Con la seconda stagione di The Last of Us appena conclusa su Sky e NOW, lo sceneggiatore e co-creatore Craig Mazin ha parlato in un'intervista approfondita del successo della serie, delle difficoltà dell’adattare un videogioco per la TV e del futuro dello show.
Insieme a Neil Druckmann, autore del gioco originale, Mazin ha contribuito a trasformare l’epopea post-apocalittica di Joel ed Ellie (che trovate su Amazon) in uno dei più grandi successi televisivi degli ultimi anni.
Mazin non si aspettava un simile trionfo (nonostante qualche polemica sul finale): «Speravo andasse bene, ma non immaginavo a questi livelli. Ogni settimana gli spettatori aumentavano: una cosa rara e travolgente. Non lo dò mai per scontato».
Alla domanda su altri adattamenti, Mazin scherza: «Forse Grand Theft Auto 4, se voglio soffrire! O magari Candy Crush... » Poi chiarisce: «The Last of Us è il mio canto del cigno videoludico, ma potrei aiutare altri a produrre ottimi adattamenti. Alcune idee ce le ho già.»
Mazin sottolinea la libertà di non essere vincolati al gameplay: «Possiamo rallentare, cambiare prospettiva, approfondire. Ma ci manca quell’empatia istantanea che nasce quando sei tu a giocare.» E aggiunge, con ironia: «Girare di notte è dura. Nei videogiochi basta premere un tasto!»
Craig Mazin dimostra una rara combinazione di umiltà, visione e passione per il medium videoludico. The Last of Us non è solo una trasposizione riuscita (qui la mia recensione della seconda stagione), ma un esempio di come una storia nata per essere giocata possa trovare nuova vita su schermo, senza perdere la sua anima.
È rassicurante sapere che lo show ha già una direzione ben definita, e che a guidarlo ci sono autori che rispettano profondamente i fan e il materiale originale. Se queste sono le basi, possiamo prepararci a un prosieguo e a un finale che — come il gioco — non dimenticheremo facilmente.