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Recensione

Alone in the Dark

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Avatar di Batiza

a cura di Batiza

Pubblicato il 09/07/2008 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7

Ancora memori delle gloriose gesta dell’Edward Carnby che fu, ci accingiamo ad affrontare un altro episodio della saga di Alone In the Dark. Il nostro protagonista, ringiovanito e ristilizzato a partire dal quarto episodio (nelle sue prime tre apparizioni, come ricorderete, era un attempato signore dai baffi e capelli arancioni), torna più texturizzato e dettagliato che mai per farci assaporare un po’ di quell’atmosfera, che tanto ci piace ricordare, regalataci in dosi massicce dai primi tre episodi ed in parte anche dal quarto, il discreto “Alone in the Dark: The New Nightmare” che, però, aveva ben poco a che spartire con le precedenti incarnazioni di Mr. Carnby. Insomma, il capostipite dei survival horror riuscirà a riconquistare il posto che gli spetta, spodestando sua maestà Resident Evil? Cerchiamo di scoprirlo insieme.

Central Park o Central Dark?Nella fase iniziale dell’avventura, Edward Carnby si sveglia su un letto, assolutamente intontito dai sedativi, con dei brutti ceffi davanti a lui che confabulano tra di loro: l’unica cosa che riesce a capire, per il momento, è che lo vogliono portare sul tetto dell’edificio per toglierlo definitivamente di mezzo. Grazie alle esplosioni, probabilmente causate dalle “crepe” nei muri (fate caso a questa parola, assumerà un’importanza fondamentale nel gioco) originate dai demoni, riusciremo a salvare la pelle, ma sarà soltanto l’inizio. Scopriremo ben presto di trovarci a New York, nella zona circostante Central Park, luogo peraltro attorno al quale ruoterà tutta la serie di eventi che compongono questo nuovo “incubo”. Il nostro detective dell’occulto, nonostante soffra nelle fasi iniziali di gioco di una strana amnesia, è stato inviato da quelle parti per indagare circa alcune attività sospette che si svolgono proprio nelle fognature sotterranee del parco. La trama del gioco, tra le altre cose, lungi dall’essere campata per aria, prende spunto da diverse leggende metropolitane, relative proprio al famoso parco pubblico newyorkese, per poi svilupparle e trarne un intreccio narrativo degno di un’ ottima pellicola del terrore. Tutta la struttura narrativa è imperniata su una sorta di suddivisione in episodi, per così dire, televisivi: ogni episodio termina con un cliffhanger, quello successivo inizia con un riassunto della “puntata” precedente. I programmatori hanno operato questa (discutibile) scelta permettendo, fra l’altro, di selezionare anche gli episodi successivi al primo (tranne la seconda parte dell’ultimo), ancora prima di averli giocati, ma tant’è.

Molta interazione, moltissima atmosfera: a che prezzo?Studiata nei minimi particolari, l’atmosfera che Alone in the Dark riesce a ricreare è qualcosa di veramente raro. Ogni locazione è sufficientemente oscura ed orrorifica, anche per i giocatori più esigenti. Se giocate al buio, con le cuffie al massimo volume nelle orecchie ma soprattutto da soli… Alone in the Dark dà il meglio di sè.Tutto, nel gioco in questione, è studiato per permettere un’immedesimazione che difficilmente si è vista in altri titoli. Giusto per fare un esempio, nella scena iniziale descritta pocanzi avremo la vista offuscata dai sedativi e spetterà proprio a noi premere ripetutamente il tasto “x” (è consigliato infatti l’uso del joypad, magari quello di Xbox 360 che è perfettamente compatibile) per sbattere le palpebre e schiarirci l’orizzonte. Dettaglio particolarmente apprezzabile, è il sistema di gestione delle ferite che subiremo durante gli scontri: dovremo, per guarire, impugnare una bomboletta di spray cicatrizzante e spruzzarlo sulle ferite (che, neanche a dirlo, si distribuiscono correttamente sul corpo, a seconda di dove siamo stati colpiti) e successivamente bendarle per bloccare le emorragie. Non curando le ferite finiremo per non essere più al massimo delle nostre forze e, conseguentemente, non potremo più correre, saltare e quant’altro: realistico. L’interazione con tutti gli altri oggetti dell’inventario (che si apre, in poche parole, aprendo la giacca e guardandoci dentro) e con l’ambiente circostante si attesta su livelli davvero buoni. In più di un’occasione, infatti, dovremo improvvisarci novelli McGyver per creare oggetti ed armi. Ad esempio, in un corridoio buio potremo servirci di una sedia, facendo sì che s’incendi, per illuminare l’oscurità e procedere oltre. Potremo altresì utilizzare oggetti contundenti come estintori (utilissimi durante il gioco per placare le fiamme), lampade o sedie di legno per sfondare porte o distruggere i finestrini delle auto e (quasi) tutto ciò che ci verrà in mente di rompere salvo, coerentemente, poter forzare serrature con la pistola, unire i cavi delle auto per rubarle, ecc.In conseguenza di ciò, posto che esiste addirittura un tasto per sbattere gli occhi, il sistema di controllo può seriamente mettere in difficoltà: in un survival horror, basato interamente sulla immediatezza dell’azione, questo è un difetto.Se poi, ad un sistema dei controlli impervio, uniamo una gestione delle telecamere a dir poco disdicevole, neanche il binomio “mouse + tastiera” potrà salvare l’utente medio dal prendere a pugni il monitor in non poche occasioni. In proporzione a quanto è complicato muoversi e destreggiarsi, la curva di apprendimento è ben bilanciata ed il problema, semmai, è che il gioco dura relativamente poco: in sostanza, una volta abituatici a far saltare Carnby qua e là, il gioco finisce. Tuttavia, nonostante i controlli siano comunque macchinosi, su Pc la situazione è lievemente migliore che su console.Quanto detto riguardo alle telecamere, però, vale soltanto relativamente alla visuale in terza persona. Sì perchè in questa nuova incarnazione, i ragazzi della Eden Games hanno operato delle rilevanti modifiche rispetto al gameplay degli episodi precedenti. Si potrà scegliere, infatti, di utilizzare la visuale in prima persona che, dove possibile (non sempre lo è, perchè alcune azioni richiedono la visuale in terza), permette di dimenticarsi per qualche minuto l’utilizzo delle telecamere: ma questo non è il vero Alone in the Dark. Un’ultima trovata è rappresentata dalla possibilità di condurre delle automobili per superare alcuni passaggi obbligati: divertente, ma niente di più, con una fisica dei veicoli che avrebbe potuto essere curata maggiormente. In ogni caso, si tratta delle uniche sezioni che per essere giocate non necessitano di alcuna sessione di allenamento, presentandosi immediate da subito, il che non può che essere un vantaggio.

Il comparto tecnicoDotato di un motore grafico ben scalabile ed ottimizzato, Alone in the Dark è capace di virtuosismi grafici davvero sorprendenti, ovviamente con i dettagli al massimo. Innanzitutto il fuoco: molto ben realizzato, gestito in tempo reale, consuma gli oggetti che brucia in modo assai verosimile. E’ addirittura soddisfacente spegnere le fiamme con l’estintore, non c’è che dire. Le stesse fiamme, poi, rappresentano l’elemento cosmico attorno al quale ruota tutta la filosofia di Alone in the Dark: l’unico modo per uccidere definitivamente gli zombie (che, curiosamente, si chiameranno Umaniz) è bruciarli in qualche modo. Quando il fuoco non sarà a nostra disposizione dovremo crearlo, altrimenti i nemici potranno solo essere temporaneamente messi fuori gioco, infatti non moriranno neanche sparando loro in testa. In pratica, ricordate: fuoco e fiamme!Il protagonista ed i personaggi secondari (come Teophile, l’anziano signore che nella prima scena di gioco è un nostro compagno di prigionia) godono di una cura per il dettaglio senza dubbio lodevole, mentre si sarebbe potuto fare qualcosa di più per i nemici (che vanno dai mostriciattoli striscianti e volanti agli umani posseduti da entità demoniache, oltre ai boss sparsi qui e là) che comunque non fanno assolutamente storcere il naso, dal punto di vista della realizzazione. Le ambientazioni, altresì, fanno il loro dovere con locazioni piene zeppe di texture ma, forse, un po’ sottotono in ordine ai piccoli dettagli (arredamento, quantità di oggetti nelle stanze, ecc…).Penalizzato dall’hype che lo ha preceduto, Alone in the Dark risulta essere comunque un prodotto convincente, perlomeno dal punto di vista della realizzazione grafica.Sul fronte audio, invece, non si può muovere alcuna critica al lavoro svolto dai programmatori: musiche eccellenti e d’atmosfera, effetti sonori particolarmente coinvolgenti ed un doppiaggio in italiano svolto da professionisti (ma forse non troppo ispirato) condiscono il tutto.

LongevitàIn totale il percorso consta di nove episodi (selezionabili separatamente fin dall’inizio), ma nonostante ciò le avventure di Edward Carnby dureranno relativamente poco, con una longevità stimabile in quindici ore scarse. In realtà la casa dichiara una durata del gioco ben superiore, dovuta però al macchinoso sistema di controlli del nostro alterego virtuale e non ad un elevato livello di sfida offerto dal gioco in sé. Nel bene e nel male, però, saranno quindici ore di tensione e divertimento. Dopo ciò non è detto che abbiate voglia di rigiocarci, anche per via dell’amaro finale.

HARDWARE

Sistema Operativo: Windows XP/VistaCPU: Intel Pentium D 2.6 Ghz o AMD equivalente (X2 3800+)RAM: 1 Gb sotto Windows XP e 2 Gb (almeno) sotto VistaScheda video: Nvidia GeForce 7800GTX o Ati Radeon X1650XT oppure, su slot AGP, Nvidia 7900GT o Ati 1950XT. N.B.: problemi saltuari di freezing sulle schede Nvidia della serie 8000 (8800GT, GTX, GTS, ecc.)Lettore DVD-ROM

MULTIPLAYER

Assente

– Buona grafica

– Comparto audio di grande effetto

– Atmosfera curatissima

– Spezza i clichè del genere con trovate davvero carine

– Giocabilità ostica

– Utilizzo inadeguato delle telecamere

– Si finisce in poco tempo

– Che fine ha fatto Alone in the dark?

– Il modello fisico di guida

7.0

Le aspettative erano davvero molte e il progetto estremamente ambizioso. Purtroppo, come di regola accade quando l’hype si fa strada nei nostri cuori, non tutte le promesse sono state mantenute fino in fondo. Siamo di fronte ad un titolo, nel complesso buono, ma che non è esente da critiche, soprattuto per via di una immediatezza che non c’è e penalizza così un’esperienza di gioco che, altrimenti, sarebbe stata quasi perfetta. Prendiamo atto che dei vecchi episodi non v’è neanche l’ombra, lasciando a voi giudicare se ciò sia un bene o un male.

D’altro canto, però, non ci sentiamo nemmeno di essere troppo cattivi nei confronti di Alone in the Dark che, anche per via delle coraggiose sperimentazioni, vogliamo premiare con un giudizio finale che lo pone, di ciò gli si darà atto, come il miglior survival horror (ma non come migliore episodio di sempre della serie cui appartiene) presente sulla scena Pc in questo momento. Un “in bocca al lupo” ai ragazzi di Eden Games, che incoraggiamo a continuare su questa strada, ed arrivederci al prossimo episodio certi che, con un po’ più di attenzione, le cose miglioreranno ulteriormente.

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