Miitopia è la versione family friendly di Persona 5 per Nintendo Switch

I Mii di Nintendo ripartano da Miitopia.

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a cura di Valentino Cinefra

Staff Writer

Su Nintendo Switch non è mai uscito Persona 5, a parte Persona 5 Strikers, ma in modo pienamente coerente con una parte della filosofia della console abbiamo Miitopia.

Anzi, vi dirò di più: Miitopia è la versione family friendly di Persona 5; la cosa più vicina che si possa ottenere al JRPG di culto di Atlus in una produzione che vede protagonisti i Mii.

Parliamo dei geniali avatar creati da Nintendo nel 2006 contestualmente a Nintendo Wii che, salvo sparute occasioni, non hanno mai avuto un’applicazione videoludica degna di questo nome. Certo sono stati i protagonisti di Wii Sports, sono dei discreti personaggi di Super Smash Bros. Ultimate e li possiamo usare in Mario Kart 8 Deluxe, ma non hanno mai avuto un videogioco vero e proprio dove fossero protagonisti.

Bisogna aspettare il 2014 con Tomodachi Life (sì, lo so, è il sequel di Tomodachi Collection del 2009, ma quest’ultimo non uscì dal Giappone), geniale non-videogioco di simulazione in cui creare una vera e propria vita virtuale utilizzando i Mii e relazionandosi con un mondo intero. Ma il vero, primo, videogioco in senso stretto, appartenente ad un genere preciso e con degli elementi di gameplay dedicati è stato proprio Miitopia per Nintendo 3DS, uscito curiosamente in tutto il mondo a cavallo tra 3DS e Switch, rispettivamente a dicembre 2016 in Giappone e luglio 2017 in tutto il mondo.

Forse, con una release mondiale virata direttamente sulla console ibrida in seconda battuta, Miitopia avrebbe fatto più presa. Certo, il 2017 è stato l’anno dell’esordio reboante di Switch con una serie di titoli dalla qualità impressionante, ma in questo piccolo gioco di ruolo ci sono delle idee molto interessanti in una realizzazione  che nel complesso, però, presta il fianco a qualche problema.

Miitopia, un adorabile macello

Ho giocato a Miitopia non sapendo esattamente cosa aspettarmi, perché all’epoca non provai la versione 3DS. Proprio per questo motivo, forse, mi è venuto in mente il collegamento con Persona 5.

In Miitopia ci ritroviamo nell’omonimo regno attanagliato dalle malvagie macchinazioni del Duca del Male, il quale vuole ovviamente portare l’oscurità nel coloratissimo mondo. Qual è il suo piano? Rubare i volti dei cittadini e applicarli alle sue tremende creature – le quali includono farfalle geometriche, talpe timide, banshee emo e tante altre stranezze. Nei panni del nostro Mii, che poi saremmo noi stessi, il nostro compito è viaggiare per il mondo, salvare i volti, reclutando nel frattempo altri compagni di avventura (sempre dei Mii) in una routine tanto semplice quanto divertente. E noiosa.

Perché Miitopia è uno di quei videogiochi con cui sei capace di passare una decina d’ore senza neanche accorgertene, per poi renderti conto di aver fatto cose che normalmente ti avrebbero annoiato dopo venti minuti. Il segreto è la simpatia, l’innato potenziale comico relativo al fatto che stai giocando con dei personaggi che possono essere famosi, icone dei videogiochi, o i Mii di vostro padre o della vostra ragazza. Peccato che l’integrazione con i Mii degli altri giocatori sia ancora una volta macchinosa, e necessiti l'attivazione di almeno un paio di impostazioni. Certo ci sono quelli pre-generati e un editor ancora più complesso di quello classico, ma servirebbe fare un passo avanti.

In generale, comunque, tutta l’avventura è intrisa di umorismo surreale, slapstick, con scenette nonsense e situazioni improbabili. Lo si nota anche dalle classi che viaggiano dai normali Ladro e Guerriero fino a Cuoco, Gatto o Diavoletto. Nel corso del gioco si dovranno creare dei rapporti tra i personaggi che, proprio come il titolo Atlus, sbloccano abilità speciali di interazione tra di loro livello dopo livello. Bonus all’attacco, possibilità di schivare o parare i danni rivolti agli amici, ma anche utilizzo dei propri oggetti per gli altri e interazioni sempre più complesse, che si sviluppano combattendo insieme o dormendo nella stessa stanza in locanda (toglietevi quei pensieri dalla testa, è pur sempre un gioco Nintendo!).

Il tutto sempre con ingenuità e semplicità: pensate che i personaggi diventano sempre più amici ma possono anche offendersi qualora siano gelosi del vostro rapporto con degli altri. Una genialata che costringe a dover ricucire i rapporti in qualche modo, magari uscendo a prendere un caffè o per vedere un film al cinema, passando per il dover legare anche con un cavallo che seguirà il gruppo durante l’avventura e con il quale dovrete dormire nella stalla, tra le altre cose.

Miitopia ha queste interessanti alzate di ingegno: come il fatto che ad ogni personaggio sia assegnato anche un archetipo di carattere, che a sua volta sblocca una serie di mosse. L’eroe prudente passerà alcuni turni a non attaccare per caricare un colpo più potente poi, quello gentile si metterà spesso in mezzo per salvare i colpi, quello caparbio ritorna in piedi dopo il primo KO, e così via.

Un peccato che, alla fine, il flusso di gioco sia poco appagante. Di fatto Miitopia diventa molto presto quasi un idle game, con combattimenti a turni che raramente sono anche lontanamente impegnativi, dove ci si muove in una mappa per combattere mostri, talvolta cercare oggetti e riportarli ai proprietari, e poco altro. Anche il livello di sfida è praticamente inesistente, tolti pochissimi momenti in cui non bisogna giocare esattamente a cervello spento, ma poco di più. Nonostante una durata che può raggiungere anche le 30 ore, il senso di stanchezza e ripetitività si fa sentire abbastanza in fretta.

Phantom Thieves of Mii

Quella che è, come avrete notato, effettivamente una versione semplificata ed edulcorata (ma non per questo totalmente scema) del classico JRPG degli ultimi anni, poteva essere invece una via di ingresso nel mondo dei giochi di ruolo a turni. Per i meno smaliziati, per i giovani e giovanissimi, o per chi trova nel fatto di giocare usando le facce dei propri amici un’idea geniale che, spoiler: lo è. Perché i Mii hanno ancora tanto potenziale inespresso dicevamo e, se Miitopia è probabilmente un esperimento riuscito a metà, credo che ci sia margine per fare di meglio.

Sempre incentrando il concept su “sto giocando per sconfiggere qualcuno con la faccia del mio migliore amico”, gli avatar di Nintendo meritano un videogioco degno in termini di gameplay. Magari mischiando i Mii con le proprietà intellettuali della casa di Kyoto, in una sorta di Ready Player One nintendaro.

Immaginate il prossimo Super Smash Bros. con una modalità storia in cui il protagonista è il Mii creato dall’utente, all’interno di un racconto in cui gli eroi lo accompagnano.

Miitopia è ben lontano dall’essere un videogioco imperdibile. La versione Switch è stata enormemente ripulita e rimessa a lucido, ma dalla semplicità di ciò che c’è a schermo traspare chiaramente la sua natura. Ma non sarei onesto se non dicessi che mi ha divertito. Ci sono dei bei momenti simpatici, una bella colonna sonora con tantissime tracce, mostri strani, quel banale e per questo poco impegnativo senso di progressione dei personaggi, ma soprattutto la dinamica dell’amicizia tra di loro che schizza vertiginosamente in continuazione tra il disagio più totale, l’ilarità, l’imbarazzo e la bellezza in generale.

È Persona 5 se fosse stato scritto da bambini, o nato da quel tipo di idee che vengono dopo una serata con gli amici quando inizi ad immaginare cose senza senso, magari dopo qualche bicchiere di troppo. Gli si vuole bene a Miitopia, nonostante il cringe che assale in certi momenti, e so bene che mi porterà via una partitella ogni tanto da qui ai prossimi mesi.

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