Essere Harvest Moon ai tempi di Stardew Valley: chi semina raccoglie?

Com'è cambiata la serie Harvest Moon dopo il successo dei suoi concorrenti e verso dove deve andare per la sua rivalsa?

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Con la recente pubblicazione di Harvest Moon: One World, nuovo capitolo firmato Natsume dello storico franchise di simulatori di fattoria, appare chiaro come il team di sviluppo stia cercando una nuova direzione, probabilmente per fuoriuscire dal cono d'ombra gettato negli ultimi anni da prodotti simili, Stardew Valley in primis.

Non sempre, però, alle buone idee viene poi data una realizzazione consona, e spesso il potenziale viene disperso a causa di una serie di scelte scellerate: in questo caso, non tutte sono imputabili al team di sviluppo, onestamente. La vera domanda, allora, è: quale direzione può prendere questa serie e quali sono le aspettative per il suo futuro? Ragioniamoci insieme.

Farming per i noob

La scissione tra il marchio ed il team di sviluppo che c'era dietro alla serie, emigrato altrove e responsabile di tutti i giochi della serie Story of Seasons è cosa nota agli appassionati: Natsume continua a detenere i diritti del franchise Harvest Moon e ha provveduto a sostituire gli sviluppatori, nella speranza che il richiamo del brand e la lunga storia dietro di esso bastassero a coprire evidenti magagne tecniche.

Molte di queste ultime, figlie di un budget davvero risicato e lontano da quello del periodo d'oro della serie, a cavallo dell'inizio del millennio, si sono ripetute di gioco in gioco, allontanando moltissimi appassionati di lunga data e dilapidando una fanbase vasta, accumulata in oltre un quarto di secolo di presenza sul mercato.

Sin dagli albori su Super Nintendo, infatti, il prodotto Natsume seppe distinguersi per uno stile di gioco rilassato ed amichevole, capace di coinvolgere non solo i giocatori più incalliti ma anche quelli occasionali, dai fratelli/sorelle minori ai fidanzati/e, ampliando a dismisura il pubblico di riferimento, per la gioia di mamma Nintendo, da sempre ospite della serie su tutte le sue piattaforme.

Molti dei tratti caratteristici di prodotti che hanno incontrato il favore delle masse (da Farmville a Stardew Valley, passando per tutti i prodotti intermedi tra questi due estremi) sono stati ripresi proprio da queste serie, dalla cura per i raccolti alla gestione degli animali, passando per la possibilità di conoscere differenti aspiranti fidanzati.

Il look cartoonesco, passato con nonchalance dalle due alle tre dimensioni nel corso degli anni, a seconda della piattaforma ospite, un livello di difficoltà abbastanza accondiscendente e delle meccaniche sempre piuttosto intuitive, unite a tutorial snelli ma efficaci, hanno sancito il successo della serie di episodio in episodio.

Pur lontana dai numeri di vendita dei blockbuster più blasonati, insomma, la serie di Harvest Moon si è sempre ritagliata la sua rispettabile nicchia di mercato, proliferando nel corso dei decenni, fino ad arrivare alla non indifferente quota di circa trenta giochi, tra titoli canonici e spin-off, pubblicati su una quindicina di sistemi diversi, perlopiù Nintendo (ma non solo).

Per anni, il titolo Natsume ha rappresentato l'unico porto sicuro per quanti amassero una certa tipologia di prodotti, ed è forse anche per questo (oltre alla già citata scissione con Xseed) che, al sopraggiungere inatteso di una concorrenza estremamente agguerrita, il franchise è andato in difficoltà, incapace di rinnovarsi e di migliorare formule ludiche ormai vecchie di diversi anni.

Spunti interessanti ed errori grossolani

Abbiamo aperto questo pezzo parlando di buone idee, e quella alla base di Harvest Moon One World è sicuramente una di queste: basare il gioco non su una fattoria stanziale, ma sul viaggio, un grande classico dei giochi sviluppati in Giappone.

Grazie a mirabolanti tecnologie, la fattoria di One World è portatile e può essere "installata" praticamente dovunque all'interno delle cinque differenti regioni di gioco, tutte sufficientemente diversificate tra loro, tra vette innevate, pianure bucoliche e aree vulcaniche.

Sulla carta, questa mossa consente di alleviare il senso di ripetitività e di familiarità presenti in quasi tutti gli altri congeneri contemporanei (a partire dal già citato Stardew Valley), aggiungendo, nel contempo, qualche elemento da gioco di ruolo classico, in cui certi vegetali crescono solo (o meglio) in certe aree, ad esempio, e il viaggio rappresenta una crescita interiore anche per il/la protagonista.

Peccato che, complici un budget minimale ed una certa pigrizia del team di sviluppo, questa buona idea si traduce in un peregrinaggio inutile e dispendioso in termini di tempo tra schermate molto simili tra loro, fatte di strade di collegamento desolatamente vuote, villaggi deserti (e con tre o quattro edifici in tutto) e pochissimi NPC degni di nota. A causa di questo, in più frangenti delle numerose ore spese in compagnia del gioco, abbiamo avuto la sgradevole sensazione che si ha quando si vede troppo poco burro spalmato su troppo pane.

Discorso simile per tutta la parte dating sim: se avere numerosi possibili intrecci amorosi può rendere il gioco più emozionante, nonché aggiungere un sempre apprezzato fattore rigiocabilità, il fatto che i pretendenti si distinguano solo per l'aspetto fisico e che non godano di più di sei o sette linee di dialogo differenti di certo non aiuta né il realismo né l'immedesimazione, e questo trascurando il fatto che le unioni dello stesso sesso rimangano un inspiegabile tabù.

Un altro aspetto in cui Harvest Moon: One World manca è quello dei tutorial: per quanto siamo d'accordo sul fatto che esagerare con le spiegazioni possa risultare tedioso e rallentare un ritmo già compassato, va detto che per larghi tratti del gioco si è costretti a girovagare senza una precisa meta, alla vana ricerca di un seme o di una data persona con cui parlare per portare avanti la questline principale. Tornare al passato, modernizzando i menu di spiegazione e consentendo ai veterani di saltarli a piè pari potrebbe essere una scelta sensata nell'ottica di portare nuovi appassionati alla fonte del franchise.

Altre idee degne di nota ma sviluppate in maniera quantomeno frettolosa sono rappresentate dalla cucina, dalla pesca e dalla raccolta di materie prime: oltre ad aumentare drasticamente la quantità e la tipologia di cose da inserire nella routine giornaliera, queste attività, qualora ben realizzate, aiuterebbero la produzione anche sul piano ludico. In quest'ultimo capitolo, invece, esse si riducono a mere comparse, legate a mini-giochi estremamente semplicistici o a fasi meccaniche e poco stimolanti, degne dei peggiori titoli mangia-tempo presenti sugli store digitali di Google ed Apple.

Cosa fare per un rilancio?

Tra gli elementi tra cui passare obbligatoriamente per il rilancio della serie in Occidente, la presenza della lingua italiana rappresenta uno dei più preponderanti: chi ci conosce, sa che non siamo dei fautori dell'italiano ad ogni costo (anzi!), ma per una serie che ha come audience fasce di pubblico così vaste, molte delle quali del tutto a digiuno di altri generi videoludici (o molto giovani), la presenza della lingua madre diventa fondamentale. Con essa, si riuscirebbe a non tagliare fuori nessuno, dai bambini più giovani ai casual gamer più estremi, che magari provengono dalla loro rilassante esperienza con una farming sim free-to-play sul loro smartphone, di cui si sono innamorati durante la pausa pranzo o il viaggio in treno.

Anche titoli come il più volte citato Stardew Valley (disponibile in italiano da un anno e mezzo circa), che di certo non abbisognavano di allargare ulteriormente il proprio bacino di utenza, sono giunti a questa conclusione, guadagnandoci in accessibilità e popolarità.

Per lo stesso motivo, migliorare l'editor che consente di creare il proprio personaggio ad inizio gioco sarebbe di grande aiuto tanto per il fattore personalizzazione quanto per quello immedesimazione, visto che prodotti di questo genere vivono sulla capacità di diventare dei simulatori di vita alternativi, in cui il proprio alter ego virtuale si rimbocca le maniche e tira su dal nulla una fiorente fattoria.

E perché non guardare all'ibridazione come un tratto vincente?

Moltissimi prodotti nel corso degli ultimi anni hanno offerto dinamiche prese in prestito da altri generi, sacrificando la profondità sull'altare della varietà e dell'accessibilità: ci vengono in mente Moonlighter, che alterna dungeon Zelda-style alla componente gestionale legata al negozio, e Slime Rancher, che aggiunge l'elemento collezionabile che ha reso immortale la serie Pokemon – o ancora Forager, con la generazione procedurale delle mappe ed un combat system basico ma divertente.

Certo, innovare potrebbe significare scontentare parte della community, ma i deludenti risultati di vendita degli ultimi episodi della serie lasciano intendere che la fanbase originaria si è completamente disgregata, migrando verso altri lidi o passando ad altri generi videoludici. E allora perché non sperimentare, visto che c'è poco da perdere?

Il tradizionale immobilismo nipponico, unito a valori produttivi assai deludenti e a scelte di design di difficile comprensione (la stamina, su tutte, in Harvest Moon One World è una spina nel fianco) stanno lentamente uccidendo una delle serie più amate e longeve della recente storia videoludica, dalla cui costola sono nati prodotti capaci di vendere milioni di copie in ogni parte del mondo.

Speriamo, allora, che questi nostri consigli e alcuni spunti interessanti visti nell'ultima fatica Natsume facciano da base da cui ripartire per il prossimo futuro.

In conclusione

Da giocatori di vecchissima data del franchise (in particolare degli episodi per Super Nintendo e Game Boy prima, e per DS poi), siamo dispiaciuti della deriva presa da Harvest Moon, che negli anni si è svuotato di contenuti e di cura per i dettagli, avvicinandosi pericolosamente alle produzioni free-to-play per mobile.

Nonostante le sue tante storture, Harvest Moon One World porta in dote anche qualche buona idea, su tutte quella di proporre meno stanzialità e ripetitività in un genere che ne ha sempre fatto dei marchi distintivi. Speriamo allora che a Natsume non manchi il coraggio di proporre altri cambiamenti sostanziali per la serie, con l'obiettivo di vederla tornare nel posto che le compete, ovvero ai vertici della categoria delle simulatori di fattoria per console.

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