Il Verdetto di SpazioGames
L’universo del rhythm game per la portatile Sony non è molto popolato, con esponenti del genere che si contano sulla metà di una mano. La serie coreana DJ Max ha così tentato di ovviare a questa penuria, prima proponendo un paio di episodi sul solo mercato orientale e in un secondo momento partorendo uno speciale mix di quelli appositamente pensato per il pubblico occidentale: DJ Max Fever. Armatevi di un buon paio di cuffie: si balla.
Eredità musicaleCiò che DJ Max ripropone sono sostanzialmente le tanto fortunate meccaniche dei precursori dei più recenti franchise musicali come Rock Band e Guitar Hero, e cioè quelle portate in auge dai Bemani, serie di prodotti griffati Konami che hanno rivoluzionato il panorama del settore: titoli come Guitar Freaks, Dance Dance Revolution, Pop’n’ Music e – il più emblematico di tutti – BeatMania. Quest’ultimo, principale fonte ispiratrice di DJ Max, nato due decenni fa e tuttora pulsante nelle migliori sale giochi sul globo (impossibile non notarne le voluminose e chiassose postazioni), ha coniato lo stesso nome del sottogenere videoludico d’appartenenza (Bemani rappresenterebbe la contrazione di BeatMania), configurandosi come simulatore di Disc Jokey, in cui è necessario suonare le note visualizzate su schermo con un’apposita pulsantiera provvista di solidi tasti distribuiti su due file parallele. L’hardware di controllo del cabinato è stato naturalmente sostituito con i comandi dislocati sulla macchina Sony, unica reale differenza con l’opera emulata, naturalmente necessaria onde garantire la portabilità dell’esperienza offerta. Scelta la canzone da suonare, ne viene visualizzato il video musicale associato, tripudio di animazioni, immagini ed effetti visivi di sorta. Il giocatore è così chiamato a interagire solo su una parte dello schermo, dove viene riprodotta la propria console virtuale, su cui scorreranno verticalmente – dall’alto verso il basso – le note (rappresentate da sottili e minute barre monocromatiche) da suonare lungo una sezione ben precisa della plancia di comando, associata a un preciso tasto input. Insomma, una meccanica identica a quella di un qualsiasi rhythm game Harmonix, solo privata di periferiche plastiche, terza dimensione e conseguente visuale in profondità. Le note non sono tutte uguali, differenziandosi in quelle prolungate, da riprodurre tenendo premuto il relativo tasto, e quelle capaci di mantenere attiva la base musicale di accompagnamento (mancare queste significa doversi ascoltare temporaneamente la sola parte ritmica suonata). Altrettanto variegata è la registrazione dei comandi immessi: a seconda infatti della precisione con cui sarà premuto un pulsante per la riproduzione della nota ad esso associata verrà data una valutazione in percentuale (notificante l’accuratezza dell’azione) ed in punteggio, trasformando la lotta al record più alto in una ricerca della più assoluta precisione esecutiva. A completare l’interfaccia visiva ci pensano la barra dell’energia, che si svuoterà dopo ogni errore commesso e lentamente ripristinabile attraverso una corretta performance, e l’indicatore Fever che, una volta riempito, va attivato per rilasciare un temporaneo moltiplicatore di punteggio (cumulabile nel caso durante la moltiplicazione di punti si riesca ad riempire nuovamente lo stesso indicatore). Nota dolente all’interno di un gameplay tanto funzionale e ben collaudato è l’inspiegabile mancata distinzione degli input corretti: suonando una nota con un tasto diverso da quello previsto essa viene comunque riprodotta senza penalità alcuna. Lecito perciò domandarsi a cosa possa servire la corretta pressione dei giusti comandi, se poi la CPU si dimostra tutt’altro che precisa nel loro riconoscimento, invitando al button mashing più anarchico (peraltro agevolato dalla possibilità di premere qualsiasi tasto tra una nota e l’altra, ancora una volta senza alcuna penalità). E’ bene precisare come il livello di sfida generale si attesti su livelli piuttosto alti, spesso anche troppo per un’utenza media, lasciando il giocatore in balia di dense ondate di note anche nel corso dei brani meno impegnativi, ma il già presente inserimento di una selezione della difficoltà (influenzante il drenaggio di energia) e la possibilità di incrementare la velocità di scorrimento delle note (aumentando in questo modo lo spazio tra una e l’altra) poteva rivelarsi soluzione sufficiente, comunque meno intrusiva.La fruizione di DJ Max cambia radicalmente a seconda delle proprie abilità e delle impostazioni selezionate in base ad essa. Quattro sono infatti le classi di gioco con cui poter suonare, ognuna caratterizzata da un numero di comandi diverso, a seconda che si decida di utilizzare quattro, cinque, sei oppure otto tasti, liberamente configurabili nell’apposito menù. Fortunatamente per i principianti e gli utenti meno abili ogni modalità presente può essere giocata con ognuna di queste impostazioni offerte.
DJ setParlando proprio di modalità, DJ Max non bada al risparmio, proponendo un soddisfacente numero di cose da fare e gradevoli elementi di intrattenimento. A fianco della sezione Portable, nocciolo del titolo ospitante la modalità arcade standard, quella libera Freestyle, e le difficili sfide di Extreme Challenge, diverse sono le chicche con cui assaporarsi una completa visione e fruizione del prodotto: Network Battle, lo spazio in cui sfidarsi contro altri giocatori, MV Edition, dove gustare i video musicali dei brani presenti, O.S.T., pratico player delle singole canzoni, e Collection, la bacheca virtuale che mostra ogni elemento sbloccato. Quest’ultima feature apre il discorso su uno dei maggiori pregi del prodotto, e cioè la grande quantità di materiale ivi presente. Pescando a piene mani dalla tradizione GDR, il gioco permette infatti di salire di livello accumulando abbastanza punti esperienza (attraverso il completamento dei brani), e così ottenere nuovi pezzi musicali, immagini e video, oltre all’accumulo di avatar e interfacce alternative per la propria plancia di comando, grazie a cui godere di abilità speciali e personalizzare esteticamente la propria strumentazione. Manco a dirlo tale meccanica garantisce ore e ore di longevità, portando a completare più e più volte intere tracce, alla ricerca del punteggio perfetto e di un nuovo sbloccabile da aggiungere alla personale raccolta.La confezione è degna di encomi, presentando una direzione artistica di prim’ordine, in linea con lo spirito del gioco. E più che per il comparto propriamente grafico in sé, forte della sua colorata e orgogliosa bidimensionalità, piuttosto per le scelte stilistiche apportate. Anche più lodevole la selezione musicale effettuata, muscolo cardiaco dell’esperienza: una cinquantina i pezzi inseriti, appartenenti a una buona manciata di generi e sottogeneri, dal funk alla trance, dal pop al rock, dalla techno all’hip hop, dal drum’n’bass all’eurobeat, lasciando trasparire chiaramente una predilezione per le sonorità più elettroniche. Indiscutibile la qualità media delle tracce, che vedono nella propria identità orientale e ben poco mainstream loro maggiore punto di forza, purché naturalmente inclini ad apprezzarla.
– Ottima interfaccia grafica
– Buona selezione musicale
– Infinito materiale da sbloccare
– Caricamenti tediosi
– Livello di sfida non per tutti
– Componente “button mashing” decisamente indigesta
7.5
DJ Max Fever porta l’omonima serie musicale coreana anche in Europa, lasciando gustare una ventata d’aria fresca, data la palese carenza di rhythm’n’game su PSP, e insieme antiquata, in quanto poco originale e pedissequa riproposta portatile della decennale serie Konami BeatMania. La selezione musicale convince, la quantità di contenuti sbloccabili anche, così come gli elementi GDR e l’ottima interfaccia grafica. Ci pensano piuttosto i lunghi frequenti caricamenti, la difficoltà generale poco compassionevole, e soprattutto un’indigesta mal gestione delle meccaniche d’immissione input a rovinare l’insieme, mostrando un interessante titolo, divertente, longevo, ma decisamente migliorabile. Prodotto consigliato caldamente ai musicisti videoludici, molto meno per chi la musica – specie di un certo genere – voglia masticarla altrove.