbe essere il vostro prossimo acquisto sarà dunque necessario rimuovere il ricordo dei trailer e accettare il fatto di trovarsi di fronte ad un prodotto differente, in grado di offrire moltissima azione sanguinolenta e trascinante pur nella sua imperfezione, ed una cooperativa mordi-e-fuggi senza troppe pretese, il tutto condito con massicce dosi di esplorazione in cerca di loot.
In parte vittima dell’hype autogenerato, il lavoro di Techland ha comunque degli evidenti pregi, i quali si trovano semplicemente altrove rispetto a quanto suggerito.
L’importante è sapere a cosa si va incontro e non farsi ingannare.