Recensione

Age of Empires: Definitive Edition, recensione del ritorno dello storico brand RTS

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Tutti abbiamo un videogioco dell’infanzia, quel titolo che ci ha introdotti in un mondo in cui tuttora ci troviamo immersi e che ha definito i nostri gusti, il proprio genere preferito e del quale potremmo citare a memoria i personaggi, le battute, le scene clou e i vari cheat, perché un ragazzino di otto anni, della morale in un videogioco, non è che se ne faccia molto. Questa è più o meno la mia storia e la mia porta verso un universo fatto di pixel ha il nome di Age of Empires, il celebre strategico in tempo reale pubblicato nel 1997 da Microsoft e sviluppato da Ensemble Studios, sul quale penso di aver macinato interi pomeriggi post scolastici, il mio manuale di storia preferito che mi permetteva di conoscere alcune delle più importanti figure storiche e i passi che ne hanno segnato la carriera. Ai quali poi affiancavo un soldato del futuro, quel Photon Man tutto raggi laser e tute spaziali. Giusto per farvi capire che tipo di rapporto avessi con la serie, ricordo ancora un’interrogazione di storia ai tempi delle scuole medie, in cui me la cavai egregiamente sulla Guerra dei Cent’anni citando le introduzioni delle varie missioni della campagna di Giovanna d’Arco in Age of Empires II. Capite quindi la mia felicità quando, durante l’E3 di Los Angeles, vidi apparire su schermo l’annuncio di Age of Empires: Definitive Edition: finalmente uno dei miei videogiochi preferiti di sempre sarebbe tornato in vita in una veste moderna, ma quale è il prezzo di oltre vent’anni di evoluzione in fatto di strategia? Purtroppo, piuttosto alto.
Alle radici della storia
Spiegare cosa sia Age of Empires mi pare un’inutile ridondanza, forse solo chi ha vissuto in un igloo disperso in Siberia non conosce la serie e quello che ha significato nell’universo degli RTS. Per quei quattro o cinque eremiti, si tratta di uno strategico in tempo reale nella più classica accezione del termine: raccolta risorse, costruzione di edifici, sviluppo di tecnologie, reclutamento di unità e assalto alle basi nemiche. Tutti questi elementi ritornano ovviamente anche in Age of Empires: Definitive Edition, solo che oggi siamo nel 2018 e il 1997 appartiene ormai a qualche era videoludica fa. Giudicare un remake non è mai una questione semplice: bisogna contestualizzare l’opera rispetto ai tempi moderni, oppure mantenere intatto il filtro della nostalgia e far finta che nulla sia cambiato da allora? Va benissimo il rifacimento grafico, le piccole migliorie al sistema di gioco e all’interfaccia, ma quanto è attuale Age of Empires: Definitive Edition dopo che il panorama è stato rivoluzionato da oltre due decadi di nuove produzioni? La risposta è: non moltissimo. I ragazzi di Forgotten Empires – team alle spalle anche di alcune espansioni di Age of Empires II pubblicate di recente – hanno infatti optato per una soluzione molto conservativa e questa riedizione è quasi una riproduzione in scala 1:1 di quanto girava sul mio Pentium II. In Age of Empires: Definitive Edition sono infatti assenti tutte le migliorie apportate con Age of Empires II ed Age of Empires III e le meccaniche di gioco ricalcano fedelmente quelle viste nel primo capitolo della saga, più – fortunatamente – i piccoli ritocchi introdotti con l’espansione The Rise of Rome. L’effetto è piuttosto straniante, per non dire proprio anacronistico, perché, esattamente come è accaduto per il rifacimento di StarCraft, la mancanza di alcune automatizzazioni produce un dispendio non necessario di click, in un vortice di microgestione che penalizza la fluidità e lo svolgimento delle partite. L’esempio più lampante è il continuo dover ritornare alle proprie fattorie, perché, una volta terminato il raccolto, non è possibile rendere automatiche le successive semine. La presenza di The Rise of Rome in questa Definitive Edition tappa qualche falla, soprattutto grazie all’inserimento delle code nel reclutamento delle unità, la cui automatizzazione è legata però solo alla stessa tipologia: sì quattro quattro arcieri uno in fila all’altro, ma non due arcieri e due frombolieri. 
Compromesso storico
L’attaccamento alle sue radici fa pendere pericolosamente Age of Empires: Definitive Edition verso la zona di un passato sì bello da ricordare, ma che forse sarebbe stato meglio mantenere chiuso nel cassetto della memoria. Age of Empires: Definitive Edition presenta infatti alcuni dei classici difetti del genere, che vengono acuiti dal mancato sviluppo dei famosi piccoli ritocchi al sistema di gioco. Guidare singolarmente decine di truppe non è mai una questione facile, si possono creare dei gruppi tramite delle hotkey, ma spesso il risultato non è proprio dei più soddisfacenti. Senza girarci troppo attorno, l’IA in Age of Empires: Definitive Edition non è proprio brillantissima, soprattutto nel calcolo del pathfinding: fra colline, scogliere e stretti canyon, non è raro perdersi lungo la mappa alcune unità, truppe che rimangono incastrate dietro qualche albero o cittadini che per costruire una casa devono prima fare tre volte il giro attorno alle fondamenta per trovare uno spazio adatto in cui iniziare a lavorare. Insomma, alle volte la confusione su schermo è davvero tanta e, se nelle fasi più tranquille si tratta solo di un fastidio risolvibile con qualche click aggiuntivo, quando ci si trova con la propria città assalita da tutte le parti, vedere un oplita vagare su e giù e un lavoratore rimanere immobile a farsi ammazzare, non è proprio uno spettacolo incoraggiante. La situazione poteva essere mitigata ad esempio con l’introduzione delle formazioni per gli eserciti, una via per mantenere l’ordine durante gli spostamenti, ma questa feature non c’era nel ‘97 e quindi non c’è nemmeno in Age of Empires: Definitive Edition. Se non altro, il team di sviluppo ha dato una svecchiata all’interfaccia grafica, ora più moderna e leggibile rispetto all’originale. Avviso all’utenza: Age of Empires: Definitive Edition costringe a scendere a parecchi compromessi, le mancate innovazioni potrebbero fare storcere il naso a chi ha apprezzato l’evoluzione del genere ma, se siete legati al vostro passato videoludico e amate ritornare ogni tanto ad esplorare il percorso che vi ha portati ad essere il giocatore che siete oggi, nell’opera di Forgotten Empires ritroverete lo stesso feeling di oltre due decadi fa perché, è inutile negarlo, Age of Empires: Definitive Edition è pur sempre un Age of Empires
Aprite pagina tre del vostro libro di storia
Le mancanze dovute al tempo si sentono, ma questo non vuol dire che Age of Empires: Definitive Edition sia un esperimento da dimenticare, anzi, le sue qualità sono ancora ad oggi perfettamente intatte e non si limitano solo all’esperienza ludica fine a sé stessa. Come ogni capitolo della serie, anche questa riedizione è un perfetto manuale di storia, perché le dieci campagne presenti nel gioco sono un ottimo punto di inizio per appassionarsi sia a nomi più noti che hanno lasciato il segno nell’antichità – come Cesare o l’imperatore Augusto – sia a figure che magari non sempre vengono studiate sui libri di scuola, come Hattusili, re degli Ittiti. Unendo sia Age of Empires che l’espansione The Rise of Rome, questa edizione mette sul piatto una mole di contenuti notevoli e garantisce sane ore di strategia: le campagne sono ben dieci, e vanno dalla nascita dell’impero Babilonese sino alla guerra civile Romana, passando per le poleis greche e per le Guerre Puniche. Ovviamente c’è poi la possibilità di creare delle partite casuali contro l’AI, in cui non mancano svariate impostazioni con cui giocare, dalla conformazione delle mappe al tipo di vittoria, così come il versante online permette di sfidare aspiranti strateghi da tutto il mondo, anche se l’assenza del titolo da Steam potrebbe ridurre il numero dei propri amici virtuali con cui condividere la sfida. Potenzialmente, Age of Empires: Definitive Edition diventa un gioco dalla longevità infinita grazie all’editor, un comodo strumento con cui creare da zero intere campagne. Ma anche leggendari match che vedono contrapposti 100 monaci contro 100 monaci: feel the Ayo Yo Yo Wololo. Un discorso analogo è applicabile alle 16 fazioni messe a disposizione del giocatore che, pur presentando svariate similitudini tra di loro, sono ben numerose e si differenziano per punti di forza e di debolezza, sia in termini di tecnologie che di unità.
Con lo sguardo rivolto all’avvenire
Se il lavoro in termini di rinnovamento delle meccaniche di gioco è stato decisamente limitato, gli interventi sul lato grafico sono apprezzabili ancora prima di avviare il gioco. Basti pensare infatti che l’originale Age of Empires occupava solo 300Mb, mentre la Definitive Edition “pesa” ben 17Gb. Giusto per darvi un’idea più precisa, il gioco originale richiede lo stesso spazio del modello di una semplice Triremi presente in Age of Empires: Definitive Edition. I ritocchi alla veste grafica non si limitano solo ad un upscale delle texture, ma toccano altri aspetti: sono stati introdotti più livelli di zoom, sono stati migliorati gli effetti e gli sprite delle unità non ruotano più solo in otto direzioni differenti, ma seguono 32 differenti percorsi. La parola sprite non è usata in modo casuale perché, nonostante l’aspetto rinnovato, Age of Empires: Definitive Edition sfrutta ancora un motore in 2D, esattamente come il suo glorioso antenato. La mole notevole del gioco, se da un lato mostra i passi avanti fatti a livello grafico, dall’altro causa qualche problematica a livello di download: Age of Empires: Definitive Edition è disponibile infatti solo sul Microsoft Store, un negozio digitale ancora lontano dallo stato dell’arte. Ovviamente si tratta solo della mia esperienza personale, ma per scaricare il pacchetto ho dovuto riavviare due volte il download, mentre la velocità di scarico indicata sulla finestra era evidentemente errata. Per concludere, l’analisi di Age of Empires: Definitive Edition non può ignorare il futuro sviluppo della serie: l’opera di Forgotten Empires va vissuta infatti più che altro come un gustoso antipasto in attesa della portata principale, quell’Age of Empires IV affidato a Relic Entertainment e che dovrebbe coincidere con il ritorno in pompa magna del celebre brand.

– Rimane sempre un Age of Empires

– I tanti contenuti garantiscono numerose ore di gioco

– Buono il lavoro svolto in termini estetici e grafici

– Un manuale di storia da giocare

– Problemi legati all’AI

– Superato in molti aspetti

– Il Microsoft Store presenta ancora qualche deficit

7.0

Age of Empires: Definitive Edition è un tuffo nel passato, fa riaffiorare i ricordi dei molti generali da mouse e tastiera che sono cresciuti – e magari anche nati – con la prima versione del 1997, ma tacere sulle sue mancanze equivarrebbe a mentire consapevolmente. Allo stesso modo è però scorretto parlare di errori perché, escludendo qualche problematica di pathfinding, questa Definitive Edition mantiene intatto il fascino del suo “genitore”, ma gli anni passano e i tempi cambiano e la rigidità dei sistemi di gioco viene fuori in molti frangenti. Se si è disposti a soprassedere sulla mancata innovazione, Age of Empires: Definitive Edition rimane sempre un’ottima scusa per spendere decine e decine di ore fra le ere storiche e al fianco di alcuni dei più celebri re ed imperatori dell’antichità, passati attraverso una sessione di lifting che ha ridato loro un aspetto molto più moderno e al passo con i tempi.

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7