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La photo mode di Ghost of Tsushima è un gioco a parte

Sucker Punch ha realizzato una modalità fotografica "dinamica": ma cosa significa e come funziona? Ve lo spieghiamo noi, foto (e video) alla mano!

Adesso che siamo ad un passo dalla prossima generazione di console, possiamo fermarci un attimo e prendere in considerazione quello che ne è stato della corrente, e cosa ci rimarrà una volta che sarà ufficialmente terminata. Ghost of Tsushima, in qualità di ultima grande esclusiva PlayStation 4, fa un ottimo lavoro nel definire la nuova funzionalità chiave della sua gen: la photo mode.

Scattare foto in un gioco è una possibilità che, prima di PS4, non avevamo per niente su console, e che è stata resa possibile grazie all’introduzione del tasto Share sul DualShock 4 e conseguentemente di modalità apposite realizzate perché i giocatori si prendessero il tempo necessario per eseguire scatti quanto più belli gli riuscissero.

Sucker Punch è stato uno dei primi team di sviluppo a farlo e, con inFamous Second Son, ha di fatto fornito quello che sarebbe stato per tutti gli altri un autentico layout, uno schema da seguire in modo da coprire il maggior numero di splendidi mondi che, grazie alle capacità delle vecchie nuove console, è stato possibile per la prima volta elaborare pieni di vita e panorami luminosi, nonché portare – in tutte le esclusive PS4 così come, seppur in maniera forse meno raffinata e mainstream – questa opportunità ad una platea quanto più vasta.

Per quanto ci riguarda, siamo stati completamente assorbiti dalla chance di scattare foto dei nostri videogiochi preferiti in questa generazione – giusto per citare un caso recente, abbiamo oltre 200 foto su The Last of Us Parte II – e salutarla con un titolo della bellezza estetica cristallina qual è Ghost of Tsushima, con una photo mode che reinventa quello schema introdotto nel 2014, è una sorta di commiato perfetto al quale non potevamo rinunciare.

Perché è unica

Con Ghost of Tsushima, Sucker Punch si è calata nel contesto dall’inizio alla fine. Il gioco è ispirato ad un certo modo di fare cinema e in particolare a quello di Akira Kurosawa, maestro giapponese della settima arte, e questo ha avuto due conseguenze dirette sul gameplay. La prima è una vera e propria Modalità Kurosawa che non solo consente di giocare il titolo integralmente in bianco e nero, ma anche di fruire di un audio rivisto appositamente per dargli quel suono da tubo catodico anni ’50 sporco e alto come non siamo più abituati ad ascoltarne.

La seconda, come abbiamo avuto modo di approfondire con il Prof. Dario Tomasi dell’Università di Torino, è la photo mode, che ha un tratto a dir poco speciale rispetto a quelle viste negli altri giochi: è dinamica. Questo aspetto non è casuale ma è anch’esso basato sull’ispirazione acquisita da Kurosawa e dai film sui Samurai, che nella lettura e nell’elaborazione del movimento – specialmente quello sullo sfondo – hanno degli autentici capisaldi.

«Per Kurosawa il cinema è letteralmente motion picture, immagine in movimento», ci aveva spiegato, ponendo l’accento sui due termini, il docente di Storia del Cinema. «Nella sua opera il movimento è fondamentale: da quello delle comparse nelle scene di massa a quello del semplice gesto di un singolo personaggio. È attraverso il movimento che crea la tensione delle sue immagini».

Si tratta anche in questo caso di una grossa citazione, volta a riprodurre lo sforzo del regista che voleva creare in origine «quel fondamentale contrasto fra l’azione e la stasi che spesso la precede (vedi l’iniziale duello di Kyuzo ne I sette samurai). Anche quella di stasi e movimento (di attesa per il gesto e sua attualizzazione) dimostra la componente fortemente dialettica del cinema del regista». Già questo, considerando che parliamo di una modalità “accessoria”, basterebbe a nobilitare il lavoro svolto dalla software house di PlayStation Studios – ma c’è dell’altro.

Come forse avrete notato, ci siamo definiti grandi fan delle foto scattate nei videogiochi, ma non specificamente delle photo mode preposte a questo obiettivo. Al di là dei giochi lessicali, questa è una differenza di non poco conto: amiamo scattare foto premendo il tasto Share sul DualShock 4, ad oggi la soluzione migliore in circolazione per questo proposito (e siamo contenti che Xbox Series X abbia preso nota, in tal senso), ma l’idea di accedere ad una modalità apposita non ci ha mai esaltato particolarmente.

Prendendo l’esempio di The Last of Us Parte II, un gioco che si merita fino all’ultimo degli scatti che ci abbiamo realizzato, la photo mode prevede che vi si acceda premendo un tasto ma che, fatta la foto, in uscita dalla modalità, e di per sé già dopo un microscatto, ci si ritrovi nei menu e sia richiesta la pressione di un altro tasto – un altro passaggio mentale di quelli che ti annoi al solo pensiero di compierlo – prima di tornare nel gioco.

Questo, complice il fatto che Naughty Dog abbia realizzato un’interfaccia minimale e tutt’altro che invasiva, ci ha portato spesso ad ignorare la modalità fotografica ed a compiere quegli scatti direttamente in-game, così da liberarci del fastidio dello step aggiuntivo e avere comunque un ottimo risultato.

Ghost of Tsushima fa un passo in avanti notevole in tal senso, e uno di quelli che, al contrario, ci ha avvicinato incredibilmente alla photo mode su PS4 Pro. In virtù dei suoi caricamenti velocissimi, che non abbiamo mancato di sottolineare discutendo delle deliziose attività secondarie come i Racconti Mitici, il salto dal gioco alla modalità fotografica e dalla modalità fotografica al gioco è istantaneo: non c’è alcun tempo d’attesa, neppure risibile, e soprattutto non c’è alcun menu intermedio. Basta premere prima la croce direzionale a destra per entrarci e poi il cerchio per uscirne, e si è subito pronti a compiere l’azione desiderata.

Era esattamente quello che ci serviva per avvicinarci alla modalità, abbattendo così l’ultima remora di una mente pigra e frettolosa come la nostra, insieme ad un ventaglio di opzioni dalla profondità e dalla varietà impressionante. Conoscendoci avremmo scattato ugualmente centinaia (sic) di foto anche senza, visto che l’UI a scomparsa anche quando compare è delicatissima, ma vuoi mettere farle come un vero pro?

Come funziona la Photo Mode di Ghost of Tsushima

Se le premesse sono buone, l’applicazione della photo mode di Ghost of Tsushima è ancora meglio. Come vi mostriamo nel breve video in basso, la modalità fotografica imbastita da Sucker Punch ha una serie di tocchi raffinati (e un solo contro, nella nostra prova) che la rendono un’esperienza da provare assolutamente, che siate o meno appassionati di fotografia videoludica.

Partiamo dall’inizio della clip. Lo studio PlayStation ha pensato bene di aggiungere una voce «Carrellata» che tiene conto dei setup prestabiliti di una nostra inquadratura cui potremmo essere particolarmente legati, con la possibilità di aggiungerne di molteplici, in modo da ottenere subito il risultato desiderato non appena aperta la modalità.

Lunghezza focale, Ruota, Profondità di campo, Distanza Focale, Correzione Colore e Preferenze di Esposizione sono gli strumenti (per quanto estremamente precisi) tipici da photo mode, quelli con cui probabilmente non è il caso di smanettare troppo se non si ha una certa familiarità con la modalità; nel nostro caso abbiamo giocato con la profondità di campo – perché avere la pampa sfocata (o uno qualunque degli altri panorami lussureggianti del gioco) sullo sfondo può creare un effetto niente male – e con la correzione del colore, che è basata sulle stagioni e cambia radicalmente le tinte di una foto, da caldo a freddo in un attimo e non solo.

La seconda metà è dove avviene la magia: se la prima parte è interamente dedicata all’aspetto statico della photo mode, qui abbiamo tutte le opzioni che possiamo vedere in azione quando mettiamo – letteralmente – in moto la modalità fotografica di Ghost of Tsushima, con la chance di regolare con una precisione certosina il comportamento del gioco mentre, durante il suo movimento, cercheremo di cogliere lo scatto perfetto.

La prima manopola da attivare è quella delle Animazioni Ambientali: sul «no» ci restituirà una photo mode classica, sul «sì» avremo per le mani lo strumento prefetto per incarnare l’ideale di “motion picture” di Kurosawa; scegliendo le Particelle che ci interesseranno potremo avere la scena riempita degli oggetti che potremmo normalmente incontrare nel gioco in situazioni scriptate, come ad esempio una pioggia, che sia d’acqua o di foglie.

Nel video, abbiamo giocato con foglie rosse o gialle, entrambe molto evocative e capaci di dominare totalmente la scena ribaltandola in un batter d’occhio rispetto al materiale di partenza, lucciole, evocative e ideali per una foto notturna, ma anche inquietanti corvi, sbizzarrite libellule e placide farfalle. Specialmente con gli animali, è il caso di regolare per bene la voce della Densità Particelle, dal momento che tararla sul massimo (come abbiamo fatto noi per finalità dimostrative) comporterà una vera e propria invasione del quadro.

Sfumature piccole ma significative comprendono anche la velocità e la direzione del vento, che, a seconda della potenza che vorremo imprimervi, saranno capaci di piegare la vegetazione al proprio volere (noterete gli steli della pampa sullo sfondo lasciarsi portare dalla corrente fino a quasi spezzarsi) e muovere gli abiti del buon Jin da un lato all’altro dello schermo, soprattutto quando si troverà ad indossare lunghi mantelli.

Dettagli di non poco conto su cui vale la pena soffermarsi, dal momento che rivelano la cura riversata su questo strumento, sono i parametri dedicati a Clima, Nuvole e Ora del Giorno. Mentre è prevedibile che il clima possa mutare sensibilmente la scena, e ce ne sono molteplici di effetti applicabili (come una tempesta di fulmini che, chicca, il gioco di norma applica da solo, non soltanto nella photo mode, se faremo spesso ricorso alle uccisioni stealth da Spettro), ci hanno colpito in particolare il comportamento del titolo una volta che andremo a giocare con le opzioni delle nuvole e dell’orario.

Ghost of Tsushima ha un orologio interno preciso al secondo, e l’unico posto in cui ce ne accorgiamo è di fatto la modalità fotografica: qui possiamo modificare istante dopo istante l’orario del gioco e l’aspetto più impressionante è che persino variazioni dettate dalla singola “scrollata” di un movimento a sinistra o destra della levetta analogica può avere conseguenze palpabili sullo scenario.

Succede specie nella prima metà della giornata, quando c’è una variazione tra colori smorti e caldi intorno alle 5 o 6 del mattino in risposta all’arrivo dell’alba, per poi arrivare ad una fotografia bella fresca intorno a mezzogiorno o l’una, l’ideale se volete rendere l’idea di una cartolina estiva. E lo stesso dicasi sulla posizione delle nuvole, la cui posizione e quantità può avere impatti evidenti sulle ombre. Complice la possibilità di continuare a giocare con le opzioni anche una volta fatto scomparire il menu, è in questo modo alla portata di tutti creare un breve timelapse o scovare qualche altra trovata creativa.

È una di quelle caratteristiche del gioco che, nel corso della Storia, non viene utilizzata o, se lo viene, si ritrova ad avere un ruolo marginale: ci sono missioni principali in cui cambia l’orario del giorno – ma si tratta soltanto di sequenze I/O che passano dalla luce all’oscurità, in cui non c’è, per fare un esempio, ad aspettare un determinato orario del giorno prima di approcciare un campo e fare il proprio assalto silenzioso da Spettro di notte.

Qualcosa di simile a quello che abbiamo visto mettendo mano al materiale dei Racconti di Tsushima e dei Racconti Mitici, così come a quello secondario, vedasi i Santuari Shinto che offrono un gameplay stile Tomb Raider: tante funzionalità (ci viene in mente la lettura di un dipinto per identificare un luogo in cui trovare una ricompensa) sono state tenute fuori dal flusso della campagna per raccontare una storia abbottonatissima, basata sull’onore e sulla sua sofferta interpretazione da parte di Jin Sakai, che ha contribuito alla nomea appena discreta e all’accoglienza controversa dei media internazionali – e quello che vediamo qui è soltanto un altro esempio di questo grande potenziale espresso lontano dai riflettori.

Chiudono il quadro le evocative bande nere nelle parti superiore e inferiore dello schermo, l’ideale per quei confronti all’ultimo sangue con cui forse sarete familiari per gli Spaghetti Western (che dal cinema giapponese li hanno mutuati), e l’applicazione della musica, un must per realizzare delle piccole animazioni sfruttando la modalità fotografica, che evidentemente, in virtù del proprio apprezzamento per il movimento, solo fotografica non è.

Nel nostro caso abbiamo optato per il tema del protagonista, un tambureggiante brano epico che è finito istantaneamente nella playlist di chi vi scrive e che ancora adesso ci fa venire i brividi quando lo associamo al momento in cui compare nel gioco, a livello di pure sensazioni il suo più alto (che, per ovvie ragioni, non vi spoilereremo). Ma a vostra disposizione troverete l’intera colonna sonora che potrete associare, a piacimento, al momento che vorrete andare a catturare, e che copre un ampissimo… spettro emotivo, da raffiche veloci e battagliere a soavi composizioni meditative.

Come anticipavamo poche righe fa, però, abbiamo rilevato anche due aspetti – probabilmente gli unici – controversi. In primis, è possibile apporre il logo di Ghost of Tsushima con tanto di kanji soltanto al centro dello schermo e con un unico stile, forse per una scelta dettata dalla direzione artistica di Sucker Punch e dalle ispirazioni che abbiamo menzionato in alto.

Inoltre, mentre si possono attribuire animazioni facciali delle più disparate a Jin (e, naturalmente, far sparire l’eventuale maschera indossata), non è concessa l’opportunità di rimuovere personaggi dal quadro per liberarlo dall’ingombro o da pose involontariamente comiche e sprigionare tutta la bellezza di un paesaggio così come lo si è immaginato in foto. Una limitazione probabilmente più tecnica, questa, che abbiamo ad ogni modo aggirato aprendo o chiudendo l’inquadratura, oppure – furbata – sovrapponendo la figura del protagonista alla persona che volevamo eliminare. Stavolta, però, in senso figurato.

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La photo mode di Ghost of Tsushima è quanto di più on topic si sia visto in questa generazione di console, e in tal senso la chiude a meraviglia. Difficilmente ci era capitato di assistere ad un lavoro così coerente dall’ispirazione all’esecuzione, partendo da un “semplice” omaggio a Kurosawa fino ad arrivare a dettagli come un’intera modalità fotografica incentrata sulla filosofia di cinema dello storico regista (e della sua corrente). Il risultato è molto meno “filosofico” e teorico di quanto si possa immaginare, però, perché il modo in cui Sucker Punch l’ha portato alla vita lo rende non solo bello da concettualizzare ma anche comodo da mettere in pratica, ed è forse questo, alla luce delle tante meccaniche che mette sul tavolo, il suo più grande successo.