E’ arrivato il verdetto finale da parte dei giudici nell’udienza Apple contro Samsung per violazione di brevetti e proprietà intellettuale. Dichiarando entrambe le parti colpevoli, il tutto si è al momento risolto praticamente in un nulla di fatto, soprattutto alla luce delle somme irrisorie che le due società dovranno versarsi vicendevolmente. La coreana Samsung dovrà quindi versare 22,000 dollari nelle casse di Apple, mentre la casa di Cupertino dovrà a sua volta pagare 34,000 dollari alla multinazionale dell’elettronica concorrente.Il tutto va pesantemente a ridimensionare sia i 400 milioni richiesti da Samsung, che le pretese di Apple, che chiedeva 2,75 miliardi di dollari per violazione di proprietà intellettuale, dato che a suo avviso le forme dei prodotti di punta Samsung sono copiate dal design di iPhone. Uno dei giudici ha risposto che per quanto tali smartphone possiedano degli schermi rettangolari dalle forme arrotondate, tale form factor era presente anche in altri prodotti precedenti lo stesso iPhone, e che quindi Apple non può essere risarcita su qualcosa che non ha di fatto inventato. L’unica violazione di Samsung riconosciuta nel verdetto è l’aver copiato l’idea del bounce back, ovvero quell’effetto di rimbalzo che otteniamo quando scorriamo con le dita oltre il margine della pagina. Apple ha invece violato i brevetti per due tecnologie di trasmissione dati senza fili, per cui dovrà pagare 34,000 dollari. E’ stata inoltre messa al bando – solo nel mercato sudcoreano – la vendita di alcuni prodotti di entrambe le compagnie, ovvero Galaxy S2, Galaxy Nexus, Galaxy Tab e Galaxy Tab 10.1 per quanto riguarda Samsung, iPhone 3GS e 4 per la società di Tim Cook. Tutti i prodotti sopra citati non fanno parte delle nuove linee delle compagnie, e vengono attualmente prodotti in quantità minime. La decisione non avrà quindi un grande impatto sul bilancio delle due società, e soprattutto non andrà a interessare la distribuzione negli altri stati.Queste le decisioni dei giudici, resta da vedere se una delle due compagnie non intenda ricorrere in appello ed arrivare alla Corte Suprema.